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Edizione del 08/05/2020
Estratto da pag. 1
Coronavirus in Umbria, Boccia si prende altre 48 ore per decidere sulle riaperture dell`11 maggio
Il ministro Boccia prende ancora tempo. Ha garantito che entro 48 ore risponderà alla richiesta dei governatori che vogliono riaprire il commercio al det...
Il ministro Boccia prende ancora tempo. Ha garantito che entro 48 ore risponderà alla richiesta dei governatori che vogliono riaprire il commercio al dettaglio l’11 maggio. La Conferenza delle Regioni infatti - che ha fatto propria la proposta umbra - ieri ha chiesto al ministro per gli Affari Regionali l’ok anticipato per tutti dall’11 maggio e le differenziazioni a partire dal 18. Al termine del confronto l’esponente del governo si è preso l’impegno di parlarne con il premier Conte e riferire la risposta entro due giorni.A spiegare come si è svolta la giornata è stata la stessa presidente, Donatella Tesei, che, nella nota diramata in serata ha bollato come “difficile da comprendere” il nuovo no, provvisorio, del ministro Boccia. “Abbiamo chiesto all’unanimità - ha spiegato la governatrice -, come Conferenza delle Regioni, la riapertura del commercio al dettaglio dall’11 maggio, in linea con il cronoprogramma umbro, e dal 18 dello stesso mese la possibilità di gestire, a seconda delle situazioni sanitarie regionali, le varie riaperture, facendo riacquistare alle Regioni la potestà sul proprio territorio e di conseguenza di poter stabilire un proprio calendario”.Il numero uno degli Affari regionali ha tenuto il punto ribadendo invece che possibili aperture regionali differenziate potranno esserci, sulla base del rispetto della lunga lista di parametri messi in fila dal ministero della Salute solo a partire dal 18 maggio. Ovvero una settimana dopo che i primi dati sulla curva epidemica monitorati avranno dato risposte esaustive. Non solo, è emerso infatti che l’altro problema è la mancanza dei protocolli dell’Inail per il rientro in sicurezza dei lavoratori. Perché l’Inail non abbia ancora redatto linee che, era evidente sin dal lockdown, prima o poi sarebbero servite, non è dato sapere. E comunque, la presidente della Regione Umbria è andata oltre. “Non comprendiamo – ha sottolineato Tesei al ministro Boccia nel suo intervento durante la Conferenza Stato-Regioni ieri pomeriggio in video conferenza – il diniego alla nostra richiesta trincerandosi dietro la mancanza di protocolli di sicurezza Inail ancora da perfezionare. Questo può essere comprensibile per altri comparti, ma nel caso del commercio al dettaglio basterebbe adeguarsi alle misure adottate per le attività già aperte, così come accade, ad esempio, per l’alimentare e gli articoli per i bambini. I motivi per cui gli altri settori del commercio al dettaglio debbano rimanere chiusi rimangono difficili da comprendere ed è ancor più complesso spiegarlo ai commercianti ormai costretti allo stop da 2 mesi”.E alla fine del confronto, il ministro Boccia si è persuaso a portare l’istanza delle Regioni al tavolo del Consiglio dei Ministri e di dare una risposta tra 48 ore. Ovvero il 9 maggio, sempre che non ci siano ritardi. Per cui, a ridosso della data in cui l’Umbria avrebbe voluto riaprire non solo il commercio al dettaglio, ma anche parrucchieri e barbieri, non è detto che non arrivi un altro diniego da Roma. E che il momento tanto atteso dai commercianti per riaprire non si materializzi prima di altri dieci giorni. Ma a quel punto, se così fosse, è quasi scontato che l’Umbria - che al momento ha un tasso bassissimo di contagio e quindi è la candidata numero uno a soddisfare i parametri del ministero della Salute - non procederà con ripartenze settimanali scaglionate per settori, come aveva chiesto di poter fare nel cronoprogramma presentato al Governo, ma proverà ad accelerare per tutti, in modo da far ripartire quante più attività possibile. Tutte quelle per cui, anche un solo giorno in più di chiusura, vuol dire una chanche in meno per risollevarsi. Certo è che Tesei potrebbe sempre forzare e fare ordinanze in linea con quanto si vorrebbe in Umbria. Ugualmente certo è che il tempo del bonton istituzionale improntato al dialogo sembra sempre più logoro. Del resto, chi se la prende la responsabilità di rimettere un lavoratore dentro un negozio senza che per legge sia stabilito come difenderlo dal virus?