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Dir. Resp.
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Edizione del 16/01/2023
Estratto da pag. 1
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Nella tracimazione nostalgica della politica attuale, tra chi intona l’inno sovietico e chi sente la mancanza del Msi, una deriva tipica di un paese allergico ai giovani, come poteva mancare Stefano Bonaccini? Già comunista del Pci (infatti ora inonda i social di sue foto con i capelli, quando c’era Natta), poi diventato renziano, oggi sembra il principale artefice della piena restaurazione a sinistra, quella della damnatio memoriae di Renzi, cancellato dalle foto dei segretari Pd, come in Urss Trotsky veniva sbianchettato da quelle in cui era ritratto accanto a Lenin. E Bonaccini sembra poi essere il teorico del ritorno della lettera «s» dopo Pd, cioè del pieno recupero della identità post comunista, quindi eliminazione non solo del renzismo, ma anche del cattolicesimo riformista e del socialismo di ascendenza craxiana. Non a caso, ieri, in Campania, mentre veniva omaggiato dal cacicchiato locale, tutto rigorosamente proveniente dal glorioso Pci, in piazza Bonaccini ha intonato un peana agli anni Settanta. Un decennio abbastanza orribile (guardatevi la fiction su Dalla Chiesa, che ne dà una idea), in cui peraltro capitava ai capi comunisti di dover fuggire dalle piazze, come Lama alla Sapienza, eppure per i (post) comunisti come Bonaccini, nati nel 1967, quindi allora poco più che bambini, ancora l’età d’oro della sinistra. E poi l’invito a D’Alema e a Speranza a rientrare nel Pd, e poi, altra caratteristica tipica di Botteghe oscure, la pretesa egemonica: i 5 stelle, ha detto Bonaccini in un’intervista alla «Stampa», faranno quello che diremo noi. Egli sembra credere, come Togliatti, che loro vengano da lontano e vadano lontano, mentre i 5 stelle sarebbero dei poveri «untorelli», sempre per usare il linguaggio del Migliore. Peccato che nella vita politica attuale, quella reale, quella degli anni Venti del XXI secolo e non di mezzo secolo fa, i 5 stelle alleati con il Pd l’abbiano sempre comandato a bacchetta, e del resto i sondaggi prevedono Conte in salita, e il partito che Bonaccini sembra dover ereditare, in flagrante crollo. Del resto, se egli afferma che il suo Pd terrà legate la «vocazione maggioritaria» con le alleanza a sinistra, cioè il caro e vecchio pas d’ennemi à gauche, che differenza v’è tra lui e i suoi due disastrosi predecessori, cioè Zingaretti e Letta? E come fa un partito che si dice (a parole) atlantista, allearsi con Conte, contrario persino a inviare armi all’Ucraina, come si è visto in Parlamento pochi giorni fa? Domande destinate a cadere nel vuoto, lo stesso vuoto di idee di chi sembra ripercorre a ritroso la storia, e cercarla nel caro, vecchio, Bottegone, il luogo dell’anima.
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