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Edizione del 22/11/2022
Estratto da pag. 1
Bonaccini, popolare ma non populista, in campo è un finalizzatore. Ora si gioca la partita della vita
Un emiliano pratico e vincente (per ora) alla conquista del Nazareno
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I giornali nazionali lo hanno definito «il provinciale figlio del popolo che fa paura alle correnti» ma è una definizione un pochino limitata che può andare bene giusto se fatta da Roma. Perché Stefano Bonaccini, classe 1967, guida da otto anni una regione di 4,5 milioni di abitanti tra le più avanzate in Europa, è stato presidente della conferenza Stato-Regioni e ha fatto il braccio destro di Renzi (che lo definiva «il Bruce Willis di Campogalliano») quando il senatore di Firenze aveva il sole in faccia. Con una battuta un po’ cattiva si potrebbe dire che al Nazareno, visto il contatto con la realtà dimostrato alle ultime Politiche, considerano provincia tutto quello che è fuori dal Nazareno ma non è questo il punto. Perché in quell’espressione, meglio calibrata, può stare anche la forza della candidatura di Bonaccini che il prossimo 19 febbraio alle primarie del Pd ha preso appuntamento con la partita della vita. Qualche mese fa quando in un’intervista su questo giornale gli si chiedeva della sua candidatura a segretario nazionale del Pd, lui rispondeva così: «Io sono un ragazzo di Campogalliano, ho già avuto tutto, già guidare l’Emilia-Romagna è stato un onore».



La forza della sua candidaturaCome a dire che lui c’era, ma c’era solo se si fossero create le condizioni politiche. Bonaccini fa parte di quella generazione che sa che il destino personale viene sempre dopo l’interesse generale del partito e del Paese. Eppure era da un po’ che ci aveva fatto un pensierino. Da quella volta (quando poi si candidò Nicola Zingaretti) che, parafrasando Andreotti, aveva confessato ai suoi: «So di non essere alto di statura ma non vedo giganti attorno a me». Ha saputo aspettare il suo turno, ha aspettato Zingaretti, ha aspettato Enrico Letta e ora, guardandosi ancora in giro pensa che tocchi a lui. Provinciale non è l’aggettivo corretto per definirlo ma c’è una cifra nella traiettoria politica di Bonaccini che lo distingue dai predecessori e può aiutarlo moltissimo in un momento come questo. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: il profilo del governatore emiliano è quello di un riformista, democratico e liberale: ha sempre governato con un’alleanza larga che va dalla sinistra a Calenda e Renzi. Tanto per capirci: il rigassificatore a Ravenna si fa, le opere (a partire dal Passante di Bologna) si fanno e la posizione sulla guerra non è per niente complessa ma semplicissima: stiamo con l’Ucraina ed è giusto fornirle le armi. Il suo capolavoro semmai è stato governare serenamente con la sinistra e far digerire infrastrutture e rigassificatori senza che succedesse niente. Finora gli è sempre riuscito l’all in costruendo un campo largo senza nessun vento contrario. E pure i rapporti con i Cinque Stelle non sono pessimi. Fatta questa premessa, torniamo alla dote che gli può servire moltissimo in questo momento: non è populista ma è popolare e a differenza di alcuni dirigenti del Pd è difficile trovarlo chiuso nei Palazzi. «Vado sul territorio», è l’espressione magari un po’ burocratica che usa più spesso con i suoi. Circoli, sezioni, fabbriche, bar, polisportive, piccoli centri, non c’è un metro di territorio che non lo abbia visto arrivare magari una domenica mattina a mangiare le crescentine. Addirittura, nell’epoca demagogica del grillismo imperante sui costi della politica, il territorio lo aveva girato a bordo di una Seat Ibiza macinando migliaia di chilometri. Ironia del destino, dopo una vita a mangiare Rustichelle negli autogrill, è finito nell’inchiesta delle spese pazze ma poi, scontrini alla mano, è stato archiviato. Ora si gioca la partita della vita e non ci arriva impreparato. Fino alla soglia dei 40 anni ha giocato a calcio, attaccante e finalizzatore. In politica ha giocato sempre diversamente: uomo di squadra, mediano di sacrificio, palla orizzontale o all’indietro, attenzione alla difesa. Nel suo nuovo ruolo dovrà provare le verticalizzazioni o le «imbucate» come si dice oggi. Dovrà imparare anche a non arrabbiarsi troppo per
le critiche, soprattutto sui social, ma questa è un’altra storia.

La sua crescitaLa consapevolezza che poteva giocare la sua partita nazionale l’ha avuta dopo aver battuto Matteo Salvini, (la candidata era Lucia Borgonzoni) alle Regionali del 2020. Andò a dormire con sondaggi che pronosticavano la vittoria leghista nella ex regione rossa ma il giorno del voto vinse lui. Sul suo profilo compare sempre una frase che ama ripetere: «Gli aquiloni si alzano in volo quando il vento è contrario», e in quei giorni di inizio 2020 il vento non era certo favorevole e tirava forte verso il Capitano che poi esagerò nel finale. A un passo dalla vittoria. E poi non è stata una passeggiata nemmeno dopo: perché Bonaccini ha dovuto affrontare l’incubo del Covid in una delle regioni più colpite al mondo nella fase iniziale del virus. Fare il segretario del Pd, se vincerà le primarie, non sarà una passeggiata ma qualche esperienza amministrativa e politica può dire di averla già superata. Una cosa è sicura: andiamoci piano con la storia del provinciale perché altrimenti il governatore vi porta lungo la via Emilia e vi fa notare che guida una Regione prima in Italia per molti indicatori e che nello spazio di pochi chilometri ospita la Lamborghini, la Ferrari, la Ducati e la Philip Morris. Provinciale a chi?

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22 novembre 2022 (modifica il 22 novembre 2022 | 07:29)

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