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Dir. Resp.
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Edizione del 07/04/2020
Estratto da pag. 1
Coronavirus. “Al fronte non ci sono solo medici e infermieri. Media e istituzioni si sono dimenticati di quei 220mila professionisti della salute che rischiano anch’essi ogni giorno la salute e la vita”. Intervista ad Alessandro Beux
Una denuncia, quella del presidente della Federazione degli Ordini Tsrm-Pstrp,verso coloro che sembrano dimenticare l’impegno di “assistenti sanitari,fisioterapisti, tecnici perfusionisti, di laboratorio, di radiologia, dellaprevenzione, educatori professionali e molti altri che da settimane sono intrincea coi medici e gli infermieri, sottoposti allo stesso stress ed espostiallo stesso rischio”. Ma poi un apprezzamento a Speranza: “Non avrebbe alcunadifficoltà e essere sempre sotto i riflettori, ma lo si vede e legge raramenteperché sta lavorando a quel di cui la maggior parte degli altri parla”[front2296444]07 APR - “Prima di tutto mettere in sicurezza i professionisti sanitari nonsolo con adeguati DPI ma anche con modelli organizzativi capaci di ridurrefrequenza e intensità di esposizione alla Covid”, è questa la prima richiestaal Governo del presidente della Federazione nazionale degli ordini Tsrm-PstrpAlessandro Beux, che in questa intervista traccia un bilancio delle misure sinqui adottate per combattere l’epidemia. Ma per Beux c’è anche in problema di comunicazione e di considerazione:“Siparla sempre, giustamente, di medici e infermieri, ma tacere sulle altre decinedi migliaia di professionisti sanitari impegnati in prima linea è un graveerrore, non solo perché si nasconde un pezzo di storia di questa epidemia maanche perché non si tiene conto del danno che si fa a tutti quei professionistiimpegnati ogni giorno a rischio anche della propria vita e che quando leggonoil giornale o entrano nei social si sentono sconosciuti o dimenticati da chi hascritto l’articolo o il post e che quando seguono il telegiornale o altretrasmissioni televisive si sentono sconosciuti o dimenticati da chi,incessantemente, ringrazia pubblicamente i medici e gli infermieri. Non ègiusto”.Presidente Beux, lei rappresenta 19 professioni sanitarie per un totale dicirca 220mila professionisti della salute impegnati anche loro sul fronteCovid. Ci conferma che la prima cosa da fare è partire dalla sicurezza anche diquesti operatori?Non c’è dubbio, come le dicevo, i professionisti sanitari vanno messirapidamente in massima sicurezza e i modelli assistenziali vanno adeguati aquesta emergenza, ma non basta. Vanno immediatamente sostenuti coloro che acausa dell’emergenza Covid-19 hanno dovuto ridimensionare o sospendere la loroattività professionale. Perché se l’intervento sarà tardivo o insufficiente,molti di loro avranno difficoltà a riprendere l’attività. È interesse del Paesesostenerli affinché appena sarà possibile possano tornare a esercitare,garantendo risposte ai bisogni di salute della popolazione e creando profitto,per sé e per il sistema Italia. Male dirò di più, per gli operatori sanitaridobbiamo pensare anche al necessario supporto morale e psicologico. Siamo moltopreoccupati delle cicatrici che l’emergenza Covid-19 lascerà in queste duedimensioni. Dobbiamo prepararci a curarle. In ogni caso in molte parti del Paese si lamenta ancora la carenza di DPIadeguati.Lo sappiamo. Da parte nostra ci stiamo muovendo anche noi e dopo alcunesettimane passate a individuare il canale più sicuro in termini di efficacia(acquistare DPI non significa necessariamente entrarne in possesso, perché laProtezione civile ha il potere di sequestrare quanto ordinato da altri),qualche sera fa il Comitato centrale della FNO ha deliberato di destinare iprimi 500.000 € all’acquisto di DPI da far pervenire agli Ordini capoluogo diRegione, aderendo alla stessa impostazione che è stata concordata col Ministerodella Salute per la sua fornitura, non ancora realizzatasi per gliinconvenienti a voi noti. I DPI che acquisteremo saranno soprattutto lemascherine FFP2 ed FFP3, ma anche gli occhiali, le visiere e le tute. Il canaleindividuato a seguito dei confronti telefonici col Ministro, la Protezionecivile e la Commissione salute della Conferenza delle Regioni è quello chepassa per queste ultime e le loro Unità di crisi. Saranno loro ad acquistareper noi, garantendo la consegna. Quale giudizio dà all’operato del Governo?In questo momento tutti stanno facendo del loro meg
lio, gestendo l’emergenza inemergenza. Quel che non sta andando bene non è certamente imputabile agliattuali decisori che, sia a livello centrale che periferico, stanno facendotutto quel che è nelle loro facoltà. Le principali responsabilità sono daricercarsi nel contesto culturale, normativo e organizzativo in cui sono statichiamati a farlo. Ma non è questo il momento per individuarle. Ora dobbiamoconcentraci tutti sull’emergenza Covid-19, tutti! Non è, infatti, ammissibileche mentre i professionisti sanitari prestano meritoriamente la loro operaprofessionale, rischiando salute e vita, proprie e dei loro cari, qualcuno sipreoccupi di garantire la sostenibilità del sistema che non è stato in grado diproteggerli. Cosa intende?Negli ultimi anni - e, purtroppo, anche poco prima che scoppiasse l’emergenza -le occasioni e i tentativi per rendere più efficiente e moderno il nostroservizio sanitario sono naufragati, affossati da incompetenza e biechiinteressi di parte. Se le cose non cambieranno in fretta nella prossima fase diricostruzione, le generazioni future pagheranno un conto salatissimo, ben piùdi quel che stiamo pagando oggi. Cosa si sente di dire agli oltre 200mila professionisti di 19 diverseProfessioni che lei rappresenta? E come state reagendo a questo “tsunami”?I colleghi stanno rispondendo molto bene, come sempre hanno fatto. Vale la penadi ricordare che se il nostro sistema sanitario è rimasto in piedi nonostantele aggressioni e le umiliazioni che ha patito negli ultimi decenni è grazie aiprofessionisti che ci lavorano, che non si sono mai sottratti e hanno sempretrovato il modo di colmare i vuoti lasciati dai decisori politici e dagliamministratori locali.Speriamo che, passata l’emergenza, il Paese mantenga viva la memoria neiconfronti di quelli che, usando una retorica che non ci piace, oggi chiamaeroi. Non ci aspettiamo medaglie al valor militare, ma migliori condizioni dilavoro: organici, strutture, tecnologie, modelli organizzativi e pagheadeguate. Al momento siamo, ahinoi, ancora spettatori di retribuzionivergognose, soprattutto se riferite al livello professionale garantito, alvalore delle prestazioni erogate e al rischio che i colleghi sono chiamati acorrere. Nelle settimane scorse lei ha indirizzato una lettera all’Ordine deigiornalisti invitandoli a parlare anche delle altre professioni sanitarie e nonsolo di medici e infermieri. Come mai quella lettera?La lettera nasce dalla consapevolezza che i media devono certamente modificareil loro approccio nei confronti della sanità e delle professioni che vioperano. Nelle giuste proporzioni, bisogna parlare di tutte le professionisanitarie coinvolte nella gestione dell’emergenza, non solo di medici einfermieri. Il tema, di portata internazionale, non è la visibilità delle altreprofessioni sanitarie come fine (sarebbe deplorevole!), bensì comeindispensabile mezzo per evitare le importanti ricadute negative diun’informazione parziale. Bisogna parlare di tutte le professioni sanitariecoinvolte nell’emergenza Covid-19 per almeno cinque buone ragioni. Ce le spieghi…La prima è la necessità di una rappresentazione più veritiera della realtà: iprofessionisti sanitari operativi, esposti, contagiati, ammalati e morti nonsono solo medici e infermieri. Si può accettare che gli altri professionistisanitari morti per Covid-19 non siano tenuti in considerazione? La morte di unprofessionista sanitario può essere più o meno importante in funzione dellaprofessione che esercita? La seconda ha a che fare con la sicurezza, perché facendo solo riferimento aimedici e agli infermieri, si diffonde e si deposita il convincimento cheproteggendo loro si proteggono le professioni sanitarie. Sono numerose letestimonianze di nostri iscritti che si sono sentiti negare o che hanno dovutodiscutere con determinazione per avere gli idonei DPI, per loro inizialmentenon previsti perché non erano medici e infermieri. La scorsa settimana abbiamopreso visione di una nota inviata da un Assessorato alla salute con oggetto “Esami COVID-19 al personale ASR, 118 ed i medici convenzionati” inviata aiDiret
tori generali delle ASR, ai Direttori di Presidio delle ASR e aiPresidenti dei (soli) Ordini di medici e infermieri, a drammatica conferma chei nostri timori erano e sono ben fondati.La terza ragione ha a che fare con la tenuta morale e psicologica deiprofessionisti sanitari che non sono medici e non sono infermieri. A distanzadi 10 giorni dalla lettera al Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordinedei giornalisti, lo scorso 20 marzo abbiamo scritto anche alle più alte carichedello Stato, invitandole a immedesimarsi nei numerosi colleghi assistentisanitari, fisioterapisti specializzati nella riabilitazione respiratoria,tecnici perfusionisti, di laboratorio, di radiologia, della prevenzione,educatori professionali, etc... che da settimane sono in trincea coi medici egli infermieri, sottoposti allo stesso stress ed esposti allo stesso rischio,ma che, a differenza dei medici e degli infermieri, quando escono dall’ospedalesi sentono sconosciuti o dimenticati da chi ha scritto una frase diringraziamento su un pezzo di stoffa bianca appeso a un cancello o a unbalcone. Quando leggono il giornale o entrano nei social si sentono sconosciutio dimenticati da chi ha scritto l’articolo o il post. Quando seguono iltelegiornale o altre trasmissioni televisive si sentono sconosciuti odimenticati da chi, incessantemente, ringrazia pubblicamente i medici e gliinfermieri. E siamo alla quarta ragione che riassumo in una parola: solidarietà. Perché sista, comprensibilmente, ma erroneamente, diffondendo l’idea che ad avernebisogno siano i soli medici e infermieri. A esempio, è di venerdì 3 aprile lanotizia di una ordinanza del Presidente di una Regione che, a drammaticaconferma che i nostri timori erano e sono ben fondati, raccomanda “che leattività di vendita di generi alimentari e di prima necessità garantiscano unaccesso prioritario a medici, infermieri, operatori socio sanitari (OSS),membri della Protezione Civile, soccorritori e volontari muniti di tesserino diriconoscimento”. E infine futuro e riconoscenza: più di un politico e diversi rappresentantiistituzionali si sono già impegnati, al termine dell’emergenza, a mostraregratitudine e riconoscenza concrete a coloro che hanno affrontato il Covid-19;ciò dovrà interessare tutte le professioni sanitarie coinvolte. E del ministro della Salute in particolare che impressione si è fatto nel comesta gestendo l’emergenza?Partendo dalla mia convinzione che sia meglio parlare meno e fare di più,perché è delle persone del fare che abbiamo bisogno non posso che rifletterepositivamente sul modo in cui il Ministro della Salute Roberto Speranza, stagestendo la sua esposizione mediatica. Non avrebbe alcuna difficoltà e esseresempre sotto i riflettori, ma lo si vede e legge raramente. Mi sono interrogatosul perché e la risposta che mi sono dato è che non lo si vede e leggefrequentemente perché sta lavorando a quel di cui la maggior parte degli altriparla. Ebbene, aiutiamo lui e tutti coloro che in Parlamento, al Governo, alMinistero, all’ISS, alla Protezione civile, nelle Regioni e nelle Aziendasanitarie stanno lavorando. Dobbiamo imparare a riconoscere e valorizzare illavoro anche se non fa rumore. Cosa occorre fare adesso a suo avviso?Tenuto conto del fatto che, passata l’emergenza, non sarà passato il Covid-19,tra le cose alle quali bisogna necessariamente pensare ce ne sono almeno dueurgenti.Un intervento determinato e diffuso a favore dell’assistenza territoriale edomiciliare, prevedendo idonei modelli organizzativi, i giusti supportitecnologici e i necessari DPI per tutti coloro che, a vario titolo, sarannochiamati a operare e la creazione di un soggetto nazionale che sia in grado distudiare e gestire in modo organico la convivenza col virus sino al vaccino eall’immunità di gregge, facendo ragionare e agire in modo coordinato leprofessioni sanitarie, la ricerca, l’industria, il terzo settore, gliamministratori, le Istituzioni, nazionali e locali, e la politica.E poi, suggerisco di capitalizzare quel che l’emergenza ci sta confermandonella dimensione pratica: il valore e l’efficacia dell’équipe
costruita e agitasu quello del contributo delle singole professioni.Ma soprattutto, una volta passata l’emergenza, si dovrà ricordare e trarreesperienza da ciò che è successo, ponendo rimedio a tutte le carenzeorganizzative e strutturali che si sono palesate e dalle quali sono derivatetragiche conseguenze. Imparare la lezione sarà un modo per dare un valorestorico a coloro che in queste settimane hanno sofferto e han perso la vita.Lorenzo Proia07 aprile 2020