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Edizione del 16/12/2022
Estratto da pag. 1
Da eroi a dannati, il disperato appello dei medici che incontrano il ministro Schillaci
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Oggi i medici sciopereranno e i rappresentanti sindacali di settore incontreranno per la prima volta, nel pomeriggio, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, con la speranza di intervenire sulla legge di Bilancio. «Più probabilmente ci faremo gli auguri di Natale», ironizzano in piazza Pierino di Silverio di Anaao Assomed e Andrea Filippi, della Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn, perché finora nessuno ha dimostrato di ascoltarli.

Ieri hanno manifestato a Roma, in piazza Santi Apostoli, circa 700 dirigenti medici, uniti dallo slogan “Salviamo la sanità pubblica”, perché la manovra va a colpire ancora una volta il sistema sanitario nazionale senza prevedere la possibilità di un reale incremento di assunzioni o stanziamenti che facciano presagire un miglioramento del servizio.

A oggi i medici di medicina generale (medici di famiglia, medici del 118 e “guardie” mediche) sono solo 33mila. Chiamati a coprire il fabbisogno di circa 50 milioni di italiani, escludendo i bambini fino ai 14 anni che possono usufruire del pediatra. I sindacati chiedono che siano portati a 50mila in tempi rapidi.

«A questo si aggiunge che il rapporto popolazione assistiti varia. In Lombardia si sono estesi sopra il limite contrattuale: uno ogni duemila abitanti. Altre zone d’Italia sono sguarnite», aggiunge Filippi. Le liste d’attesa per le visite specialistiche ormai superano i 18 mesi. Tra il 2010 e il 2020 hanno chiuso 111 ospedali, tra il 2010 e il 2019 sono stati tagliati 80mila posti letto.

Oltre ai numeri, il problema sono anche le condizioni di vita del personale sul posto di lavoro. Complice il Covid-19 la situazione è arrivata allo stremo: tra il 2019 e il 2021 si sono licenziati 8mila medici. «Questo era considerato un posto pubblico ben retribuito, non avevamo mai visto così tanti licenziamenti», aggiunge Filippi.

E la flat tax per il settore privato non aiuta. I medici cosiddetti “a gettone”, a cui le Asl sono costrette a ricorrere, guadagnano molto di più dei dipendenti pubblici. I preventivi hanno raggiunto un importo medio orario per turni di servizio che va da 135 a 150 euro. Mentre un medico di pronto soccorso guadagna dai 2.600 ai tremila euro. Una questione su cui di recente è intervenuta anche l’autorità anticorruzione Anac, che ha deciso di inviare una lettera al ministero dell’Economia, al ministero della Salute e alla Conferenza delle regioni mettendosi a disposizione per contribuire a un tavolo tecnico.

Se da una parte servono assunzioni in ambito pubblico – «bisognerebbe riformare il settore e renderlo più attrattivo», concordano le sigle – l’emergenza è più evidente nei pronti soccorsi, dove i concorsi sia per le assunzioni sia per le scuole di specializzazione hanno pochissimi partecipanti.

«In pronto soccorso convergono le conseguenze di tutti i tagli fatti negli ultimi 20 anni, sono pazienti che si accumulano», racconta Fabio Di Fazio, medico d’emergenza-urgenza e delegato sindacale al Sant’Eugenio di Roma. La maggior parte dei malati che vede ogni giorno, spiega, avrebbe bisogno di un medico di famiglia o di un ambulatorio: «Sono codici bianchi o verdi, ma questi pazienti utilizzano il pronto soccorso perché non hanno alternative». E così «mentre sto assistendo un codice rosso in fin di vita, devo assistere un paziente che deve fare un intramuscolo per una lombosciatalgia».

Questo, unito alla carenza di posti letto, fa sì che alcuni pazienti arrivino a stazionare in pronto soccorso per una settimana. «Non sono i medici contro i pazienti, questo è quello che continua a fare la politica da oltre vent’anni».

Una manifestazione intersindacale non si vedeva dai tempi del governo Berlusconi, il settore è allo stremo, denunciano, e il Covid-19 non ha cambiato le cose. «Prima eravamo angeli, forse oggi siamo diavoli. Siamo pronti a continuare a scioperare e a manifestare finché non ci ascolteranno», preannuncia Di Silverio. «Il problema è strutturale».

La Nota di economia e finanza prevede per il 2025 uno stanziamento sul Pil del
6,1 per cento, ancora più basso rispetto a quello del governo Renzi che aveva fatto segnare un record negativo (6,4 per cento). L’incremento dei fondi per il settore, 2 miliardi per il 2023, sarà speso quasi interamente per le bollette.

Oggi, nel giorno dell’incontro con Schillaci, si svolgerà lo sciopero del settore medico, che ha unito Cgil e Uil. Non la Cisl, che avrebbe notato aperture da parte del governo. «Ma resta il fatto che finora non c’è nulla nella legge di Bilancio», ripete Di Fazio.

Il primo segnale per il settore sarebbe sbloccare il contratto nazionale, fermo al ministero dell’Economia. Mentre la richiesta che sperano di vedere accolta nella manovra è «lo sblocco dei limiti di spesa regionali per l’assunzione dei medici». I tempi sono strettissimi, secondo il relatore del ddl al Senato, Roberto Pella, venerdì dovrebbe arrivare un maxiemendamento del governo che si trasformerà in un emendamento dei relatori, in modo da aprire ai sub emendamenti dell’opposizione e far sì che da sabato si inizi a votare. Se non ce la faranno, i rappresentanti del settore puntano comunque ad avere risposte nell’immediato futuro. «Almeno un ordine del giorno oppure un tavolo di prospettiva sindacale per riformare la sanità. Finora il ministro ha preferito avviare un tavolo con le società scientifiche. È un ministro o ancora un rettore?», chiede Filippi.

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Giornalista di Domani. Nasce a Patti in provincia di Messina nel 1988. Dopo la formazione umanistica tra Pisa e Roma e la gavetta giornalistica nella capitale, si specializza in politica, energia e ambiente lavorando per Staffetta Quotidiana, la più antica testata di settore.

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