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Edizione del 28/05/2020
Estratto da pag. 1
Elezioni Regionali, sulla richiesta di voto a luglio De Luca ha ragione da vendere
Negli ultimi giorni si fa un gran discutere sulla data delle prossime elezioni. Tra ipotesi che si rincorrono, accordi in commissione siglati e poi saltati, l’esecutivo spinge per il 20 settembre; data in cui – nelle intenzioni del Governo – dovrebbe celebrarsi il cosiddetto election day: elezioni regionali, comunali e referendum costituzionale.

Su tale proposta si è subito palesata l’opposizione della Conferenza delle Regioni, con diversi governatori che hanno avanzato la richiesta di un voto nel mese di luglio. Tale richiesta è stata concretamente formulata nella giornata di oggi attraverso una missiva inviata al Capo dello Stato Sergio Mattarella nella quale cinque governatori, Giovanni Toti, Michele Emiliano, Luca Zaia, Vincenzo De Luca e Luca Ceriscioli, hanno esposto le motivazioni alla base della richiesta di una data “anticipata” per le elezioni.

La lettera è scaturita dopo un incontro con il Ministro dell’Interno Lamorgese che si è risolto con un nulla di fatto.

Da tempo il più “agguerrito” sulla richiesta di voto a luglio è il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Più e più volte De Luca ha insistito sull’incoerenza di fondo di un’elezione tenuta in autunno. Ed effettivamente le ragioni palesate da De Luca, e in seguito condivise anche da altri presidenti di Regione, appaiono assolutamente di buon senso.

Le legislature regionali saranno dichiarate concluse il prossimo 30 maggio e, come si legge nella missiva inviata dai governatori a Mattarella, ipotizzare un voto a settembre è “argomento molto delicato perché coinvolge la durata di organi dotati di potere legislativo eletti a suffragio universale e diretto, dotati tra l’altro, ai sensi dell’articolo 122 della Costituzione, di potestà legislativa propria in ordine alla legislazione elettorale. La durata certa degli organi legislativi è un principio fondamentale dello Stato democratico”.

Se vi è un principio dal quale il nostro ordinamento istituzionale non può derogare è sicuramente quello della durata certa degli organi legislativi. L’obiezione a questo punto è fin troppo scontata: la deroga avviene sulla base di una comprovata situazione di emergenza sanitaria. E in effetti la proroga della data delle elezioni regionali può essere giustificata solo ed esclusivamente da ragioni sanitarie ed emergenziali. Però, in fin dei conti, è proprio qui che si rileva l’elemento di contraddizione più eclatante.

Innanzitutto perché il Comitato Tecnico Scientifico ha più volte sottolineato la possibilità che in autunno potremmo trovarci di fronte a una nuova recrudescenza del virus; in secondo luogo perché ancora non è stata addotta una motivazione “plausibile” che giustifichi come dal punto di vista sanitario votare a luglio sia più “pericoloso” che votare a settembre.

Del resto, se davvero le previsioni del Comitato Tecnico Scientifico su un possibile ritorno del virus in autunno dovessero trovare riscontro nella realtà (cosa che, ovviamente, nessuno si augura) il rischio sarebbe quello di rimandare ulteriormente la data delle elezioni, determinando così un caos senza precedenti.  Inoltre, come giustamente sottolineato nella lettera inviata dai governatori a Mattarella, appare “inopportuna la fissazione di una data che pregiudichi la riapertura delle scuole, mettendo a rischio i ragazzi nel rientrare in edifici frequentati da milioni di elettori”.

Da ultimo davvero non si capisce per quale ragione da qui a qualche giorno saranno permesse tutte le attività economiche, culturali, sociali e – probabilmente – anche gli spostamenti tra regioni, mentre il recarsi alle urne pare rappresentare una sorta di spada di Damocle che pende sulla salute dei cittadini.