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Edizione del 05/01/2023
Estratto da pag. 1
Come sta andando la partita italiana in Europa
Come sta andando la partita italiana in Europa Rassegna ragionata dal web su: il ruolo di paesi scandinavi e baltici in Europa, il rischio evanescenza di Bonaccini, il dialogo Draghi-Meloni Come sta andando la partita italiana in EuropaLodovico FestaCondividi Twitta Chatta InviaIl presidente del Consiglio, Giorgia Meloni (Ansa)Su Formiche Domenico Vecchiarino scrive: «Nel 1980 è stata fondata la Nuova Lega Anseatica (nome ufficiale: Städtebund Die Hanse), come “comunità di città attraverso i confini” in cui sono riunite 190 città di 16 paesi dell’Europa settentrionale con lo scopo di rafforzare gli scambi culturali e i rapporti economici, commerciali e del turismo. L’autonomia politica di molte città anseatiche, che all’epoca erano sottoposte solo all’autorità dell’imperatore e a nessun’altra autorità regionale, continua ancora oggi con le due città di Amburgo e Brema che sono anche delle regioni federali e hanno una rappresentanza al Bundesrat».Paesi scandinavi, Finlandia e Paesi baltici stanno esercitando un nuovo rilevante ruolo in Europa. Innanzi tutto la lotta per sfruttare le risorse del mare artico sta creando elementi di una divergenza di questa area dell’Europa con la politica estera sia di Berlino sia di Parigi, specialmente quella verso Mosca&Pechino. Formiche opportunamente ricorda come, in questo senso, la storia passata fornisca i materiali per disegnare quella futura.***Su First online si scrive: «Dopo l’ultimo consiglio direttivo del 15 dicembre, la Bce si riunirà nuovamente il 2 febbraio per decidere se varare un nuovo aumento dei tassi, di quale misura o se rallentare sulla via dei rialzi. La riunione sarà preceduta da un consiglio direttivo il 25 gennaio che non assumerà decisioni di politica monetaria ma che servirà comunque a sondare gli umori del Board sulla delicata questione dell’andamento dei prezzi. Non è detta l’ultima parola: se infatti crescono le pressioni sulla Banca centrale di Francoforte per frenare la risalita dei tassi in chiave anti-inflattiva, è presto per dire se i primi buoni segnali arrivati sul fronte dei prezzi saranno sufficienti per favorire una linea più prudente».Nonostante l’attivismo dei predicatori dell’eterna subalternità dell’Italia tipo lo sciagurato Mario Monti (a cui però tocca scrivere sulla Repubblica perché il Corriere della Sera ha assunto toni assai più moderati dei suoi) la partita italiana in Europa è ben diversa da quella del 2011: allora Barack Obama diede il via libera alla destabilizzazione del governo Berlusconi, Angela Merkel era nella sua fase triumphans e voleva distribuire tutte le carte, Nicolas Sarkozy approfittava della situazione per dare un colpo decisivo all’influenza dell’Eni in Libia. Ora l’amministrazione democratica di Washington considera un fedele alleato il governo Meloni, Olaf Scholz ha i suoi problemi e cerca un accordo per una politica industriale continentale che contenga gli effetti delle scelte di politica industriali unilaterali degli Stati Uniti, Emmanuel Macron tra le sue tante grane, ha quella maggiore della disfatta della decisiva politica africana della Francia messa in crisi anche (e forse soprattutto) dalla scelta sulla Libia. Naturalmente il governo italiano deve agire con responsabilità, ma la stagione dei “sì buana” avviata dai Napolitano e dai Monti pare proprio finita. E questo anche grazie a un Mario Draghi che pare non aver abbandonato il suo dialogo con Giorgia Meloni.***Su Huffington Post Italia Pietro Salvatori scrive: «C’è uno Stefano Bonaccini di lotta e uno di governo. Un Bonaccini presidente di Regione che lotta insieme ai suoi colleghi del nord a trazione leghista per l’autonomia differenziata, e poi un Bonaccini di governo, quello del Pd a cui ambisce, che si oppone fieramente alla riforma di Roberto Calderoli. Il ministro degli Affari regionali, con la sapienza che lo contraddistingue, mette oggi il dito nella piaga: “Vedo troppa propaganda – ha detto a un’intervista su La Stampa – Bonaccini contesta che anche istruzione e sanità possano essere materie oggetto del passaggio di competenze tra Stato e
Regioni quando, nel 2018, le chiedeva per la sua Emilia Romagna».Bonaccini sarà l’ennesimo leader “evanescente” del Pd come sono stati innanzi tutto quelli inventati da Goffredo Bettini cioè Nicola Zingaretti ed Enrico Letta? L’unica via per evitare questo destino è affiancare a un programma sociale di sinistra, una proposta “costituente” per l’Italia e sulla riforma dell’Unione europea rivolta alla maggioranza di centrodestra. Solo una visione nazionale e veramente europeista, e dunque aperta al confronto con l”avversario” può sfidare i figuranti riformisti come Carlo Calenda e Matteo Renzi, gli opportunisti come Dario Franceschini e Romano Prodi (con la loro mosca cocchiera Elly Schlein), e i neoperonisti di Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Dai suoi primi passi il presidente dell’Emilia-Romagna non pare avere il coraggio e il consenso necessari per sostenere una seria sfida politica.***Su Dagospia da un’intervista di Giuseppe De Rita a Mario Fabbroni su Leggo.it : «La colpa è soprattutto di una certa politica, che ha smesso da molto tempo di intervenire seriamente sulle crisi. Oggi si fanno solo battaglie di opinione, nessuno vuole sporcarsi le mani con i problemi autentici promettendo di risolverli definitivamente. Nel tempo abbiamo avuto Berlusconi, Renzi, Grillo: tutti frutto di ondate di opinione».Come spiega bene Platone il passaggio dalle opinioni alle idee è decisivo per far prevalere la ragione nella condotta delle cose umane. De Rita in questa intervista loda Giorgia Meloni perché è consapevole di questa situazione e interviene innanzi tutto sull’emergenza senza alimentare un nuovo astratto giro di folgoranti “opinioni”. Alla fine però anche lei dovrà fare i conti con la definizione concreta di “idee” per l’Italia (e l’Europa).