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Edizione del 17/05/2020
Estratto da pag. 1
Scontro nella notte sul decreto: rivolta delle Regioni contro Conte, poi l’accordo - Ultime notizie di cronaca e news dall`Italia e dal mondo
Maratona fino alle tre: i presidenti lamentavano l’ambiguità del dpcm, che non recepiva l’accordo tra la Regioni. Alla fine l’intesa. Il ministro Boccia: avranno più autonomia e più responsabilità. Ma Bonaccini sfida il premier: “Ora voglio vedere chi rinuncerà ai 35 miliardi del Mes”
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Maratona fino alle tre: i presidenti lamentavano l’ambiguità del dpcm, che non recepiva l’accordo tra la Regioni. Alla fine l’intesa. Il ministro Boccia: avranno più autonomia e più responsabilità. Ma Bonaccini sfida il premier: “Ora voglio vedere chi rinuncerà ai 35 miliardi del Mes”

Ennesimo scontro nella notte sul decreto di Conte per riaprire l’Italia.  I governatori hanno bruscamente frenato sul testo del decreto, accusando l'esecutivo di non aver rispettato l'intesa raggiunta nella tarda serata di ieri. E così è cominciata all’una di notte una nuova maratona, che si è protratta fino alle tre di notte. Al tavolo, per il governo, erano presenti il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Alla fine un accordo è stato trovato, ma i momenti di tensione sono stati seri. Il punto chiave della protesta era la responsabilità dei protocolli di sicurezza fissati dall’Inail. Conte non aveva allegato al decreto il testo dell’intesa tra le Regioni, e questo – secondo i governatori – generava ulteriore ambiguità normativa.

Il premier aveva subito presentato una riformulazione del Dpcm, per placare la rabbia dei presidenti di regione, inserendo nelle premesse un riferimento alle linee guida unitarie delle Regioni. La cosa non era bastata e il decreto veniva considerato ancora vago. La soluzione sulla quale si è iniziato a convergere, intorno alle tre di notte, prevede un richiamo ai protocolli regionali sia nel testo del Dpcm sia negli allegati, dopo che la prima riformulazione del testo avanzata dal governo era stata rinviata al mittente dal fronte dei presidenti delle Regioni.

Ma le acque della protesta non erano del tutto placate, se è vero che il governatore della Liguria, Giovanni Toti, a caldo su Facebook si riservava di valutare ancora la scrittura finale del testo, oggi: «Ore 3 e 20 del mattino. Finito ora il confronto tra Regioni e Governo sul Decreto che dovrà riaprire l'Italia a partire da lunedì. Nell'accordo le linee guida delle Regioni saranno recepite nel Decreto, in modo da dare sicurezza a tutti gli operatori economici con regole certe e applicabili. Al Paese serve semplicità e chiarezza. Domani [oggi, ndr.] vedremo la stesura finale del Decreto. Buonanotte amici».

Il ministro Boccia ha invece provato subito a dare tutto per risolto, spegnendo ogni residua critica: «Lavoro intenso e molto utile per far ripartire il Paese in sicurezza», ha spiegato il ministro degli Affari regionali,al termine della riunione con il premier Giuseppe Conte e i governatori sul Dpcm. «Legittime le richieste delle Regioni. L'accordo che riprende le linee guida delle Regioni per le ordinanze sancisce ancora una volta la leale collaborazione tra regioni e governo. Ora ci sarà maggiore autonomia e responsabilità per le Regioni. Piu' i contagi vanno giù e più possono aprire, più vanno su e più dovranno chiudere. Sarà tutto trasparente, anche le responsabilità saranno chiare».

 «Alla fine il risultato è arrivato», ha commentato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, al termine dell'incontro notturno. «Il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare regole certe alle attività che da lunedì potranno riaprire e sicurezza a lavoratori e cittadini. Il governo si è impegnato a richiamare nel testo le linee guida elaborate e proposte dalla Conferenza delle Regioni quale riferimento certo e principale dai cui far discendere i protocolli regionali. Ciò assicurerà, peraltro - ha concluso Bonaccini - omogeneità e certezza delle norme in tutto il Paese». Bonaccini ha sottolineato la ricerca di un bene comune, una ha anche lanciato una critica seria a Conte sul Mes:  «Siamo tutti sulla stessa barca e serve unità. Io, però, su una cosa basai la campagna elettorale: centralità del sistema sanitario, con la parte pubblica sempre e rigorosamente preponderante. Abbiamo avuto la riprova di quanto sia importante una sanità sul territorio, con strutture di assistenza intermedie. Ora voglio vedere chi avrà il coraggio
di dire di no a oltre 35 miliardi del Mes, a disposizione per investirli nella sanità».



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