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Edizione del 29/12/2022
Estratto da pag. 1
Covid, test obbligatorio per chi viene dalla Cina
editorialista di Alessandro Trocino Buongiorno.Oggi, tra le altre cose, parleremo di Covid e Cina, della salute precaria di papa Benedetto, del decreto contro le ong sui migranti, della legge di bilancio, delle celebrazioni del Movimento sociale, dei poveri che non vogliamo vedere, di Iran, Russia e di Pd.Il Covid torna a far pauraPaura non solo per l’aumento costante dei contagi in Italia, ma soprattutto per la situazione della Cina che sembra fuori controllo. Quasi un cinese su cinque risulta positivo. Non si sa con esattezza il numero delle vittime, perché le autorità mantengono il segreto sui dati reali, ma quel che è certo è che l’epidemia ha assunto proporzioni molto ampie e, secondo i dati di alcuni istituti occidentali, ci sarebbero 5 mila morti al giorno. Dopo mesi di politica zero Covid e di restrizioni durissime, il governo cinese ha allargato le maglie, consentendo ai cittadini di viaggiare all’estero. E questa è la preoccupazione maggiore. Tanto che ieri il ministero della Salute Orazio Schillaci ha disposto l’obbligo di sottoporsi a test anti Covid per tutti i passeggeri in arrivo dalla Cina. Perché in Cina è esploso il contagio?Difficile dirlo con esattezza, ma abbiamo qualche indizio. Il basso numero di vaccinazioni, che lascia molti cinesi sprovvisti di qualunque forma di protezione. Solo il 48 per cento dei cinesi tra i 70 e i 79 anni e il 20 per cento degli over 80 hanno ricevuto tre dosi. Da noi la percentuale è molto più alta e ci protegge molto di più. Come ricorda l’opposizione al governo italiano, che non sembra avere i vaccini tra le sue priorità. La scarsa immunità: la politica di zero Covid ha protetto a lungo la popolazione, che ora però si trova sguarnita ed esposta. L’improvviso liberi tutti, deciso in conseguenza delle proteste, ha allargato le maglie consentendo la circolazione libera del contagio tra decine di milioni di persone. La scarsa efficacia dei vaccini cinesi. Sinopharm e Coronavac si sono dimostrati molto meno efficaci di quelli utilizzati in Europa e Usa.C’è da aver paura?C’è da essere cauti, più che da aver paura. Dalla nostra abbiamo un alto livello di vaccinazioni, che hanno dimostrato una buona efficacia soprattutto per prevenire decessi e patologie gravi. Ma i timori non mancano, per due ragioni. L’impennata dei contagi e le strutture a rischio Un aumento improvviso del numero dei contagiati in Italia può comunque avere conseguenze sulla salute di molte persone e sulla stabilità delle strutture sanitarie, già messe a dura prova. Che il virus viaggi veloce in queste ore è molto probabile, come dimostra anche una dichiarazione dell’assessore alla Sanità della Lombardia Guido Bertolaso: su un volo proveniente da Pechino il 52% dei passeggeri è stato trovato positivo. E i primi dati dal Lazio non rassicurano. Nuove varianti La circolazione del virus su milioni di persone, è il timore della comunità scientifica, può portare alla nascita di nuove varianti, dalla pericolosità e contagiosità incontrollata. Le previsioni sono pessime: si stimano picchi da 3,7 milioni di contagi al giorno a metà gennaio e 4,2 milioni al giorno a marzo. «Mentre nei primi due anni di pandemia si sono create nuove varianti con ceppi diversi tra loro (Alfa, Delta, Beta, Omicron) - spiega l’epidemiologo Paolo Bonanni - nell’ultimo anno si sono sviluppate solo sottovarianti di Omicron che rappresentano un segnale di tendenza all’endemizzazione del virus grazie ai vaccini». Ma questo segnale potrebbe essere smentito dalla nuova circolazione.Ma è sufficiente il test obbligatorio per chi arriva dalla Cina?Qui la risposta è purtroppo no, innanzitutto perché il test dà una certa percentuale di falsi negativi. E poi perché, come nota Leonard Berberi, sono molti i cinesi che arrivano facendo tappa in altri Paesi. Anzi, sono il 95 per cento. Alcune nazioni stanno istituendo test obbligatori, come l’India e il Giappone, altre come gli Usa ci pensano, ma l’Unione europea non ha ancora deciso alcuna misura comune.Benedetto XVI «è molto malato»Lo ha detto papa Francesco, che ha invitato i fed
eli a pregare per lui, con queste parole: «Una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa. Ricordarlo, è molto ammalato, chiedendo al Signore che lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine».Scrive Gian Guido Vecchi:«Joseph Ratzinger ha compiuto 95 anni il 16 aprile e da tempo, com’è del resto normale alla sua età, vive in condizioni di salute assai fragili. Prima di Natale, Francesco ne ha parlato come di “un santo, un uomo di alta vita spirituale”, e ha spiegato: “Lo visito spesso e vengo edificato dal suo sguardo trasparente. Vive in contemplazione… Ha un buon senso dell’umorismo, è lucido, molto vivo, parla piano ma segue la conversazione. Ammiro la sua lucidità. È un grande uomo”».Massimo Franco, che sulla vita segreta di Ratzinger ha pubblicato qualche mese fa uno splendido libro - «Il monastero» - , scrive nel suo retroscena:«Joseph Ratzinger è ancora, disperatamente, vivo. Anche se con i suoi quasi 96 anni potrebbe spegnersi da un momento all’altro. Anche se pensava di morire sei mesi dopo la rinuncia del febbraio del 2013, e il fatto di essere sopravvissuto così a lungo ha alimentato il mistero sulle vere ragioni delle sue «dimissioni» epocali. Nonostante la lealtà e il rispetto reciproco tra predecessore e successore, la sua longevità ha nutrito per quasi un decennio la leggenda destabilizzante dei due Papi».Manovra, il Senato vota la fiduciaLa legge di Bilancio, già approvata alla Camera, è arrivata al Senato, dove è stata posta la fiducia al testo blindato, arrivato senza relatore. Da questa mattina ci saranno le dichiarazione di voto. Il voto finale per la prima manovra economica firmata Giorgetti-Meloni è atteso entro le 12 di oggi.Si tratta di una manovra da 35 miliardi di euro, molti dei quali destinati a misure per imprese e famiglie contro il caro bollette. Ma nel Milleproroghe rischia di saltare la proroga dello stop agli aumenti per i nuovi contratti di gas e luce. Duri gli attacchi delle opposizioni che parlano di «manovra iniqua e ingiusta che toglie a chi non ha per dare a chi ha già, allargando le disuguaglianze» (Pd), di «legge senza prospettiva né visione, è una trimestrale di impegni di spesa pubblica (Azione-Iv), «che riporta indietro il Paese di anni su sanità e lavoro» (M5S).Si difende il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «È stata una guerra contro il tempo, in trenta giorni abbiamo fatto quello che di solito si fa in due o tre mesi».Pnrr, obiettivi raggiunti• Ieri il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Raffaele Fitto ha comunicato che sono stati raggiunti tutti i 55 obiettivi del Pnrr previsti per il secondo semestre 2022 che entro il 31 dicembre andavano raggiunti. In una nota, viene spiegato che alla data di insediamento del governo Meloni ne mancavano 30. A ieri, tutti i 55 sono stati raggiunti. Tra questi l’Agenzia di Cybersecurity; la società 3I (Inps, Inail e Istat); la riforma dei servizi idrici; il nuovo Codice dei contratti pubblici; la riforma dell’amministrazione fiscale.• Ora il governo può chiedere a Bruxelles la terza tranche di risorse pari a 19 miliardi di euro. Nei prossimi 6 mesi sono 27 gli obiettivi da raggiungere per avere una nuova rata da 16 miliardi: tra questi l’entrata in vigore della riforma della giustizia civile e penale. Il problema resta accelerare la spesa. Dei 40 miliardi da spendere nel 2022, la metà sono ancora fermi.• Il ministro Adolfo Urso, intanto, annuncia in un’intervista a Enrico Marro i due prossimi obiettivi del governo: riforma degli incentivi e spinta al made in Italy.Meloni, La Russa e le celebrazioni dell’MsiHanno provocato polemiche le dichiarazioni di Ignazio La Russa, che è presidente del Senato, e di Isabella Rauti, che è sottosegretaria alla Difesa. I due esponenti di Fratelli d’Italia hanno celebrato la nascita del Movimento sociale italiano. Ovvero le radici di Fratelli d’Italia, che pure ha imboccato una strada ben diversa (da leggere, qui sotto, Aldo Cazzullo). Parole, quelle di La Russa e Rauti, considerate sbagliate
e pericolose dall’opposizione. Paola Di Caro racconta che la premier non avrebbe chiesto alcun chiarimento a La Russa e che non avrebbe nulla da rimproverargli. L’unico rammarico: il fronte polemico che si è aperto con la comunità ebraica. Ne sapremo di più, forse, oggi, quando si terrà la prima conferenza stampa di fine anno della neo premier.Ma, intanto, La Russa risponde a Fabrizio Roncone e rivendica il suo diritto a esprimere un pensiero, con parole sue: «Me ne frego della liturgia! La verità è che, quando esprimo le mie idee, rosicano».Bonaccini sceglie Picierno per il tandemNon vuole chiamarlo ticket, ma tandem. Ma la sostanza è che Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria dem (il 19 febbraio ci saranno le primarie), ha presentato ieri la collega con la quale correrà: Pina Picierno. Un’europarlamentare già franceschiniana, a dimostrazione che le correnti sono una realtà ineludibile del Pd, ma sono anche case politiche mobili, simili a taxi, da prendere per passare alla successiva. Bonaccini ha lanciato una frecciata contro i big: «Si può essere utili anche tornando in panchina». E poi un colpo diretto a Franceschini, che si è schierato con Schlein: «Non polemizzo con Dario, ma io non sono mai stato in Parlamento e solo per sei mesi, dieci anni fa, ho fatto parte del gruppo dirigente». Franceschini aveva detto a Repubblica: «La generazione mia e di Bonaccini ha guidato il partito ai vari livelli dalla fondazione nel 2007 ad oggi e ora è giusto che lasci il passo».Bombe su Kherson e navi russe nel Mediterraneo• Il deputato ucraino Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente, ha pubblicato le foto del reparto di maternità dell’ospedale di Kherson dopo l’attacco russo. «Miracolosamente non ci sono state vittime» ha detto.• Il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis risponde così ai cronisti che lo interrogano: «Confermo la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi».• Paolo Valentino prova a fare chiarezza su uno dei tanti misteri di questa guerra, il sabotaggio del Nord Stream.Iran, Tajani e l’ambasciatoreDi certo, non sarà questo atto a far desistere l’Iran dalla repressione. Ma l’offensiva diplomatica italiana, con la convocazione dell’ambasciatore iraniano, è un gesto simbolico importante e atteso. «Uccidere una bambina di 12 anni, una di 14, un ragazzo di 17 non è questione di ordine pubblico», ha spiegato Antonio Tajani, dopo l’incontro nel quale ha consegnato al diplomatico le richieste dell’Italia all’Iran: blocco immediato delle esecuzioni, sospensione della repressione violenta delle manifestazioni e apertura di un dialogo con i manifestanti. «Esiste una linea rossa che non si può superare - ha detto Tajani - ed è quella della pena di morte: nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita. A maggior ragione per futili motivi».Codice Ong, norme più dureIl governo ha approvato per decreto il nuovo codice per le Ong che effettuano il soccorso in mare. Le norme contro cyber bullismo e violenza di genere sono state fatte cadere (non quelle sui rave, che sono passate), e ci si è concentrati sull’immigrazione. Regole e sanzioni sono previste sia per il comandante della nave sia per l’armatore. Ma ci sono anche norme semplificate per la richiesta di asilo e di permesso di soggiorno o per chi dimostrerà di avere i requisiti. Qui il dettaglio, di Fiorenza Sarzanini.Tra le norme, c’è l’obbligo di chiedere il porto di sbarco all’Italia immediatamente dopo aver effettuato il primo salvataggio, il che rende molto difficili i salvataggi plurimi. Le sanzioni per violazioni vanno da 10 mila a 50 mila euro e si estendono all’armatore e proprietario della nave. Sono previsti fermi amministrativi fino alla confisca dei mezzi.Protestano le associazioni di volontari che salvano vite in mare. Dice Rossella Miccio, presidente Emergency: «Ci chiedono di decidere chi salvare e chi far morire, è una scelta che non possiamo e non vogliamo fare».La premier Meloni ha provato a mediare
tra le diverse posizioni, come racconta Monica Guerzoni. Che aggiunge: «Ad alcuni ministri la questione non appare così prioritaria, dal momento che solo il 16 per cento dei migranti arrivano sulle coste italiane a bordo delle navi delle associazioni umanitarie, ma per il governo della destra ha un forte significato politico».La protesta in tv a Kabul, docente strappa le sue lauree«Da quando ci sono i Talebani, l’Afghanistan non è più un posto dove ci si può istruire, se mia madre e mia sorella non possono studiare io non accetto di insegnare». Il professor Ismail Meshal, docente all’Università di Kabul, mostra ad una ad una le sue lauree su Tolo Tv, l’emittente indipendente adfgana, e poi le fa a pezzi. Un video subito condiviso da moltissime persone sui social.Folla mai vista alle mense per poveriimageDistribuzione di alimenti al Pane Quotidiano, a Milano (foto Mourad Balti Touati / Ansa)La foto sopra non rende neanche troppo l’idea di quel che sta accadendo alle mense per poveri: a Natale diecimila persone si sono messe in fila per ricevere qualcosa da mangiare. Per capire meglio, il racconto di Elisabetta Andreis e Giampiero Rossi.Da leggere sul giornale• L’intervista a Selvaggia Lucarelli di Renato Franco• L’intervista a Francesca Vecchioni di Elena Tebano• Il viaggio tra le monache di clausura di Elvira SerraDa leggere su 7Mahsa Amini e Volodymyr Zelensky sono i volti che rappresentano la gioventù iraniana e il popolo ucraino. Sono anche due nomi-simbolo della capacità di reagire. Protagonisti della doppia copertina con cui 7 si presenta domani in edicola per l’ultimo numero del 2022. Due cover, a scelta, ma un unico spirito: un elogio del coraggio.Da ascoltare / Corriere DailyNel terzo degli episodi speciali del podcast Corriere Daily che ripercorrono il 2022, Gaia Piccardi racconta l’addio al tennis di Roger Federer, con l’annuncio su Instagram e l’ultima partita-esibizione finita tra le lacrime (di tutti, Rafa Nadal compreso). Carlos Passerini analizza invece il declino di CR7, che da campione imprescindibile si è trasformato in problema, nelle squadre di club e pure in Nazionale. In quello stesso Mondiale che si chiude con la beffa finale del trionfo dello storico rivale Leo Messi.Buona lettura e buon giovedì!(In sottofondo, Desolation Sound, perché ogni tanto un po’ di malinconia fa compagnia e il sax di Charles Lloyd, segnalato anche da Claudio Sessa, è perfetto. Lo trovate come sempre nella nostra playlist jazz, Il Punto 2022 Corriere della Sera. Cento brani per quasi nove ore di musica).Siamo la Redazione Digital:gmercuri@rcs.it, langelini@rcs.it, etebano@rcs.it, atrocino@rcs.it Governo e Parlamento, separati in casaeditorialista di Sabino Cassese Da che cosa dipende la confusione dei giorni scorsi, nel corso dell’approvazione parlamentare del bilancio di previsione dello Stato per il 2023? I motivi contingenti sono noti. Il governo ha avuto solo due mesi per preparare il bilancio. La compagine esecutiva è fondata su una coalizione instabile, la cui coesione va verificata giorno per giorno. La spesa è in larga misura destinata a compensare il rincaro delle fonti di energia, e quindi si tratta di decidere sulle restanti somme, di ammontare limitato.In Parlamento e nel governo vi sono «homines novi», con scarsa esperienza delle complesse procedure e poca competenza sulla intricata materia della finanza. Infine, il Parlamento, quando approva il bilancio, è alle prese con la decisione di gran lunga più difficile, sulla quale si misura il suo rapporto con il governo (per la Costituzione, solo il governo può presentare il progetto di legge di bilancio) e si determina la vita dello Stato (la finanza condiziona l’amministrazione, e quindi l’attuazione delle leggi, grazie al «potere della borsa»). (continua qui) Qualche dato oggettivo sulla storia del Msieditorialista di Aldo Cazzullo Caro Aldo,fa una certa impressione leggere le parole della seconda carica dello Stato che celebrano l’anniversario della nascita del Msi. Sostenere che quel partito e i suoi aderenti abbiano avuto «idee rispettose della Costit
uzione italiana» è un’affermazione antistorica e nessuna rievocazione può cancellare fatti ed eventi che collocano il Msi nel solco della tradizione fascista. Sarebbe opportuno ricordarlo e tenerlo sempre a mente.Giorgio SirantiCaro Giorgio,ognuno ha la propria storia e la propria memoria, e non la può cambiare. Non si vede perché gli ex missini dovrebbero farlo proprio ora che hanno stravinto, senza neppure dover cambiare simbolo. Forse lei sottovaluta quel che è accaduto il 25 settembre scorso. Il partito della fiamma tricolore (che non è un simbolo fascista, ma è lo storico simbolo del postfascismo italiano) ha preso oltre un quarto dei voti, staccando nettamente il secondo partito, il Pd, superato persino nell’ex rossa Toscana; e a differenza del Pd è riuscito ad aggregare alleati, ottenendo una vittoria politica ancora più netta di quella numerica.Tutto questo conferma che la maggioranza degli italiani non ha un giudizio storico negativo del fascismo, oppure non si pone il problema. E l’antifascismo sta loro antipatico, perché lo considerano — a torto — una «cosa di sinistra». Mi limito ad aggiungere alla discussione qualche dato oggettivo.Il Msi non nasce dal fascismo «istituzionale», quello dei Patti lateranensi e di Dio patria famiglia (slogan non tecnicamente fascista). Nasce dal fascismo di Salò, alleato con i nazisti. Fin dall’acronimo: Rsi sta per Repubblica sociale italiana; Msi per Movimento sociale italiano. Il partito aveva due anime. Una, ispirata da Arturo Michelini, borghese, atlantista, filoamericana, filoisraeliana. L’altra, ispirata da Pino Rauti, antiborghese, antiatlantica, filoaraba (filoarabo era anche Pino Romualdi, uno che si proclamava figlio naturale del Duce). Prevalse la prima anima, anche grazie alla scelta di Giorgio Almirante che, dopo essersi scontrato con Michelini al congresso del 1963, strinse con lui un accordo, rompendo con Romualdi (il destino li riunì: Romualdi e Almirante sarebbero morti a un giorno di distanza, il 21 e il 22 maggio 1988).Dopo Almirante divenne segretario il giovane Gianfranco Fini. Ma Rauti lo scalzò, sia pure per un breve periodo. Riconquistata la segreteria e vinte con Berlusconi le elezioni del 1994, Fini avviò una revisione storica, con un’aperta abiura del fascismo, che avrebbe dovuto condurlo a Palazzo Chigi; terminò la sua parabola conquistando lo 0,4%, con un partitino alleato di Monti. Per non sostenere il governo Monti, Giorgia Meloni e i suoi fondarono Fratelli d’Italia.Le leggi razziali sono del 1938. La Rsi rappresenta uno stadio successivo della tragedia, quando gli ebrei italiani venivano mandati ad Auschwitz, compresi i bambini veneziani di tre e quattro anni (la razzia del ghetto di Venezia non è un crimine tedesco, è opera di italiani). Inoltre, le leggi razziali e la guerra non sono un impazzimento di Mussolini, non sono l’inspiegabile devianza di un regime fin lì buono e lungimirante; sono l’esito naturale del fascismo, in cui è insita l’idea di una razza che si impone su un’altra, di una nazione che si impone su un’altra. Francesca Vecchioni e il coming outeditorialista di Elena Tebano «A dire la verità non avevo nessuna intenzione di fare coming out con mio padre, perché avevo paura della sua reazione. È stato lui che è venuto a chiedermi». Francesca Vecchioni, 47 anni, figlia del cantautore Roberto Vecchioni e presidente della Fondazione Diversity — no profit che promuove la cultura dell’inclusione nei media, nelle aziende e nella società — ricorda così il giorno in cui ha detto a suo padre di essere lesbica.Come è successo?«Era maggio, io ero appena uscita dall’adolescenza. Mi chiese se frequentavo qualcuno: mi rovesciai addosso il succo che stavo bevendo. Fino ad allora non avevo detto nulla della mia vita sentimentale: non volevo mentire e quindi omettevo».Cosa rispose?«Che era complicato. Si allarmò subito: “Perché non me lo vuoi dire, cosa c’è che non va? È un drogato, un poco di buono?! Non sarà mica in galera, vero?”. Era troppo, non potevo non dirglielo: “È che non sto con un uomo, papà, sto con una donna!”. Rimase un attim
o in silenzio. Poi mi disse: “Ma vaff... mi hai fatto spaventare... Non sapevo più cosa pensare! Ma non me lo potevi dire subito?!».Era preoccupata che non la accettasse?«Si ha sempre paura di fare coming out: dipende dalle aspettative che credi che i tuoi genitori abbiano su di te. Ma le aspettative sono plasmate dalla società e quindi siamo noi stessi responsabili di questa cosa: la politica, i media e ognuno di noi. Era così anche trent’anni fa: oggi dovrebbe essere diverso... (continua sul giornale) La rivolta di Calvino e Pasolinieditorialista di Paolo di Stefano Da che mondo è mondo (si fa per dire), ci sono i pasoliniani e ci sono i calviniani. Come se tra i due «partiti» non ci fosse possibilità di dialogo. Semplificando molto, Pasolini significa immersione del corpo nella lotta, Calvino incarna l’osservazione del mondo (da fuori); Pasolini è passione tragica, Calvino è ragione illuminista con una componente anche giocosa; Pasolini è espressività esorbitante, Calvino è rigore dello stile.Ora che si è chiuso l’anno di Pasolini, si apre il centenario di Italo Calvino. Erano due modi di pensare la letteratura e due modi di pensare la vita: per gli approssimativi, erano l’uno l’imprudenza della passione, l’altro la prudenza del raziocinio. Anni fa, la studiosa Carla Benedetti mise in netta opposizione i due punti di vista in un libro intitolato Pasolini contro Calvino, dove schierandosi dalla parte del primo, scrittore «impuro», accusava il secondo di essere «integrato nell’istituzione letteraria». Si tratta comunque, e questo nessuno può negarlo, di due dei maggiori intellettuali (oltre che scrittori) del nostro tempo (se ancora il secondo Novecento si può ritenere a noi contemporaneo).Polemizzarono più volte tra loro. In un’intervista del 1974, Calvino disse di non condividere il «rimpianto di Pasolini per la sua Italietta contadina», che aveva aspetti detestabili. Per Pasolini l’Italietta era quella piccolo-borghese ed eternamente fascista del boom economico e del consumo omologante. Se Pasolini lo fu in termini più eclatanti, anche Calvino è stato un critico della modernità: quello che forse è il suo capolavoro, Le città invisibili, oppone al sogno di un equilibrio nella convivenza umana la vischiosità e il disordine prefigurando il collasso della società urbana. Come Pasolini, anche Calvino è stato molto letto rimanendo molto inascoltato.Aveva ragione Alberto Asor Rosa nel definirli due grandi sconfitti. Celebrarli è celebrare una sconfitta comune. Zaccagnini, la voce della musicaeditorialista di HELMUT FAILONI Amava la voce del soprano tedesco Elisabeth Schwarzkopf che lui chiamava «la signora», ma se serviva non si sarebbe tirato indietro nemmeno di fronte alla versione punk di God save the Queen urlata dai Sex Pistols. Stupiva sempre Guido Zaccagnini, il grande storico della musica (definizione che ironicamente ha sempre preferito a quella di musicologo), scomparso improvvisamente l’altra notte, a 70 anni, nella sua amatissima Roma, dove era nato nel 1952 e dove viveva.I ragionamenti di Zaccagnini aprivano finestre su finestre, piccole e grandi, coglievano di sorpresa zigzagando con sottilissima intelligenza fra ogni genere, anche se lui era fondamentalmente (e con fierezza) legato alla musica classica. Che ha raccontato per decenni — con quel suo approccio, inconfondibile come la sua voce, colto (auto)ironico e divertito — agli ascoltatori di Rai Radio3, che lo attendevano davanti ai loro apparecchi come si aspetta la voce di un amico che ti fa capire Bach e Beethoven, Strauss e Schönberg, e magari ti fa anche scoprire inaspettate irriverenze sonore. Si era laureato con il compositore Aldo Clementi al Dams, diplomato in pianoforte. Ha insegnato all’università Roma Tre e al Conservatorio di Santa Cecilia, fondato e diretto l’ensemble Spettro Sonoro, con cui ha registrato l’opera omnia musicale del filosofo Friedrich Nietzsche, scritto alcuni libri (e curati altrettanti), fra cui Una storia dilettevole della musica (Marsilio, 2022) in cui raccontava offese e ingiurie fra compositori.