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Edizione del 18/09/2022
Estratto da pag. 1
Come si sta facendo con i marchigiani per proteggerli dopo il tributo di morti già pagato in questi giorni alla rivolta della natura contro gli scempi al territorio, si dovrebbe consigliare ai politici in quest’ultima settimana di campagna elettorale di salire nei piani alti per non affogare tra insulti e insensatezze negli scantinati dove sono finiti a furia di scendere.
Penso, per esempio, al sangue e altro ancora che il governatore piddino della Puglia Michele Emiliano, proprio alla vigilia di un comizio di Giorgia Meloni a Bari, si è proposto di fare “sputare” al centrodestra nella sua regione. Dove di sangue ed altro lo stesso Emiliano ne procurerà però anche al suo partito avendo raccomandato il voto pure ai grillini, rimasti nella sua giunta e maggioranza dopo la rottura dei rapporti intervenuti a livello nazionale tra Enrico Letta e Giuseppe Conte.
Quest’ultimo, dal canto suo, ha sfidato Matteo Renzi ad affacciarsi al Sud “senza scorta” per provare quanto poco sia gradita la sua presenza in territori dove è molto diffuso il cosiddetto reddito pentastellato di cittadinanza osteggiato dal cosiddetto terzo polo ancor più del centrodestra. L’ex presidente del Consiglio gli ha immediatamente risposto dandogli del “mezzo uomo”. Ma un consanguineo politico di Renzi, il senatore Matteo (pure lui) Richetti, è alle prese sulle prime pagine dei giornali con una donna che lo accusa di averla importunata sessualmente rimediando la contro-accusa di essere stata lei piuttosto la molestatrice.
Un altro Matteo ancora, Salvini, si è allenato al raduno odierno della sua Lega sui prati di Pontida facendo concorrenza all’antidraghismo di Conte e del Fatto Quotidiano. Il cui editoriale in edicola annuncia: “Draghi non esiste”.
Della conferenza stampa del presidente del Consiglio ancora fresca d’inchiostro, diciamo così, per la vasta eco giornalistica che ha avuto con l’allusione ai “pupazzi prezzolati” di Putin anche in Italia, il leader della Lega si è vantato di non avere avuto la curiosità di sentire una parola. Ed ha sbrigativamente replicato, essendosi evidentemente riconosciuto in quella generica allusione, invitando il presidente del Consiglio a cercare “non i pupazzi ma i soldi” -molti di più di quelli stanziati sinora- per proteggere gli italiani dalle bollette della luce e del gas aumentate anche per le reazioni di Putin alla sanzioni, cui partecipiamo pure noi, per la guerra all’Ucraina.
Ormai al repertorio di Salvini contro Draghi, col quale pure egli era riuscito nei mesi scorsi a concordare una consultazione settimanale che aveva ingelosito Giuseppe Conte nella maggioranza, manca solo una riedizione del “calcio in culo” promesso ad Alcide De Gasperi nelle elezioni del 1948 da Palmiro Togliatti.
Un ulteriore segnale di insofferenza di Silvio Berlusconi, nel centrodestra, per toni e contenuti di questo scontro progressivo con Draghi è arrivato dall’ennesima intervista dell’ex presidente del Consiglio al direttore del Giornale di famiglia. Il titolo è stato centrato sull’ultima che gli alleati del Cavaliere hanno fatto all’Europarlamento votando contro la risoluzione passata a larga maggioranza per mettere in mora nell’Unione l’Ungheria di Viktor Orban. “La mostra Europa -dice il titolo- non è quella di Orban”, ormai fuori peraltro dal Partito Popolare del vecchio continente col quale l’ex presidente del Consiglio si è impegnato a vigilare perché il “suo” centrodestra fili dritto lungo la linea dell’europeismo e dell’atlantismo.
Questo impegno di Berlusconi appare tuttavia contraddetto nell’intervista al Giornale dal passaggio in cui il Cavaliere assicura anche i suoi alleati in Italia che “ognuno di essi è indispensabile”. Indispensabile significa, sino a prova contraria, non poterne fare a meno.
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