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Edizione del 02/10/2022
Estratto da pag. 1
Meloni-Berlusconi, prove d`intesa: «Nel governo più politici che tecnici». Al Nord fronda anti-Salvini
Ritorno ad Arcore. Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. L’ex premier e la premier-in-pectore. Una colazione di lavoro, ieri mattina, un rapido briefing fra alleati. Seguito da una nota congiunta di FI e FdI. Che parla di «grande collaborazione e unità di intenti». Nel menù, fanno sapere, «i dossier più urgenti all’ordine del giorno, a partire dal caro energia». E dunque il lavoro per assemblare «un governo di alto profilo, capace di affrontare le gravi emergenze che il Paese si trova di fronte».
APPROFONDIMENTI
IL PERSONAGGIO
Meloni, prima uscita dopo le elezioni: «Difenderemo...
IL RETROSCENA
Totoministri governo Meloni: Colosimo verso le politiche giovanili,...
L'INTERVISTA
Casini: «Serve rispetto tra i poli, solo così si aiuta...
Prima di arrivare al Villaggio della Coldiretti di Milano, esordio sotto i riflettori dopo il trionfo alle urne, Meloni calca ancora una volta i tappeti di Villa San Martino. «È andata molto bene - spiega - siamo tutti quanti al lavoro per fare del nostro meglio. Vedremo come andranno le cose. Sono molto ottimista». Con il Cav il dialogo è «cordiale e costruttivo», dice. «Formale», sostiene chi ha avuto un resoconto diretto dell’incontro meneghino. Che per Meloni ha interrotto due mesi di distanza dalla villa del patron di FI. Una scelta ponderata, «ho proposto che i vertici del centrodestra non siano occasioni conviviali ma operative», confidava a fine luglio. Oggi la leader di FdI torna con un altro peso sulle spalle. Un governo da formare, un probabile incarico dal Quirinale. E la responsabilità di guidare la coalizione di centrodestra tenendola unita. A partire dalla scelta delle caselle dei futuri ministeri. «Di questo non parlo», taglia corto Meloni a Milano rispettando un silenzio stampa auto-imposto e più che caldeggiato ai suoi. Soprattutto per non incappare in una scorrettezza istituzionale verso chi ha l’ultima parola sulla squadra di governo. E cioè Sergio Mattarella, con cui la condottiera della destra cerca un filo diretto per individuare d’intesa con gli alleati le soluzioni più adatte ai dicasteri chiave, dagli Esteri alla Difesa, dall’Interno all’Economia. Magari con l’innesto di figure tecniche, non solo a Via XX Settembre. Ed è qui che si segna qualche distanza in casa centrodestra. Con Berlusconi che dei tecnici, fatta eccezione per il Mef, farebbe volentieri a meno. Ma anche sul metodo il fondatore di Mediaset vuole dire la sua. Tra i forzisti a lui più vicini c’è chi lamenta un coordinamento insufficiente nella scelta dei ministri. «Non possiamo rivivere il metodo Draghi», spiega un big. Richiamando quel «sms con i nomi dei ministri ricevuto la sera prima» ricordato nella conferenza stampa post-voto da Matteo Salvini, reduce anche lui da un faccia a faccia con Berlusconi ad Arcore, venerdì. A Meloni Forza Italia chiede «pari trattamento» con la Lega, ha chiarito ieri il coordinatore Antonio Tajani. Lanciato lui verso il ministero della Difesa, mentre la veterana Licia Ronzulli avrebbe dato la sua disponibilità per guidare la Sanità. Meloni da parte sua predica e pratica diplomazia. E vuole evitare strappi, specialmente con Salvini uscito indebolito dalle urne. Ma sulla strada del “Capitano” verso il governo ci sono altri due ostacoli. Da una parte il caso delle regionali in Lombardia previste per il 2023, con Letizia Moratti tentata da una corsa in solitaria (o con il Terzopolo) che metterebbe in seria difficoltà la ricandidatura del leghista Attilio Fontana. Dall’altra i tumulti nella Lega nordista. Con il padre nobile Umberto Bossi pronto a lanciare il «Comitato Nord». La missione? «Riconquistare l’elettorato del Nord visto il risultato del 25 settembre», scrive l’Adnkronos. Sarà invitato, spiega il Senatùr, rieletto alla Camera per un soffio, chi vuole battersi per gli
obiettivi «alla base della fondazione della Lega nel marzo 1984». In attesa del nuovo consiglio federale la settimana prossima, in Padania fioccano iniziative dei “ribelli” nordisti. Dall’ex Gianni Fava che lavora a un convegno per il 15 ottobre a Monza dal titolo eloquente, «Per il Nord! Riparte la battaglia». Fino all’ex ministro Roberto Castelli che ha lanciato l’associazione “Autonomia e libertà”. Solo rumori di fondo, chiosano dal cerchio del segretario. Da cui però arriva un impegno solenne: «Questa sarà la legislatura che finalmente attuerà quell’autonomia delle regioni che la Costituzione prevede». E una postilla che guarda al totoministri: «Il ministero per le Riforme e gli affari regionali sarà protagonista di questa pacifica rivoluzione». Tutti avvisati, amici e avversari.
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