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Edizione del 07/05/2020
Estratto da pag. 1
Regioni all`assalto per riaprire i negozi, Boccia fa catenaccio
Ancora nulla di fatto sulle riapertura annunciate. Solo una timida apertura per il commercio al dettaglio
Le Regioni vogliono accelerare, anticipare di una settimana l’apertura al commercio. Dunque, ripartire l’11 maggio. Il governo invece prende ancora tempo e rimanda ogni decisione al protocollo Inail e al parere del comitato tecnico scientifico. In questo contesto va in scena l’ennesima riunione fra l’esecutivo e i governatori. Risultato: nulla di fatto. Tutto comincia alle 15 e 30 in video conferenza. Da una parte dello schermo il ministro agli Affari Regionali, Francesco Boccia. Dall’altra parte i 21 presidenti capitanati dal numero uno dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.

Le parti sono assai distanti. Anche perché la linea delle regioni è stata decisa ore prima nel corso della conferenza dei governatori. In quella sede i più indiavolati sono quelli del centrodestra. Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, è il più agguerrito e mette sul tavolo una proposta da portare al governo: “Da lunedì 11 chiediamo la riapertura del commercio, fermo restando i protocolli di sicurezza a tutela dei lavoratori”. Luca Zaia è d’accordo, batte i pugni e mette a verbale un ragionamento che suona così: “Parrucchieri, barbieri, bar, ristoranti e negozianti non possono essere capri espiatori di questa situazione”. Rincara la dose il ligure Giovanni Toti: “Siamo seri e rimbocchiamoci le maniche: la cancelliera Merkel stamani ha dato alle Regioni tedesche il compito di riaprire come ritengono opportuno nei loro territori. La Francia sta riaprendo, l’Inghilterra, messa molto peggio di noi, fa lo stesso, Israele ha già riaperto, la Svezia non ha mai chiuso. E in molti Paesi riaprono anche le scuole. Quindi sono tutti matti?”. Poi sia Toti che Zaia pongono la questione delle elezioni regionali da svolgere nel mese di luglio. “Perché non possiamo votare in estate?”, si domandano all’unisono.

Così si arriva all’incontro con il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia con la proposta di Fedriga: da lunedì 11 maggio via libera al commercio, e dal 18, giorno della scadenza del Dpcm, poteri completi alle Regioni per tutte le riaperture. Sta a Stefano Bonaccini illustrare il lodo del governatore del FVG e poi tocca allo stesso Fedriga prendere la parola, alzando i toni: “Qui non tiene il modello sociale, non è giustificabile che da lunedì sarà aperta una fabbrica con 3 mila dipendenti mentre un negozio che vende calzette è un pericolo per l’umanità”. Dall’altra parte dello schermo Boccia tiene la linea della prudenza motivando le ragioni dell’impossibilità a riaprire: “Noi sentiamo forte la necessità della ripartenza economica, ma così come abbiamo fatto insieme su industria, edilizia e trasporti, sono necessarie le linee guida del comitato tecnico scientifico e Inail per la nuova sicurezza”. Alza la mano Donatella Tesei, presidente dell’Umbria, anche lei di centrodestra: “Mi scusi ministro, le vorrei sottoporre una questione: da diverse settimane sono aperti i negozi per bambini. Ecco hanno un protocollo diverso da quello che sarà previsto per un negozio che vende calzette?”. I toni si alzano. Boccia controbatte: “Chi mette a rischio la sicurezza dei lavoratori per quattro/cinque giorni se ne assume la responsabilità civile e penale”. E ancora sempre il titolare del dicastero degli Affari regionali: “Il sistema di monitoraggio del ministero della salute per il periodo dal 4 al 11 maggio è in corso e la prossima settimana avremo tutte le linee guida che potranno essere sottoposte alle parte sociali, così come da impegno assunto dal presidente del Consiglio prima del 18 maggio. Se i dati ce lo consentiranno, dal 18 maggio si ripartirà con la differenziazione regione per regione”. Alla conclusione della videocall si giunge ad una mezza apertura. E’ la presidente Tesei a provarci fino all’ultimo: “Ministro, almeno i negozi al dettaglio...”. “Se abbiamo le linee guida sì, ma al buio non se ne parla”, chiosa il ministro. Le parti si lasciano così. Arrivederci e grazie. Ma senza raggiungere un accordo. Poi dalla Sicilia, il vicepresidente della Regione Gaetano Armao, collegato in sostituzione di Musumec
i, batte cassa sul nodo finanziario: “Abbiamo chiesto per le Regioni a statuto speciale l’azzeramento del concorso al risanamento della finanza pubblica che vale 3 miliardi. Se non ci danno quelle risorse i bilanci andranno in disquilibrio e soprattutto non si potranno garantire i livelli essenziali delle prestazioni”. Governo avvisato.

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