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Edizione del 25/06/2020
Estratto da pag. 1
Autisti soccorritori, ‘eroi’ dimenticati dell’emergenza. Montanari (CO.E.S.): «Fuori dai tavoli e dal Fondo di Solidarietà, solo Mattarella si è ricordato di noi»
Il Presidente del CO.E.S. Italia Moreno Montanari sottolinea: «Abbiamo avutocinque morti e un numero imprecisato di contagiati. Ma dalle istituzionisilenzio totale». Continua la battaglia per il riconoscimento del profiloprofessionale: «A dicembre accordo a un passo con la Conferenza delle Regioni,poi silenzio. Urgente riforma servizio 118»di Giovanni CedroneCome medici e infermieri, sono stati in prima linea durante le settimane piùcalde dell’emergenza Covid-19. Hanno contato cinque vittime causate dalterribile virus e un numero imprecisato di contagiati. Eppure, la politica, conla lodevole eccezione del Presidente della Repubblica, sembra essersidimenticata di loro. Parliamo degli autisti soccorritori: sui mezzi di soccorsoche sfrecciavano per le nostre strade deserte durante il lockdown loro c’eranosempre, protetti dalla testa ai piedi, con le paure e le difficoltà con cuitanti operatori sanitari hanno dovuto fare i conti in quei momenti difficili.Quando uscivano la mattina non sapevano se la sera avrebbero rivisto i lorocari: un tampone positivo e cominciava la lunga odissea.«Tutta la categoria è molto amareggiata per il fatto che non è stata coinvoltadalle istituzioni nazionali. Anche perché in qualsiasi mezzo di soccorso, inqualsiasi ambulanza c’è sempre un autista soccorritore. Senza nulla togliere amedici, infermieri e volontari, è una categoria che deve essere riconosciuta»spiega a Sanità Informazione Moreno Montanari, Presidente del CO.E.S. Italia(Conducenti Emergenza Sanitari), l’associazione di categoria.La premiazione di Giovanni Moresi, autista soccorritore del Pronto Soccorso 118di Piacenza, a cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella haconferito l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica, ha solo inparte ripagato l’amarezza di questi giorni. Perché nei tavoli istituzionali enei progetti di ristrutturazione della sanità la voce degli autistisoccorritori non c’è. Eppure, da anni va avanti la loro battaglia storica peril riconoscimento del profilo professionale: a dicembre la trattativa con laConferenza delle Regioni sembrava a buon punto, ma dopo è arrivato il Covid-19e tutto è stato è fermato.LEGGI ANCHE: CORONAVIRUS, L’AUTISTA SOCCORRITORE: «ANCHE TRE ATTIVAZIONI DICASI SOSPETTI A TURNO, SIAMO SOTTO STRESS» Intanto, però, alle famiglie dei cinque autisti soccorritori deceduti causaCovid non spetteranno i soldi previsti dal Cura Italia con il Fondo diSolidarietà. «Abbiamo avuto cinque deceduti. Il numero dei contagiati non ènoto, perché in alcune regioni le associazioni di volontariato sono restie afornire i dati: nella sola Emilia-Romagna ne abbiamo avuti 45. Moltiplicandoquesta cifra per tutte le regioni viene un numero importante» continua ilPresidente del CO.E.S. che non nasconde l’amarezza per l’esclusione dal Fondodi solidarietà. «Come CO.E.S. Italia, se avessimo avuto i fondi, ci saremmosostituiti al Governo per offrire un piccolo contributo alle famiglie. Noipossiamo fare solo un telegramma di condoglianze come purtroppo abbiamo fatto.Siamo un po’ disarmati, non abbiamo grandi possibilità economiche».La battaglia per la creazione del profilo professionale e una riforma delServizio 118 che parta da loro però va avanti. A dicembre sembrava fatta: c’eral’accordo con la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni cheprevedeva una formazione di 500 ore per il profilo di autista soccorritore. Dadicembre in poi silenzio totale.«I sindacati a maggio hanno scritto una lettera per sensibilizzare ilpresidente della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni. Ciaspettiamo che i nuovi vertici riprendano i lavori – spiega Montanari -. Quelloche da più parti si è confermato è una reticenza da parte delle regioni adarrivare a un accordo. Il profilo, per come l’abbiamo costruito, non va adanneggiare nessun organigramma, nessun 118. Non va a stravolgere un sistema».LEGGI ANCHE: AUTISTI SOCCORRITORI, MONTANARI (CO.E.S.): «FACCIAMO LAVORARE ISANITARI IN SICUREZZA, ECCO PERCHÉ SERVE FIGURA PROFESSIONALE» Secondo Montanari a frenare le regioni è l’aspetto economico: l’uniformi
tàdella figura professionale in tutta Italia (e non con le differenze tra regioniche ci sono adesso) porterebbe ad equiparare tutto il personale al livello C,compreso chi è stato assunto a livello BS. Questo provocherebbe un aumento deicosti, ed ecco spiegati i tentennamenti delle regioni. Oltre alla atavicaritrosia delle associazioni di volontariato che in alcune regioni gestiscono ilservizio.«Non c’è stato modo e maniera di riuscire a farli ragionare e convincerli cheil nostro obiettivo non è quello di ostacolare il volontario ma di lavorareinsieme al volontario – continua Montanari -. Anche perché nelle ANPAS, nelleMisericordie, nella Croce Rossa si nasce soccorritore: si fa il corso,l’addestramento, l’affiancamento e poi con il passare del tempo si diventaautista soccorritore. A volte può passare un anno o due prima di poter guidarel’ambulanza. Andando a mettere nero su bianco le ore di affiancamento e le oredi guida che fa il volontario che diventa autista alla fine sono molto più di500 ore. Noi non faremmo altro che creare un iter formativo scolastico di 500ore per chi vuole l’attestato di autista soccorritore e partecipare ai concorsio diventare volontario».In questo modo, con l’attestato, ogni ‘diplomato’ può diventare autistasoccorritore in qualsiasi regione e non solo nella regione dove ha conseguitoil titolo. Mentre adesso, in genere, il requisito richiesto è quello di cinqueanni di esperienza pregressa.«Se vogliono riformare il 118-112 e migliorare il sistema bisogna partire dauna migliore professionalizzazione sia dei volontari che dei dipendenti: devonopartire dalla base, dall’autista, da chi sicuramente nell’ambulanza c’è. Se sisvuole migliorare il 118 dobbiamo mettere gli infermieri e i professionistisulle ambulanze. Io posso risparmiare due-tre milioni mettendo tutti volontarima poi se in un intervento di un paziente neurologico c’è un ritardo di due-treore nel trattamento o non c’è un infermiere presente perché impegnato in unaltro scenario, questo paziente rimane invalido e a carico del SSN per sempre.Quindi il risparmio che avevo l’ho buttato via».Il periodo dell’emergenza è stato molto difficile, anche da un punto di vistaemotivo: «Dai primi di marzo ci è caduto tutto addosso. Sembrava quasi un filmhorror. Normalmente andavamo a casa dei pazienti in totale tranquillità e colsorriso, dai primi di marzo siamo mascherati e neanche ci possono vederesorridere. La tranquillità non la potevamo neanche dimostrare» spiega ilPresidente CO.E.S. che puntualizza: «Ogni settimana dovevamo guardare la mailaziendale dove sarebbe arrivata la nuova procedura per la vestizione e lasvestizione in sicurezza. Purtroppo, alcune procedure si sono rivelate nonsicure. Ci sono stati casi di autisti che hanno infettato mogli e figli e sonoandati tutti in quarantena. Ci sono casi in cui l’autista è stato chiamato afare la lastra al torace o il tampone e, in caso di positività, veniva di puntoin bianco messo in quarantena e allontanato dal nucleo familiare. Quandouscivamo di casa non sapevamo mai se saremmo tornati a casa la sera, dopo 20giorni oppure mai». ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO