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Edizione del 30/11/2022
Estratto da pag. 1
Pd, il passo avanti di Schlein che convoca «i suoi» a Roma. Bonaccini frena sull’autonomia
La deputata pronta alla candidatura al congresso: «Faremo proposte concrete». Il presidente e la riforma cara alla Lega: «No a una formula che...
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«Abbiamo bisogno di vederci con le tante persone con cui ci siamo scritti e sentiti in queste settimane dentro il Pd e il suo processo costituente, come fuori. Abbiamo bisogno di confrontarci attorno a quella visione di futuro fatta di proposte concrete che vogliamo portare come contributo a questo percorso, abbiamo bisogno di organizzarci, di costruire insieme una nuova strada, che parta da noi e attraversi il Paese per cambiarlo». L’ex vicepresidente della Regione Elly Schlein rompe gli indugi e, via Instagram, chiama a raccolta le truppe domenica mattina al Monk di Roma per lanciare la sua corsa al congresso del Pd. La conferma di un derby emiliano-romagnolo che si profila per il Nazareno, visto che in campo c’è già il governatore Stefano Bonaccini (senza dimenticare la deputata piacentina Paola De Micheli).



Stefano Bonaccini ed Elly Schlein

Sfuma così l’ipotesi di un ticket tra i due ex colleghi di giunta, come d’altronde ha fatto intendere lunedì sera il governatore intervistato dalla stampa bolognese al salotto di Patrizia Finucci Gallo all’hotel Il Guercino. «Non mi permetterei mai di dire a un’altra persona che deve stare con me o sotto di me», lo stop di Bonaccini, che pesca nei ricordi il primo incontro con l’attuale deputata indipendente dem: «Ho conosciuto Elly nel 2014 quando mi occupai per Matteo Renzi delle liste per le Europee. Faceva parte del gruppo di Civati, arrivò sesta... ma si prese quasi il 41% e venne eletta». Comunque andranno le cose, assicura, «non mi sentirete mai parlare male di Elly o di altri. Sono contento che abbia deciso di rientrare nel Pd e venire a rafforzare un partito che non gode di una salute straordinaria. Spero che come lei tanti si aggiungano, abbiamo bisogno di forze fresche». E in tanti, al momento, sembrano volersi aggiungere alla lista dei candidati. Non il sindaco di Firenze Dario Nardella, per cui si prevede un endorsement a Bonaccini.

La sinistra e Matteo Ricci Però c’è la sinistra dem che guarda al primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci. «Orlando e Bettini si vogliono schierare con Ricci? Va bene...», fa spallucce il governatore prima dell’intervista, seduto a cena tra il deputato Andrea De Maria e il segretario regionale dem Luigi Tosiani. Non sembra temere gli sfidanti, d’altronde Bonaccini parla guardando già oltre le primarie del 19 febbraio: «Il primo banco di prova per il Pd saranno le Europee del 2024». La vera preoccupazione, assicura, è il destino del partito. «Non temo che scompaia, ma che possa diventare irrilevante», poi ricorda con orgoglio la sua parabola di uomo della sinistra. A partire dalla felicità per la svolta che si consumò proprio qui, alla Bolognina, nel 1989. «Quando sentii annunciare da Achille Occhetto che avremmo cambiato nome e simbolo tornai a casa felice dai miei genitori. Loro piangevano». Adesso tocca al Pd cambiare, con un congresso costituente, anche se i tempi non sono brevi come sperava Bonaccini. «Un partito che ci mette quattro-cinque mesi a fare un congresso — scuote la testa — è un record nel mondo. Penso che si potrebbe trovare una via di mezzo». Serve un Pd più rapido e più chiaro nelle sue scelte, ma soprattutto rinnovato nella sua classe dirigente. «Io penso che vada cambiato il gruppo dirigente nazionale», dice il governatore-candidato, facendo aleggiare echi di una rottamazione 2.0 dopo la lunga scia di delusioni alle urne. «C’è un gruppo dirigente che è stato sconfitto per troppi anni. Ma vi pare normale che nessun dirigente nazionale del partito si sia candidato in un collegio uninominale per andarsi a prendere i voti uno a uno?». Al loro posto, dice, «se diventassi segretario pescherei a piene mani in una classe dirigente locale già pronta. Abbiamo tenuto in panchina troppi amministratori che hanno dimostrato di essere apprezzati».

Barricate sull’autonomiaInfine l’autonomia regionale, un fronte su cui il presidente dell’Emilia-Romagna è pronto anche alla marcia indietro se il ministro Roberto Calderoli non da
rà le garanzie che chiede. «Se qualcuno darà l’autonomia per mettere in difficoltà alcune Regioni e favorirne altre noi faremo le barricate», annuncia Bonaccini, a cui sta ormai stretto il ritratto di governatore autonomista senza se e senza ma. «La nostra proposta venne scritta insieme a tutte la parti sociali, l’autonomia può avere valore a precise condizione. Bisogna definire i livelli essenziali delle prestazioni, deve essere coinvolto il Parlamento, non bisogna più parlare di residui fiscali, perché quella si chiama secessione, e bisogna togliere materie divisive come la scuola. Se non ci saranno queste condizioni sarò il primo a dire che non voglio l’autonomia».

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30 novembre 2022 (modifica il 30 novembre 2022 | 08:17)

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