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Edizione del 03/01/2023
Estratto da pag. 1
La guerra infinita Zaia-Crisanti: bugie, insulti e depistaggi. Cosa dice l’inchiesta sui tamponi rapidi
SANITÀ E GIUSTIZIALe carte della procura di Padova dopo l’esposto del microbiologo. La mediazione di Merigliano , la lettera del dg di Azienda Zero e l’ira del presidente: «Passa per salvatore, voglio che si schianti»Dice che Crisanti gli ha «rovinato la vita attaccandolo all’infinito» anche se secondo lui i test rapidi «sono stati molto utili (...) una salvezza per i medici e per contenere la diffusione del contagio». È il 7 maggio del 2021 e il medico trevigiano Roberto Rigoli - ex responsabile delle microbiologie del Veneto nonché braccio destro del governatore Luca Zaia nella lotta alla pandemia - si sfoga al telefono senza sapere che il senso delle sue parole finirà in un brogliaccio della Guardia di finanza di Padova. È sotto pressione: ha capito che lo scontro col microbiologo dell’Università di PadovaAndrea Crisanti - divenuto nel frattempo uno dei virologi italiani più in vista - rischia di arrivare al punto di non ritorno. E intuisce che presto potrebbe essere chiamato a rispondere del perché nel 2020 - mentre il numero dei morti cresceva e il vaccino era ben lontano dall’essere realizzato - sostenne l’efficacia della prima generazione dei tamponi antigienici. Rigoli diceva di averne verificato l’elevatissima capacità di rilevare il Covid mentre per Crisanti avevano untasso di fallibilità così elevato da rischiare, al contrario, di favorire la diffusione del virus. Ma per il trevigiano il punto era un altro: intercettato il 12 maggio 2021 spiegava che, anche se «ci beccava otto volte su dieci... è molto meglio di zero su zero».L’inchiestaPer raccontare la maxi inchiesta della procura di Padova sull’impiego dei test in Veneto – e quindi su una delle principali risposte che la Regione mise in campo per contrastare la pandemia – occorre partire proprio dal clima di paura che si respirava in quei mesi tra lockdown, conferenze stampa quotidiane e tabelle che mostravano i numeri impressionante dei decessi. Rigoli (difeso dall’avvocato Giuseppe Pavan) ora è indagato assieme alla vicentina Patrizia Simionato (avvocato Alessandro Moscatelli) che all’epoca era la direttrice generale di Azienda Zero e che oggi guida l’Usl polesana. Il pm Benedetto Roberti li accusa di falso ideologico e del reato di «turbatalibertà di scelta del contraente»: in pratica, col loro comportamento, avrebbero pilotato l’acquisto di due grosse partite di tamponi da parte della pubblica amministrazione. Su Rigoli pende anche l’accusa di depistaggio.Crisanti e la AbbottL’indagine, inizialmente, non li riguardava. Nell’autunno del 2020 è Crisanti a presentare un esposto: due pagine e diversi allegati per dire che ha testato l’efficacia dei test rapidi prodotti dalla multinazionale Abbott e che in realtà essi non offrono adeguate garanzie di efficacia. Il 29 marzo 2021 viene sentito dagli investigatori e va all’attacco: punta il dito contro il fatto che «in ambito di Regione si è continuato fino a tutt’oggi a utilizzare i tamponi rapidi nelle strutture ospedaliere e nelle Rsa per il tracciamento del personale» nonostante «abbia effettuato degli studi che mi hanno portato a convincermi che non vengono rilevate le varianti del virus». La procura decide quindi di mettere sotto inchiesta per frode la Abbott, ordina una serie di perquisizioni e i finanzieri piazzano un localizzatore nell’auto della principale manager italiana della multinazionale, ma anche in quella di Rigoli. È chiaro che il pm vuole capire la natura dei rapporti tra il medico che spinge per l’impiego di quei tamponi e l’azienda che li produce. E qui, a scanso di equivoci, va detto che non emerge nulla di losco.I bandi e l’accusaIl 29 maggio 2021 Rigoli viene sentito dagli investigatori, e spiega che gli affidamenti diretti «sono stati portati a termine da Azienda Zero» in favore di Abbott e che «il sottoscritto è intervenuto solamente per valutare che fossero rispettati i requisiti di sensibilità e specificità indicati dalla Comunità Europea». E in quella «valutazione» sta il nodo di tutto. Perché è sulla base della presunta verifica sull’efficacia dei test condotta da Rigoli,
che Azienda Zero a fine agosto 2020 approva l’acquisto diretto di 200 mila tamponi rapidi Abbott per un costo di 900 mila euro. E il 14 settembre 2020 ne ordina altri 280 mila, per 1,26 milioni di euro. Ma la procura è convinta che quella valutazione non sia mai stata fatta. Il 9 giugno 2021 Rigoli viene nuovamente sentito: dice di aver testato i tamponi rapidi su 92 pazienti entrati nel pronto soccorso di Treviso e promette di portarne le prove. In realtà il 30 giugno è costretto ad ammettere che non riesce più a trovare la documentazione. Ma il problema è un altro: per la procura il medico spiega di aver utilizzato quei tamponi tra il 2 e il 29 agosto 2020 (e inizialmente - salvo poi rimangiarsi tutto - lo conferma anche l’allora primario del pronto soccorso) ma i finanzieri convocano i referenti di Abbott che spiegano come «l’utilizzo e la commercializzazione in Italia» di quei test sia avvenuta «solo a far data dal 28 agosto 2020». Come poteva Rigoli averne a disposizione un centinaio già all’inizio del mese? Lui nega tutto ma da qui nasce l’accusa di depistaggio alla quale risponderà in un eventuale processo: per il medico e la dg Simionato il 6 febbraio riprenderà l’udienza preliminare.Zaia e l’accusaSu questa brutta storia dei bandi di Azienda Zero e della presunta menzogna di Rigoli, entra la politica. Che tra Crisanti e Zaia non corra buon sangue, si sa da ormai due anni, quando entrambi provarono a intestarsi il successo del «modello Vo», con il tamponamento di massa degli abitanti del piccolo Comune padovano. Lo scontro è così accesso che perfino Rigoli se ne rammarica: «Si è perso il senso del confronto scientifico», si sfoga. Parlando al telefono, senza sapere che l’interlocutore è intercettato, Zaia spiega di avere in mano la relazione di un importante virologo («Me l’ha fatta gratuitamente») la cui teoria «smonta totalmente quella di Crisanti», anzi «lo smonta come un carciofo» perché definirebbe inadeguato lo studio del microbiologo: «la prima parte è scolastica» mentre la seconda «è palesemente artefatta per arrivare a una conclusione che non sta in piedi».L’inchiesta di ReportLa sera del 2 gennaio la trasmissione Report ha reso pubbliche altre intercettazioni del presidente: «Sono qua a rompermi i c. da sedici mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato accademico, per sistemare Crisanti!». A innescare la furia di Zaia è una lettera inviata da Roberto Toniolo, successore di Simionato in Azienda Zero, all’Università di Padova. Il Senato Accademico preparava una presa di posizione ufficiale in difesa di Crisanti, visto che la Regione aveva annunciato l’intenzione di querelarlo. A cercare una mediazione, attraverso Toniolo, è il responsabile della scuola di medicina Stefano Merigliano: vuole avere garanzie che la denuncia non sia stata presentata «perché se no anche la gente si rende conto che sta per far scatenare una guerra contro il nulla». Toniolo concorda («Non ne vale la pena») e fa pervenire una lettera in cui dice che non c’è alcuna querela, spingendo quindi lo stesso Crisanti a chiedere al Senato accademico di sospendere ogni iniziativa. Quando Zaia lo scopre si arrabbia: «Sono sedici mesi che prendiamo le misure a questo... abbiamo materiale e tutto e noialtri facciamo una lettera così (...) cioè questo qua fa il salvatore della Patria (...) tra un po’ ci diamo un bacio in bocca e vedrai che lui adesso farà un’intervista dicendo “no, ma vogliamoci bene”. E io faccio la parte del mona cattivo».