huffingtonpost.it
Dir. Resp.
Tiratura: n.d. - Diffusione: n.d. - Lettori: 133943
Edizione del 17/05/2020
Estratto da pag. 1
Fino all`ultimo cavillo
L''Italia prova a ripartire in un clima da grottesca riunione di condominio, con Governo e Regioni che si contendono regole e si rimpallano responsabilità. Il Dpcm di Conte arriva in extremis e molte attività non riapriranno perché non hanno neanche tempo per adeguarsi
Un grand commis di Stato racconta che ci sono problemi politici, ma anche umanissimi e tragicomici problemi da riunione di condominio: “Ieri, per dire, abbiamo passato mezz’ora inchiodati su un punto. Mezz’ora di accese discussioni se in un passaggio nemmeno poi così rilevante dovessimo scrivere ‘preso atto’ oppure ‘sentito’. E ti sto facendo solo un esempio”. Tre giorni di Consiglio dei ministri a tappe, riunioni, vertici notturni, lavorio d’uffici per sfornare le centoquaranta pagine (venti di Decreto del presidente del consiglio, più centoventi di relativi allegati) che determineranno il futuro del paese e “descrivere il vago con estrema esattezza”, per dirla con Leo Longanesi.

Verso le 18 arriva la firma di Giuseppe Conte, quasi 24 ore dopo l’annuncio in conferenza stampa con i giornalisti, mentre per tutto il giorno da Palazzo Chigi si spiegava che si era in attesa dell’ultima versione delle linee guida delle Regioni, mentre i governatori protestavano che, in assenza di dpcm, non si potevano emettere le ordinanze regionali. È partito un gioco al rimbalzo delle responsabilità. “Non possono addossarle tutte a noi”, dicono a microfoni spenti diversi governatori. È Vincenzo De Luca a imbracciare il proverbiale lanciafiamme e a dirigerlo in direzione Roma: “C’è un clima di confusione: dovremo aprire domattina, ma noi non apriamo né i ristoranti, né i pub, né altro per serietà. Abbiamo deciso di avere una interlocuzione con le categorie economiche per prepararli alla sanificazione a procurarsi pannelli”. Tutto rimandato al 21 in Campania, così come il Piemonte ha deciso di differire la riapertura, ma per cautele legate al contagio. In particolare De Luca contesta il monitoraggio che le Regioni devono effettuare sul contagio: “Su alcune norme di sicurezza generale deve pronunciarsi il Ministero della Salute, non è possibile che il Governo scarichi opportunisticamente tutte le decisioni sulle Regioni. Non è accettabile”.

Il rimpallo tra enti locali e Governo è continuo. Dopo aver rivendicato autonomia delle scelte per settimane, la palla della responsabilità scotta tra le mani dei governatori. Attilio Fontana, con alcune piccole differenze, ha deciso di rischiare e di seguire le linee guida per le riaperture. È stato proprio il presidente della Lombardia nella riunione notturna di domenica a contribuire all'ennesimo supplemento di discussione. La Conferenza delle Regioni ha preteso di inserire le proprie linee guida tra gli allegati del dpcm, incontrando la resistenza del giurista Conte, per la mancanza di forza di legge del testo. Qui Fontana ha provato a inserirsi, chiedendo una messa a punto delle norme nel testo, un nuovo confronto, magari un ulteriore passaggio con l'Inail. A questo punto sia il premier sia il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini hanno sentito puzza di bruciato. Un esponente di Governo la spiega così: "La Lombardia è stata un disastro, e Fontana lo sa. Però non poteva permettersi di non riaprire con gli altri, avrebbe certificato la sua difficoltà, il suo fallimento, così ha provato a rimandare". Perché ricominciare il gioco dell'oca di una nuova definizione delle regole avrebbe naturalmente portato a una dilazione dei tempi.

In questo puzzle dell'assurdo si metta anche in conto di una riunione finita alle 4 del mattino perché, trovato faticosamente un accordo, non si riusciva a reperire Roberto Speranza. "Serve il suo ok", ha spiegato Conte, estensore del dpcm "su proposta del ministro della Salute". Buttato finalmente giù dal letto il ministro, ecco l'avallo, seguito da una giornata intera di limature e correzioni al testo fino alla firma serale.

La cornice fornita da Palazzo Chigi dovrà essere riempita ora dalle singole ordinanze regionali. "Siamo pronti, aspettavamo solo il testo", rispondono in coro Toti, Zaia, Bonaccini, Santelli. Commercianti e imprenditori vengono messi a conoscenza dei criteri ufficiali per ripartire a poche ore dalla ripartenza. "È un pasticcio - spiega un dirigente del Pd - in tanti domani, magari anche dopod
omani, rimarranno con la saracinesca chiusa, non puoi ridurti così all'ultimo, è anzitutto una questione di rispetto per i cittadini in difficoltà".

Cittadini che dovranno fare lo slalom tra le peculiarità di ogni singolo territorio. A Milano e dintorni le mascherine saranno un obbligo anche all'esterno, nel Lazio la distanza da rispettare per le attività e per i servizi al pubblico sarà di un metro e mezzo anziché di uno, la Toscana, visto il poco tempo, si riserva di emanare protocolli integrativi. La Fase 2 da pianificazione accurata che doveva essere si è trasformata in una corsa affannosa piena d'inciampi e incertezze. Descrivere il vago con estrema esattezza.

Ricevi le storie e i migliori blog sul tuo indirizzo email, ogni giorno. La newsletter offre contenuti e pubblicità personalizzati.

Per saperne di più