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Edizione del 12/05/2020
Estratto da pag. 1
Vaccinarsi contro l’influenza potrebbe proteggere dal Covid-19
Un nuovo studio mostra che alcuni ceppi influenzali amplificano la presenza dei recettori ACE2, quelli che il coronavirus usa per attaccare le nostre...
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Vaccinarsi contro l’influenza stagionale in vista del prossimo autunno-inverno potrebbe essere ancora più importante, anche in vista della compresenza del Covid-19. Non è solo per poter distinguere tra le due infezioni, ma anche perché sembra che i virus influenzali facilitino l’ingresso del coronavirus nei polmoni. Lo sostiene uno studio appena pubblicato su The Lancet condotto presso l’Università di Hong Kong.



Più recettori ACE2 con influenza I ricercatori hanno infettato in vitro alcuni tessuti umani con i virus della SARS e della MERS, con il virus influenzale aviario ad alta patogenicità H5N1 e con quello influenzale pandemico del 2009 - H1N1pdm-2009 e hanno osservato «una sovraespressione di recettori ACE2 nelle cellule epiteliali alveolari dopo l’infezione con i virus dell’influenza (…) in vitro. Se replicata in un campione più ampio, questa sovraespressione potrebbe suggerire che una recente esposizione al virus dell’influenza potrebbe peggiorare l’esito di Covid-19», si legge nell’articolo, che si conclude con un invito a ulteriori ricerche: «Dovrebbe essere definito il ruolo dell’espressione dell’ACE2 durante l’infezione influenzale e dovrebbero essere studiate le sue implicazioni sulla suscettibilità e sulla gravità dell’infezione da SARS-CoV-2».

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Il meccanismo Semplificando, il coronavirus riesce a penetrare nella cellula umana tramite la sua proteina S (spike protein), quella “a chiodo” che si vede nelle illustrazioni. Questa proteina funge da “chiave” perché è in grado di aprire una serratura rappresentata da un’altra proteina presente sulle nostre cellule, chiamata recettore ACE2, lo stesso recettore utilizzato in precedenza dal virus della SARS. Livelli elevati di ACE2 nelle vie aeree potrebbero appunto rendere più facile l’ingresso del virus e lo sviluppo dell’infezione. Abbiamo chiesto un commento a Paolo Bonanni, epidemiologo e professore ordinario di Igiene all’Università di Firenze.«Lo studio ci dice che se c’è un’infezione da virus influenzale (gli autori hanno condotto i test in vitro con i virus H1N1 di origine pandemica e H5N1, l’aviaria) c’è anche un’espressione maggiore sulle cellule dell’apparato respiratorio di questo recettore ACE2, che è quello che permette al virus di entrare. Questo vuol dire che quando arriva, il Covid-19 ha più probabilità di infettare le cellule, ci sono più recettori che potrebbero favorire il suo ingresso. E, anche se la controprova non c’è ancora (infatti gli studiosi suggeriscono ulteriori ricerche), questo potrebbe valere per tuti i ceppi influenzali». Cosa possiamo fare per proteggerci? «Avevamo già due buoni motivi per vaccinarci contro l’influenza: primo, avere due infezioni virali che circolano in simultanea è un problema, perché un soggetto può essere già indebolito dal virus influenzale quando dovesse contagiarsi con SARS-CoV2; secondo, perché due virus che co-circolano creano dubbi dal punto di vista diagnostico e del percorso che uno dovrebbe seguire se e quando dovesse essere ricoverato in ospedale. Adesso c’è il terzo motivo, di tipo biologico, dato che l’infezione da virus influenzale potrebbe aprire la porta più facilmente al Covid-19, perché dopo un’influenza ci sarebbero più “serrature” nelle cellule da poter aprire per SARS-CoV2». Può essere che la concomitanza di influenza e coronavirus a febbraio abbia in qualche modo reso i casi Covid-19 più gravi e numerosi? «Sì, se l’ipotesi che viene fatta nell’articolo di The Lancet verrà confermata da studi più ampi».

Gli appelli per la vaccinazione L’appello a vaccinarsi contro la prossima influenza è già partito da più parti: «Chiediamo l’obbligatorietà della vaccinazione antinfluenzale per i bambini da 6 mesi a 14 anni. Lo chiediamo ora, per settembre-ottobre, quando normalmente viene emanata la circolare ministeriale che indica le fasce interessate», afferma Giuseppe Mele, presidente della Società italiana medici pediatri (Simpe). Si è mossa anche la Federazione nazionale
degli ordini dei medici (Fnomceo), con la proposta — presentata dal presidente Filippo Anelli al ministro della Salute Speranza e al presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini — di «estendere gratuitamente la vaccinazione influenzale sin dagli over 55 e migliorare la prevenzione e il monitoraggio del territorio per individuare tempestivamente nuovi focolai Covid». La vaccinazione antinfluenzale gratuita, a oggi, riguarda le persone sopra i 65 anni, i soggetti affetti da malattie croniche e quelli a rischio. La vaccinazione globale non è sconsigliata, ma nemmeno esplicitamente suggerita.

In Italia uno dei due virus dell’esperimento I casi influenzali della stagione appena passata potrebbero quindi in qualche modo aver favorito l’estendersi del coronavirus in Italia: secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), lo scorso inverno «l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è aumentata progressivamente fino al raggiungimento del picco epidemico nella quinta settimana del 2020, con un livello pari a circa 13 casi per mille assistiti». Quindi un picco collocabile circa al 1 febbraio e con la presenza nella popolazione di un virus tra i due studiati dai ricercatori di Hong Kong. Infatti i ceppi isolati lo scorso anno e circolanti in Italia sono stati secondo l’ISS: «Il 54% appartenente al sottotipo A(H3N2), il 7% non è stato sottotipizzato, il 39% appartenente al sottotipo A(H1N1)pdm09», esattamente lo stesso testato nell’esperimento dell’Università di Hong Kong.