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Dir. Resp.
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Edizione del 17/05/2020
Estratto da pag. 1
Cosa insegna la dialettica tra Stato e Regioni. Il commento di Ocone
La dialettica politica che si è creata al tempo del virus non è stata solo otanto fra maggioranza e opposizione, ma anche e soprattutto fra Stato centralee Regioni. Ove la seconda dialettica non si sovrappone facilmente alla primaperché governatori come Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca, pur appartenendoall’area di centrosinistra, non hanno lesinato critiche al governo ed hannoassunto atteggiamenti assertivi (Bonaccini anche nel suo ruolo di presidentedella Conferenza delle Regioni).Tanto da proporsi, soprattutto Zaia e Bonaccini, come possibili leadernazionali. Dipende ciò solo ed unicamente da un regionalismo spinto, da untitolo V modificato in modo a dir poco confuso e con una devolutiondi poteridal centro alla periferia mal calcolata? Non credo. Penso piuttosto che quelloche ha dato forza ai governatori sia il fatto di essere stati scelti, insiemealla loro maggioranza, dagli elettori.E quindi di avere avuto un mandato dai cittadini che Giuseppe Conte non ha maiavuto e la sua maggioranza non in modo diretto (anzi i due maggiori partiti chela compongono avevano affermato a chiare lettere, davanti ai propri elettori,che mai si sarebbero alleati l’uno con l’altro). Una sostanziale debolezzapolitica, rimarcata anche dal fatto che probabilmente la maggioranza parlamenteè oggi minoranza nel Paese, di cui l’opposizione parlamentare, un po’ perchétenuta fuori da tutti i giochi un po’ per scarsa capacità tattica e strategica,non ha saputo finora approfittare.E in questo cuneo invece si sono inseriti alla grande i governatori, che piùvicini al territorio e con una solida esperienza amministrativa e gestionale(Zaia, Bonaccini, De Luca, la stessa Jole Santelli sono politici di lungadata), hanno saputo unire capacità gestionale nell’affrontare l’emergenzasanitaria (è il caso soprattutto del Veneto) e concreta vicinanza al teritorio(capendo ad esempio, e mi rifrisco soprattutto a Zaia e Bonaccini, le esigenzedelle imprese e quindi la drammaticità dell’emergenza industriale ed economicae non solo di quella sanitaria). Quali insegnamenti, in definitiva, trarre:1. Le competenze fra Stato ed enti locali vanno riscritte sicuramente, ma nonnel senso (che alcuni vorrebbero) del ritorno a un centralismo statalistico cheè per sua natura illiberale.2. Lo Stato ha bisogno non di tecnici e “competenti”, commissari o task force,se non nella stretta misura in cui è necessario. Occorrono piuttosto tanti everi “competenti in politica”, cioè politici non capitati nei posti di poterequasi per caso (come in questi anni ha voluto l’ideologia dell’ “uno vale uno”)ma che abbiano compiuto una gavetta nelle amministrazioni e fatto veraformazione politica (come avveniva nella Prima Repubblica, per intenderci,attraverso il meccanismo delle scuole di Partito”).3. La legittimazione democratica attraverso le elezioni è ciò che dà forza eautorevolezza, e anche responsabilità, ai politici. Non bisogna perciò temerele elezioni perché sono esse uno dei momenti, insieme a quello segnalato nelpunto 2, in cui si forma e seleziona una classe dirigente.Che è poi quella che effettivamente ci manca, a livello nazionale, e di cuistiamo andando maledettamente alla ricerca da tempo. Senza di essa, a maggiorragione dopo il Covid, non ci salveremo.