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Edizione del 08/01/2023
Estratto da pag. 1
Roma, 9 gennaio – Befana amara, per Nicola Magrini (nella foto), che nella tradizionale calza ha trovato qualcosa di decisamente peggio del carbone di prammatica, sotto forma di una lettera di benservito firmata dal suo “principale”, ovvero il titolare del ministero della Salute Orazio Schillaci. “Nel ringraziarla per il prezioso lavoro svolto presso l’Agenzia, le rappresento che non è mia intenzione confermarla” scrive senza starci a girare tanto intorno il ministro della Salute, licenziando così quello che è ormai l’ex direttore generale dell’Aifa e proseguendo a passo sicuro e cadenzato il percorso di sostituzione di dirigenti in aziende ed enti chiave a controllo statale avviato dal governo Meloni, cominciato con il licenziamento di Giovanni Legnini, esautorato dal ruolo di commissario straordinario per la ricostruzione del Centro Italia (sostituito da Guido Castelli).
Magrini, titolare di una carica soggetta al sistema dello spoils system, era ovviamente consapevole di avere il destino segnato, almeno in Aifa, e probabilmente attendeva solo la formalizzazione del suo avvicendamento, arrivata con la comunicazione che lo invita, in questi suoi ultimi giorni a via del Tritone, a “limitarsi alla cura delle attività di ordinaria amministrazione”.
Lo stesso ministro Schillaci, sentite le Regioni, sceglierà ora un sostituto temporaneo (il cui nome è al momento ancora sconosciuto), che gestirà le fasi di completamento del percorso di riforma dell’Aifa avviato a novembre dal governo di centrodestra, dove è peraltro prevista anche l’abolizione del ruolo ricoperto finora da Magrini: nella nuova governance dell’agenzia, infatti, sparisce la figura del direttore generale e il rappresentante legale diventa il presidente di Aifa. Con un decreto del ministro della Salute, di concerto con il Mef e la Conferenza Stato-Regioni, verranno decise le nuove modalità di nomina del presidente e delle due nuove figure apicali, il direttore amministrativo e il direttore tecnico-scientifico, istituite nel 2019 dalla riforma della ministra Grillo e mai nominate, e verranno anche accorpate le due Commissioni che si occupano di prezzi e rimborsi e della valutazione scientifica dei nuovi medicinali, dando vita a una sola Commissione scientifica ed economica del farmaco (Cse), composta da 10 membri.
Come sempre accade in questi casi, il licenziamento di Magrini ha provocato le consuete reazioni polemiche a livello politico. A pronunciarsi contro la decisione, via Twitter, è stato il segretario dimissionario del Pd Enrico Letta: “Su salute, protezione dei deboli c’è bisogno non di scelte faziose ma di continuità. La scelta è grave e sbagliata”. Immediata la reazione dell’opposto schieramento, di cui si è fatta carico la presidente dei senatori di Forza Italia, Licia Ronzulli: “Dopo 11 anni di gestione clientelare del potere Letta grida allo scandalo perché vengono legittimamente prese decisioni e scelte figure ritenute migliori per i vertici degli enti pubblici”.
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