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Dir. Resp.
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Edizione del 01/04/2020
Estratto da pag. 1
Coronavirus. Tutti i nostri dubbi sulla finalit? “reale” dei test sierologici al personale sanitario
Bottega: “Se l’intenzione è quella di testare il personale non con lo scopo distabilirne l’eventuale positività e, quindi, i rischi per loro e i pazienti concui entrano in contatto, ma soltanto per reclutare unità da inserire neireparti Covid, senza protezioni, è chiaro che siamo ormai allo sbaraglio”[front5820785]01 APR - Gentile Direttore,nei giorni scorsi il Nursind, ha inviato una lettera al Presidente delConsiglio, alla Conferenza delle regioni e al Garante della privacy in meritoall’esecuzione, in via prioritaria, di test sierologici al personale sanitarioallo scopo di verificare eventuali immunità contro il coronavirus.Tale test pare non sia finalizzato a stabilire la positività alla malattia deldipendente, e quindi sapere se è infetto e allontanarlo dal lavoro. Tale test è finalizzato a stabilire se il sanitario sia “immune” al virus epertanto possa andare a diretto contatto con pazienti COVID senza contrarre, inlinea teorica, la malattia. Questo dato, se non correttamente protetto econdizionato, potrebbe essere utilizzato dal datore di lavoro per adibireall’assistenza dei pazienti Covid infermieri che siano risultati immuni e -ovviamente speriamo non succeda – in caso di carenza di DPI venga considerataprotezione sufficiente il risultato del test sierologico. Abbiamo chiesto se è intenzione del Governo o di qualche Presidente di regionepercorrere questa strada, da Nursind naturalmente non condivisa. Questosospetto parte anche da alcune dichiarazioni di presidenti di regione chedicono che il test sarà fatto prioritariamente a tutto il personale sanitario enon a un campione di esso o alla popolazione. Così come abbiamo sentito dire da altri che lo scopo è quello di poter fartornare al lavoro i dipendenti. Se si considera che le attuali norme nonprevedono la quarantena per il personale sanitario ma solo l’isolamento in casodi accertata positività (la Regione Lombardia non ha effettuato per più di unmese il tampone ai sanitari asintomatici) non si capisce chi deve tornare alavorare o, piuttosto, sembrerebbe chiaro che si individua un gruppo dilavoratori che, se a contatto con pazienti Covid positivi, anche senza DPI nonrischierebbero di contrarre la malattia. Nursind ritiene che sia importante chiarire ai sanitari diversi dubbiconsiderato che con le poche conoscenze sul virus che abbiamo (ci sono alcunicasi di recidiva e non sappiamo se l’immunità che si sviluppa è temporanea odefinitiva) non deve essere messa a rischio la salute e la vita degliinfermieri e degli altri sanitari. Vogliamo sapere se c’è chiarezza, a livelloscientifico, sul tipo di “immunizzazione” che si realizza. Ogni collaborazionesindacale che miri alla tutela dei lavoratori è per noi ben vista ma non si puòprescindere dalla chiarezza della finalità dei test diagnostici e dell’utilizzodel risultato in termini di difesa della salute degli infermieri lavoratori. La “schedatura” dei lavoratori in base alla “immunizzazione” ai fini lavorativiha il vago sapore di un metodo di selezione dei lavoratori contrario aibasilari principi etici di ogni società civile. Pertanto abbiamo chiesto al Governo e all’Istituto superiore di sanità disapere: se tali test vengono svolti per finalità scientifiche, da qualecomitato etico eventualmente sono stati autorizzati e se è garantitol’anonimato del campione. Al Garante della privacy abbiamo chiesto di sapere:chi è titolato a trattare il dato (il datore di lavoro? Il direttore di UOC? Ilmedico competente?) e per quali finalità può essere trattato, se al dipendentedeve essere chiesto il consenso informato per la raccolta del dato e se ildipendete può rifiutarsi di svolgere l’esame. Appare chiaro inoltre, ed è emerso in più casi durante questa emergenza, che ilruolo del medico competente sia stato completamente ignorato. Il trattamentodiagnostico sul personale sanitario ha avuto altri attori. Abbiamo anche avutocasi di direttori di Unità Operativa che hanno richiamato a casa infermieridalla quarantena comunicando la negatività del tampone. Ci chiediamo con qualeautorità hanno avuto accesso al dato di salute del la
voratore? Ci chiediamo chiha l’autorità per obbligare il dipendente a sottoporsi al test immunologico. Riteniamo che superiore al diritto positivo sia il diritto naturale di tutelarela propria vita.Riteniamo, in ogni caso, che l’infermiere non debba accedere alle aree COVIDsenza i necessari dispositivi di protezione individuale. Se ciò sarà richiesto,anche sulla base di un test immunologico, riteniamo sia doveroso e secondo ildiritto naturale la disobbedienza civile. Andrea BottegaSegretario nazionale Nursind01 aprile 2020