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Dir. Resp.
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Edizione del 30/04/2020
Estratto da pag. 1
Il contratto “ha” riconosciuto le competenze specialistiche delle professioni sanitarie
[front1759059]30 APR - Gentile Direttore,ho letto con attenzione la lettera pubblicata ieri da QS “Più infermieri alposto di comando” a firma di illustri professori universitari e dirigenti delleprofessioni infermieristiche ed ovviamente concordo con i contenuti e leproposte, mi permetto solo di evidenziare questo passaggio: “l’assolutanecessità di competenze specialistiche: infermieri di rianimazione, esperti inmalattie respiratorie, addetti al controllo delle infezioni ospedaliere…, finoad ora non riconosciute a livello contrattuale, ma solo grazie ad accordiaziendali”. Come gli estensori certamente sanno, sinora le competenze specialistiche sonosolo riconosciute a livello contrattuale, come più volte ho sottolineato suquesto autorevole quotidiano, quale incarico professionale, insiemeall’incarico professionale di professionista esperto che, quest'utlimo sìgrazie ad alcuni, ancora pochi, accordi aziendali e alla recente decisione inmateria della Conferenza delle Regioni, comincia a realizzarsi. Di altri e non del contratto nazionale sono le colpe per il non riconoscimentonell’organizzazione del lavoro negli ospedali, nei distretti e nei dipartimentidelle competenze specialistiche degli infermieri come delle ostetriche e dellealtre venti professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e dellaprevenzione, previste sin dal varo dei decreti sui profili professionali:decenni di colpevole ritardo. Di sicuro se nelle Aziende sanitarie fossero stati presenti infermieri e glialtri professionisti sanitari di cui alla legge 251/00 abilitati all’eserciziodi tali competenze specialistiche l’impatto con l’attuale tragedia del COVID-19sarebbe stato diverso…mutuando la terminologia bellica, giustamente ripudiatadai professionisti della salute, è come andare in battaglia solo con baionettae moschetto e non con i più avanzati strumenti da guerra. Così come la presenza da protagonista, non minoritaria ma determinante dellaprofessione infermieristica a tutti i livelli nei momenti decisionali dellalotta al COVID-19 sarebbe il reale valore aggiunto per una più adeguatainiziativa nel breve e nel medio come del lungo periodo. Del resto, questa assenza, forse perché è una categoria prevalentemente alfemminile, fa da contraltare all’assenza o alla presenza simbolica di donne neivari, tanti, comitati di esperti come negli Esecutivi nazionali e regionali. Se l’assenza o la presenza minoritaria sia femminile che infermieristica non cifosse stata e, anzi, ci fosse stata una loro maggiore presenza, difficilmentesi sarebbe inviato in prima linea i professionisti della salute quasi a manonuda, parafrasando l’analogia bellica, in confronto i fanti italiani dellaPrima guerra mondiale o dell’ARMIR in Russia avevano un armamento da teste dicuoio, si sarebbe evitato tante morti di medici, infermieri, oss, tecnicisanitari, educatori professionali, psicologi, farmacisti…. Così come, invece di spendere milioni per l’acquisto di F35 per un eventobellico che chissà se fosse venuto, avrebbero provveduto al giusto stoccaggiodei necessari prodotti di difesa individuale per un’epidemia che si sapeva cheprima e poi si sarebbe presentata, così come avrebbero messo in essere dasubito tutte le misure di prevenzione necessarie, che qualsiasi professionistasanitario deve conoscere, in caso di epidemia, evitando innanzitutto lamattanza nelle RSA di un’intera generazione. Così come non avrebbero decimato la presenza di quelle professioni deputatealla prevenzione negli organici delle SSN e certamente avrebbero valorizzato edimplementato la presenza sul territorio delle professioni sanitarie esociosanitarie che, per far contento chi gioca con l’analogia bellica, laguerra al COVID-19 e non solo a questo male, si combatte e si vince in campoaperto e non solo nei fortilizi ospedalieri. A parole, sinora, gli infermieri stanno avendo riconoscimenti corali dalleautorità e dai cittadini, sino a poco tempo fa quando si parlava di personalesanitario si citavano solo i medici. Ora tutti dicono medici ed infermieri(qualcuno con più galanteria istituzionale già diceva infer
mieri e medici)frutto certamente , di una pluridecennale lunga marcia nelle istituzioni enell’immaginario collettivo di far comprendere che l’ausiliarietà dellaprofessione è stata abolita dal 1999 (“colpa” che qualche nostalgicodell’infermiere di una volta mi ha più volte addossato) e che, invece, sitratta di professionisti laureati che “svolgono con autonomia professionaleattività dirette alla prevenzione, alla cura alla salvaguardia della saluteindividuale collettiva” articolo 1, comma 1 della legge 251/00. Lunga marcia che ancora deve continuare perché c’è ancora molto cammino dapercorrere nell’interesse primario del mitico individuo dell’articolo 32 dellanostra Costituzione repubblicana, detentore del diritto alla salute, bastipensare, ad esempio, cosa significherebbe l’infermiere di famiglia e dicomunità per la vera valorizzazione della sanità territoriale. La brevità del messaggio mediatico ed istituzionale, tuttavia, non è in gradodi evidenziare il ruolo altrettanto strategico e determinante delle altreprofessioni sanitarie e sociosanitarie, poche volte, colpevolmente, citate, mala complessità dell’intervento per l’attuazione del diritto alla salute habisogno per dar corso alla sua estensiva e positiva realizzazione di decine dialtre professioni della salute, tutte necessarie, ed indispensabili ealtrettanto degne di menzione. Saverio Proia30 aprile 2020