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Dir. Resp.
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Edizione del 17/11/2022
Estratto da pag. 1
Il presidente della Regione spiega le motivazioni del dissenso
Nella Conferenza Stato-Regioni in programma oggi a Roma la Regione Campania chiederà il ritiro del ddl sull’Autonomia differenziata presentato dal ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli. Lo ha annunciato ieri il presidente Vincenzo De Luca illustrandone i motivi nel corso di una conferenza stampa nella sala De Sanctis di Palazzo Santa Lucia. Su tale bozza, ha detto il presidente della Regione Campania, “non ci sono margini d’intervento, è inemendabile” e per tanto “va ritirata. Il nostro dissenso – ha continuato De Luca – è totale. E questo per 4 o 5 ragioni. La prima è un esautoramento del Parlamento italiano, della Conferenza delle Regioni e del Ministero dell’Economia. L’ipotesi Calderoli prevede solo una consultazione, un parere della commissione parlamentare di cui il governo può non tenere conto. Tutto si riduce a un rapporto a due tra Presidente del Consiglio e Presidente della Regione. Il Ministero dell’Economia ha 30 giorni di tempo per esprimere il suo parere, poi si va nel silenzio assenso su una materia così delicata. Il Parlamento viene svuotato di poteri”.
Altro punto centrale riguarda i livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti Lep, così come riportato nel documento della Regione inviato alla Conferenza. In bozza, ha spiegato De Luca, “ci si dà un anno per definirli, trascorso il quale si va avanti comunque. È intollerabile che si faccia una proposta di Autonomia differenziata senza la preventiva definizione dei Lep. Dobbiamo sapere prima quali sono le prestazioni da garantire in maniera equa a tutti i cittadini italiani e poi si può procedere con l’Autonomia differenziata”.
Inaccettabile, per la Campania, è il meccanismo che prevede il “congelamento della spesa storica in base al quale chi più ha avuto continua ad avere e chi meno ha avuto continua a perdere”. Come intollerabile è “l’Autonomia delle regioni su personale scolastico, personale sanitario e personale previdenziale. Realizzarla significherebbe distruggere l’unità del Paese. Dare la possibilità alle Regioni più ricche di fare contratti regionali a integrazione di quelli nazionali rischierebbe di generare un nuovo flusso di mobilità dal Sud al Nord per medici e docenti. Sarebbe un disastro che falserebbe il mercato del lavoro e accentuerebbe ulteriormente il divario tra Sud e Nord”.
Infine c’è il problema della compartecipazione al gettito fiscale. “La parte in cui l’Iva viene lasciata alle singole regioni è ricca di contraddizioni – ha spiegato ancora De Luca – Dire che l’accordo si fa senza maggiori oneri per la finanza pubblica non è vero. Anche l’articolo 119 viene richiamato in termini generici e non cogenti”. Considerazioni che portano il presidente a definire la bozza ministeriale “un provvedimento che genera solo caos e che spacca in due il Paese”. Per questo “faremo un fronte con altre regioni del Sud come Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e Lazio ma ci sono segnali per un sostegno anche da parte delle Regioni del Nord. Da domani siamo in battaglia per difendere l’unità nazionale”. L’augurio è che “anche il premier Meloni dimostri di volere difendere quella identità nazionale di cui tanto si è parlato”.