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Edizione del 01/06/2020
Estratto da pag. 1
Da oggi si può scaricare la app Immuni. Ma sarà operativa solo tra una settimana - Ultime notizie di cronaca e news dall`Italia e dal mondo
Sperimentazione in 4 regioni. Il presidente abruzzese Marsilio: «Un mese fa l''avrebbero scaricata tutti, ora rischiamo il deserto». Ceriscioli (Marche): «Bisogna convincere i cittadini che non si viola la privacy»
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Sperimentazione in 4 regioni. Il presidente abruzzese Marsilio: «Un mese fa l'avrebbero scaricata tutti, ora rischiamo il deserto». Ceriscioli (Marche): «Bisogna convincere i cittadini che non si viola la privacy»

Semplice e innocuo: si scarica la app, si  accende il blue tooth del proprio smart-phone, che rende visibile ogni contatto nel raggio di dieci metri e che sarà in grado di tracciare ogni soggetto con cui siamo stati vicini  per un tempo significativo, tipo una mezz’ora. E questi contatti si tengono in memoria: se un soggetto X risulta positivo al virus, a ritroso la app riesce a rintracciare le persone con cui è entrato in contatto. E a tutti questi verranno fatti subito i tamponi.

Farà il suo esordio oggi pomeriggio sugli smartphone di milioni di italiani la famosa app Immuni che offre la possibilità di tracciare i contatti dei contagiati dal Covid. Ma non sarà immediatamente operativa. Ci vorrà almeno una settimana perché possa realmente funzionare, in quanto c’è bisogno di tempo per la formazione delle strutture mediche delle regioni e per l’informazione ai cittadini, in modo che più persone possibili ne facciano uso. Ieri se ne è parlato in una riunione dei governatori con i ministri delle Regioni, Francesco Boccia e della Sanità, Roberto Speranza, e con la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano.

Anche se alcuni politici di Forza Italia denunciano di essere già sotto «osservazione» della app, scaricata autonomamente dal loro sistema Android, il gong suonerà dopo pranzo nelle quattro regioni che si prestano a sperimentarla nella fase iniziale: Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia. È il governatore Michele Emiliano a spiegarne la ratio, quando dice «adesso dobbiamo capire come mettere immediatamente in quarantena eventuali contagiati e i loro contatti stretti. L’app Immuni serve a questo fine. Se qualcuno arriva in Puglia potremmo chiedergli la cortesia, non l’obbligo, di segnalare la propria presenza e di tenere memoria dei contatti».

Insomma a cosa serve questa app? Allo Stato che può fare anche prevenzione, per dirla con Vittorio Colao: «Mi becca prima un problema, fa costare meno la sanità e permette ad un altro di essere curato».

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La tecnica E come funziona questa tecnologia? Negli ultimi documenti pubblicati dagli sviluppatori, si spiega che seguirà il modello decentralizzato di Google e Apple: i dati raccolti saranno conservati sui singoli device e non su un server centrale; non traccerà gli spostamenti, ma solo alcuni i contatti di prossimità tra smartphone; non sarà obbligatorio scaricarla, né usarla; i dati raccolti potranno essere condivisi solo con l’ autorizzazione del possessore dello smartphone; tutti i dati raccolti e condivisi con il server centrale (gestito da Sogei), dovranno essere cancellati entro dicembre 2020. Ma le polemiche sulla presunta invasività di questa App sono ancora molto accese e investono come ovvio l’aspetto della privacy, dividendo il paese tra favorevoli e contrari.

I contrari Uno di questi è il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che si è tirato indietro dalla fase di sperimentazione, con una lettera alla Conferenza delle Regioni per motivare la scelta. «A quanto si apprende  Immuni prevederà non la ricostruzione della catena di contatti dei soggetti risultati positivi, bensì l’invio di un sms ai cittadini entrati a contatto con un contagiato». E ciò comporta che «si passerà da una gestione affidata ai Servizi sanitari a un’azione diretta (e priva del supporto di professionisti) dei cittadini, a cui competerà l’onere di chiamare il medico di base: una soluzione poco avveduta che rischia di ingenerare panico o, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l’efficacia dell’app».

Altre criticità sono sollevate dal virologo Andrea Crisanti direttore del dipartimento di Medicina molecolare d
ell’Università di Padova, scienziato di riferimento per il governatore Zaia nella gestione dell’epidemia in Veneto. «Sono perplesso sull’app Immuni: se la scarica il 60% della popolazione, avrà capacità di mostrare solo il 9% dei casi. Insomma una montagna di soldi buttati».

I perplessi

Ma i cittadini  sono psicologicamente preparati? «Se fosse stata disponibile un mese fa ci sarebbe stata la corsa a scaricarla per pressione e paura. Ma un allentamento della tensione fa sentire tutti meno pressati a condividere e partecipare e potrebbero essere pochi quelli che la scaricheranno. Rischiamo di testarla nel deserto. Perché il vero test operativo si ha quando arrivano x persone contagiate e si vede se la catena di tracciamento funziona e rende facile la vita ai dipartimenti di prevenzione e si risale più facilmente ai contatti. E poi c’è un altro problema». Quale? «In questi giorni aspettiamo un parere definitivo del Garante della privacy».

I favorevoli Ma c’è chi come il presidente delle Marche, Luca Ceriscioli del Pd, è più ottimista sull’utilità di questo strumento. «In un primo momento si comincia a scaricare. E questa settimana servirà per invitare i cittadini a scaricarla, perché il tema più importante è  convincere tutti che non viene violata la privacy ma che diventa un’arma in più. il resto sono aspetti tecnici e operativamente si comincia la settimana prossima. Parlando subito con medici generali, con le  strutture di prevenzione, in modo che siano tutti pronti e consapevoli per dare informazione al cittadino».

Per Ceriscioli, la gente non sarà restia a scaricarla ora che è calata la tensione: «Se passa l’idea che è una app silenziosa che non invade la privacy e può servire, si diffonderà. I dati sono quelli di prossimità e decrittabili solo in caso di contatto di infetto e l’unico informato sei tu. E a quel punto il cittadino si deve attivare. In quel caso bisogna  fare subito il tampone per dare subito risposte». E la maggiore utilità ci sarà per il famoso rischio della seconda ondata, in quanto «avere una popolazione con una app silente scaricata darebbe una mano enorme a contenerla. Bisogna usare questo tempo per farla usare e avere un’arma in più».

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