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Edizione del 01/10/2022
Estratto da pag. 1
Elly Schlein in Sicilia si chiama Valentina Chinnici e vuole `riaprire` il Pd - Il Corriere Nazionale
Elly Schlein in Sicilia si chiama Valentina Chinnici e vuole ‘riaprire’ il Pd
Politica
Written by: Redazione
1 Ottobre 2022
Oltre 7.000 preferenze a Palermo, insegnante, promette: “Vorrò avere voce in capitolo nel partito”
AGI – Se la paragonano a Elly Schlein, la vicepresidente dell’Emilia-Romagna e astro in ascesa nel Pd, ringrazia, ma precisa: “Sono onorata dell’accostamento, però io vivo in Sicilia e qui le cose sono diverse. E c’è una cosa che Schlein dovrebbe dire al suo presidente, Stefano Bonaccini: di autonomia differenziata non vogliamo sentir parlare”.
Oltre settemila preferenze a Palermo e oltre 1.500 a Catania da indipendente nella lista del Pd alle elezioni regionali, Valentina Chinnici è per un vasto movimento che guarda da fuori al partito (ancora per poco) di Enrico Letta la leva destinata a scardinarlo nell’isola, con l’obiettivo di una “profonda rigenerazione”. Intervistata dall’AGI, promette: “Farò valere il mio consenso”.
Insegnante, 47 anni, vicepresidente del Centro iniziativa democratica insegnanti, Chinnici è stata consigliere comunale al tempo della giunta di Leoluca Orlando: “Mi piacciono le sfide complicate: complicato fu stare dalla parte di quella giunta nella sua fase finale, e complicato è oggi chiedere la tessera al Pd”, spiega, poche ore dopo che il segretario regionale del partito, Anthony Barbagallo, ha deciso di non fare un passo indietro dopo la sconfitta rimediata.
“Chiedere teste dei dirigenti – spiega – è una cosa che non mi appassiona. Tra l’altro sarei ingiusta e ingenerosa se lo facessi. Certamente, bisogna fare una riflessione molto seria e veloce per arrivare a un congresso regionale e nazionale che porti a un rinnovamento del partito. Se poi questo significa dimissioni, queste decisioni vanno prese collegialmente. Nessuno, certo, puè risiedere sempre nello stesso ruolo, ma non posso essere io, che non ho ancora la tessera del Pd in mano, a chiedere questa o quella testa. Avendo, però, espresso 7.000 preferenze e avendo fatto ottenere al Pd tre seggi all’Ars, vorrò avere voce in capitolo, e quel che serve è una rigenerazione autentica e una sua adesione forte ai territori”.
Il territorio, il radicamento, la consapevolezza della distanza dalla vita reale, il rischio di diventare evanescenti sono, da Palermo a Milano, il filo conduttore di una riflessione nella sinistra che, se non produce risultati, rischia di diventare una ossessione. “Si deve partire – afferma Chinnici – dalla riapertura di ‘punti luce’: le sedi fisiche, le sezioni, trovando soluzioni condivise con altre realtà associative, e cominciando dai comuni sciolti per mafia, dai comuni montani, dalle aree di marginalità sociale. Ecco, se fossi io segretario comincerei da una mappatura delle aree in cui c’è più sofferenza“.
Il Pd di oggi, però, non sembra un partito disponibile ad accogliere. “Insieme a me – sottolinea Chinnici – sono pronti in molti a chiedere la tessera. La base del Pd mi ha accolto, e mi ha chiesto di candidarmi. All’interno del partito vi sono pezzi che mi hanno sostenuta: non è stato facile spiegarlo al mio elettorato, quello che mi ha portata in consiglio comunale, ma ci sono riuscita: 5.000 voti solo nella città di Palermo e 2.000 in provincia. Mi onoro, inoltre, dell’amicizia con un dirigente nazionale come Gianni Cuperlo, venuto qui a sostenermi. Vedo porte e finestre aperte da più parti, anche se non dovunque. Molti intorno a me mi dicono che se il Pd affronta un rinnovamento profondo ritrovando i valori della sinistra sono pronti a tesserarsi“.
Prima e durante la campagna elettorale il Pd è sembrato impigliarsi in una logorante discussione sulle alleanze. Lei chi e cosa sceglie, tra Cinquestelle, Calenda e Renzi? “Non è un tema, questo delle alleanze – risponde Chinnici – che aiuta la partecipazione, ma bisogna avere ben chiaro che serve un perimetro chiaro del centrosinistra. Vanno bene i Cinque Stelle, la sinistra, ma la cabina di regia deve
essere nel Pd. Troppi, gli ammiccamenti a Renzi e Calenda e non so quanto aiutino, qui al Sud, temi quali l’autonomia differenziata, che è una sorta di secessione di fatto. Quando si parla di salute e di scuola, servizi essenziali, questi vanno garantiti a livello nazionale. Questo va detto a Bonaccini, e deve dirglielo pure Schlein che il Sud non è una palla al piede. Il Pd, su questo tema, è ambiguo”.
L’alternativa, allora, è il reddito di cittadinanza? Ma, scusi, se il Pd è il partito del lavoro, perché sceglie di schiacciarsi sui Cinque Stelle per una misura che, di fatto, allontana le persone dal lavoro? “Il reddito di cittadinanza – spiega Chinnici – è una misura concepita in una fase di emergenza, utilissima durante la pandemia per evitare che le persone morissero di fame. Ci si aspettava che venisse accompagnato da politiche del lavoro efficaci, anche perché nessuno vuole passare per fannullone. Spesso i percettori, qui a Palermo, hanno chiesto di fare dei lavori socialmente utili, ma i Comuni hanno temuto che si creassero fasce di ulteriore precariato. Poi è arrivato Conte e ha cavalcato il tema”.
La battaglia politica, tra qualche settimana, diventerà una battaglia parlamentare. Valentina Chinnici, con 7.000 voti, potrebbe diventare capogruppo all’Assemblea regionale siciliana. “Io sono la donna più votata nel Pd, ma non amo gli ego. E’ chiaro che faroò valere il mio consenso, ma intanto vorrei conoscere i miei colleghi e mettere in piedi una squadra”. Intanto, il neo presidente della Regione, Renato Schifani, forma la giunta e alcuni assessorati, come quello della Sanita’, sono ‘molto ambiti’, ha detto. “Vigileremo – risponde Chinnici – su una sanità che deve restare pubblica e di prossimità. Una delle battaglie che vorrei fare, tra le altre, è per l’abolizione del numero chiuso a Medicina, e la Sicilia deve chiederlo nella Conferenza Stato-Regioni”.
La Lega lo ha chiesto, in campagna elettorale. “Se la Lega lo ha chiesto, è un tema bipartisan, non ho pregiudizi. Ma c’è un altro tema, a cui tengo in modo particolare: il diritto allo studio. La Sicilia è stata una delle ultime Regioni ad avere la legge, che oggi è lettera morta: la formazione professionale, il titolo di studio devono servire a traghettare verso l’occupazione, in particolare, dei Neet, giovani dai 19 ai 35 anni che non studiano, non si formano, non lavorano e il cui tasso in Sicilia è il piu’ alto d’Europa. Bisogna rimettere in circolo energie che oggi sono del tutto ferme”.
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PD Sicilia Last modified: 1 Ottobre 2022
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Oltre 7.000 preferenze a Palermo, insegnante, promette: “Vorrò avere voce in capitolo nel partito”
AGI – Se la paragonano a Elly Schlein, la vicepresidente dell’Emilia-Romagna e astro in ascesa nel Pd, ringrazia, ma precisa: “Sono onorata dell’accostamento, però io vivo in Sicilia e qui le cose sono diverse. E c’è una cosa che Schlein dovrebbe dire al suo presidente, Stefano Bonaccini: di autonomia differenziata non vogliamo sentir parlare”.
Oltre settemila preferenze a Palermo e oltre 1.500 a Catania da indipendente nella lista del Pd alle elezioni regionali, Valentina Chinnici è per un vasto movimento che guarda da fuori al partito (ancora per poco) di Enrico Letta la leva destinata a scardinarlo nell’isola, con l’obiettivo di una “profonda rigenerazione”. Intervistata dall’AGI, promette: “Farò valere il mio consenso”.
Insegnante, 47 anni, vicepresidente del Centro iniziativa democratica insegnanti, Chinnici è stata consigliere comunale al tempo della giunta di Leoluca Orlando: “Mi piacciono le sfide complicate: complicato fu stare dalla parte di quella giunta nella sua fase finale, e complicato è oggi chiedere la tessera al Pd”, spiega, poche ore dopo che il segretario regionale del partito, Anthony Barb
agallo, ha deciso di non fare un passo indietro dopo la sconfitta rimediata.
“Chiedere teste dei dirigenti – spiega – è una cosa che non mi appassiona. Tra l’altro sarei ingiusta e ingenerosa se lo facessi. Certamente, bisogna fare una riflessione molto seria e veloce per arrivare a un congresso regionale e nazionale che porti a un rinnovamento del partito. Se poi questo significa dimissioni, queste decisioni vanno prese collegialmente. Nessuno, certo, puè risiedere sempre nello stesso ruolo, ma non posso essere io, che non ho ancora la tessera del Pd in mano, a chiedere questa o quella testa. Avendo, però, espresso 7.000 preferenze e avendo fatto ottenere al Pd tre seggi all’Ars, vorrò avere voce in capitolo, e quel che serve è una rigenerazione autentica e una sua adesione forte ai territori”.
Il territorio, il radicamento, la consapevolezza della distanza dalla vita reale, il rischio di diventare evanescenti sono, da Palermo a Milano, il filo conduttore di una riflessione nella sinistra che, se non produce risultati, rischia di diventare una ossessione. “Si deve partire – afferma Chinnici – dalla riapertura di ‘punti luce’: le sedi fisiche, le sezioni, trovando soluzioni condivise con altre realtà associative, e cominciando dai comuni sciolti per mafia, dai comuni montani, dalle aree di marginalità sociale. Ecco, se fossi io segretario comincerei da una mappatura delle aree in cui c’è più sofferenza“.
Il Pd di oggi, però, non sembra un partito disponibile ad accogliere. “Insieme a me – sottolinea Chinnici – sono pronti in molti a chiedere la tessera. La base del Pd mi ha accolto, e mi ha chiesto di candidarmi. All’interno del partito vi sono pezzi che mi hanno sostenuta: non è stato facile spiegarlo al mio elettorato, quello che mi ha portata in consiglio comunale, ma ci sono riuscita: 5.000 voti solo nella città di Palermo e 2.000 in provincia. Mi onoro, inoltre, dell’amicizia con un dirigente nazionale come Gianni Cuperlo, venuto qui a sostenermi. Vedo porte e finestre aperte da più parti, anche se non dovunque. Molti intorno a me mi dicono che se il Pd affronta un rinnovamento profondo ritrovando i valori della sinistra sono pronti a tesserarsi“.
Prima e durante la campagna elettorale il Pd è sembrato impigliarsi in una logorante discussione sulle alleanze. Lei chi e cosa sceglie, tra Cinquestelle, Calenda e Renzi? “Non è un tema, questo delle alleanze – risponde Chinnici – che aiuta la partecipazione, ma bisogna avere ben chiaro che serve un perimetro chiaro del centrosinistra. Vanno bene i Cinque Stelle, la sinistra, ma la cabina di regia deve essere nel Pd. Troppi, gli ammiccamenti a Renzi e Calenda e non so quanto aiutino, qui al Sud, temi quali l’autonomia differenziata, che è una sorta di secessione di fatto. Quando si parla di salute e di scuola, servizi essenziali, questi vanno garantiti a livello nazionale. Questo va detto a Bonaccini, e deve dirglielo pure Schlein che il Sud non è una palla al piede. Il Pd, su questo tema, è ambiguo”.
L’alternativa, allora, è il reddito di cittadinanza? Ma, scusi, se il Pd è il partito del lavoro, perché sceglie di schiacciarsi sui Cinque Stelle per una misura che, di fatto, allontana le persone dal lavoro? “Il reddito di cittadinanza – spiega Chinnici – è una misura concepita in una fase di emergenza, utilissima durante la pandemia per evitare che le persone morissero di fame. Ci si aspettava che venisse accompagnato da politiche del lavoro efficaci, anche perché nessuno vuole passare per fannullone. Spesso i percettori, qui a Palermo, hanno chiesto di fare dei lavori socialmente utili, ma i Comuni hanno temuto che si creassero fasce di ulteriore precariato. Poi è arrivato Conte e ha cavalcato il tema”.
La battaglia politica, tra qualche settimana, diventerà una battaglia parlamentare. Valentina Chinnici, con 7.000 voti, potrebbe diventare capogruppo all’Assemblea regionale siciliana. “Io sono la donna più votata nel Pd, ma non amo gli ego. E’ chiaro che faroò valere il mio consenso, ma intanto vorrei conoscere i mie
i colleghi e mettere in piedi una squadra”. Intanto, il neo presidente della Regione, Renato Schifani, forma la giunta e alcuni assessorati, come quello della Sanita’, sono ‘molto ambiti’, ha detto. “Vigileremo – risponde Chinnici – su una sanità che deve restare pubblica e di prossimità. Una delle battaglie che vorrei fare, tra le altre, è per l’abolizione del numero chiuso a Medicina, e la Sicilia deve chiederlo nella Conferenza Stato-Regioni”.
La Lega lo ha chiesto, in campagna elettorale. “Se la Lega lo ha chiesto, è un tema bipartisan, non ho pregiudizi. Ma c’è un altro tema, a cui tengo in modo particolare: il diritto allo studio. La Sicilia è stata una delle ultime Regioni ad avere la legge, che oggi è lettera morta: la formazione professionale, il titolo di studio devono servire a traghettare verso l’occupazione, in particolare, dei Neet, giovani dai 19 ai 35 anni che non studiano, non si formano, non lavorano e il cui tasso in Sicilia è il piu’ alto d’Europa. Bisogna rimettere in circolo energie che oggi sono del tutto ferme”.
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