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Dir. Resp.
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Edizione del 14/09/2022
Estratto da pag. 1
- L`appello delle associazioni femminili anti violenza per limitare i centri che ospitano uomini maltrattanti -
14/09/2022 Si chiede di modificare i requisiti dei C.U.A.V. (Centri per UominiAutori o potenziali autori di Violenza di genere) per impedire che ci sia uncontatto tra le vittime e i loro aggressori anche se per motivi giudiziari0 0 0 Invia ad un amicoRiduci carattere Ingrandisci carattere Stampa la paginaFondazione Pangea Onlus, Associazione Nazionale Volontarie Telefono Rosa, UDI(Unione Donne in Italia), Rete antiviolenza Reama, Associazione Nosostras e UILsi occupano a vario titolo di proteggere le donne vittime di violenza. E oraformano una voce unica per inviare una richiesta ufficiale alle MinistreBonetti e Gelmini e al Presidente della Conferenza delle Regioni e delleProvince Autonome per la convocazione urgente di un tavolo di revisione permodificare il documento sui requisiti minimi previsti per i C.U.A.V (Centri perUomini Autori o potenziali autori di Violenza di genere), che verrà approvatooggi nella Conferenza Stato Regione”. «Quel documento» fanno sapere le associazioni che proprio ieri hanno inviato untelegramma alle ministre «verrà approvato in assenza di una reale consultazionee discussione sul documento finale non consentendo la possibilità di un veroconfronto con chi da anni lavora e si spende per contrastare la violenza digenere. Sono molte perplessità e i punti critici di cui chiediamo la modifica:mancato rispetto di quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul in termini diprotezione della donna e dei minori rispetto al percorso di autonomia dalmaltrattante, sbilanciamento tra Cav e C.U.A.V nell’erogazione deifinanziamenti in relazione all’impegno richiesto di tempo e al numero degliaccessi effettivi avuti solo per dirne alcuni. Denunciamo il rischio della mediazione familiare, fatta passare all’art. 6 come“Sicurezza della vittima” a protezione per le donne ma che in realtà lasciaaperto uno spiraglio di “contatto con il partner” maltrattante che non puòsussistere nei casi di violenza come richiesto dalla Convenzione di Istanbul. Chi si occupa di sostegno alle vittime di violenza sa quanto il contatto conl’uomo maltrattante sia pericoloso. L'art. 6 infatti può essere maleinterpretato e si rischia che una donna, se rifiuta il contatto con il partnerviolento, sia considerata ostativa dalle autorità competenti in sedeinvestigativa, giudiziaria o da assistenti sociali e settore sanitario. Unadonna che con fatica decide di intraprendere un percorso di uscita dallaviolenza, vuole essere accolta, creduta e protetta per poter raggiungere la sualibertà. Non deve essere forzata ad avere contatti con l’autore delle violenzache negli anni ha abusato di lei e dei figli, o con i CUAV . Conseguentementeneanche un centro antiviolenza o una casa rifugio devono essere costrette acondividere informazioni con associazioni per uomini maltrattanti se vienevalutato un rischio per la donna e i suoi eventuali figli. Crediamo che loStato non possa essere ostativo dei percorsi di protezione e autonomia dallaviolenza delle donne e dei loro figli. Questo documento sui C.U.A.V lo è.Non sono i C.U.A.V che si devono occupare della sicurezza delle donne e dellaprotezione dei minori ma i Centri antiviolenza. Sarebbe opportuno, invece, che questo documento definisca la responsabilità deiC.U.A.V nei confronti dei percorsi che svolgono con gli uomini maltrattanti eche ne rispondessero rispetto alla loro reale efficacia sia per numero diaccessi che per i risultati raggiunti sul lungo periodo. Per questo chiediamosubito di essere convocate intorno a un tavolo di revisione dei criteri perevitare l’approvazione di un documento che minerebbe l’autonomia del percorsodi uscita della violenza delle donne e il lavoro dei Centri Antiviolenza».