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Edizione del 04/09/2022
Estratto da pag. 1
Salasso energia, 200 mila umbri a rischio. Ospedali in crisi e commercianti coi falò
di Maurizio TroccoliLo scenario per l’Umbria del caro energia è drammatico. E, progressivamente, più preoccupante. Riguarda i commercianti che domenica, scendono in 12 città umbre, a bruciare nelle piazze le bollette che, denunciano, essere triplicate rispetto allo scorso anno. Ma riguarda in generale le famiglie, per una quota che lascia interdetti. E riguarda le aziende e le industrie energivore, oltre che al sistema della cultura e, soprattutto la sanità. Quella pubblica come quella privata. Giorno dopo giorno la crisi energetica conquista le prime pagine dei giornali, con testimonianze di chi si arrende, di chi pensa a ritardare le produzioni, di chi chiede aiuto e di chi prova a progettare sistemi alternativi di approvviggionamento, puntando alle rinnovabili. Ma andiamo per ordine, partendo dalle famiglie.In Umbria, secondo i dati degli artigiani veneti, la Cgia, sul rapporto Oipe 2020, quindi ben prima delle dimensioni gigantesche che ha assunto il fenomeno, ci sono dalle 53 mila alle 91 mila famiglie a rischio povertà energetica. Un dato considerato quindi in difetto, che significa, abitazioni dentro le quali non è garantito il ricorso al riscaldamenti e all’energia elettrica tutte le volte di cui si avrebbe bisogno. Particolarmente per quanto riguarda elettrodomestici ad alto consumo, come forni a microonde, forni elettrici, lavatrici, lavastoviglie e altri. Il rapporto individua nelle famiglie di immigrati e con genitori giovani senza lavoro quelle a più alto rischio. L’Umbria rientra tra le regioni considerate a medio alto rischio, con una frequenza della povertà energetica tra il 14 e il 24% che riguarda un minimo di 121.823 persone e un massimo di 208 mila persone.Se dentro casa c’è parsimonia, fuori non cambia. Ai distributori di carburante, in Umbria come nel resto del PAese, stando all’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo economico, la benzina verde registra quanche punto in meno, ma il gasolio vola alle stelle, marcando una differenza che va dai 10 ai 12 centesimi.Domani, lunedì, in 12 città dell’Umbria, a partire dalle 11 si sono dati appuntamento i commercianti per accendere falò simbolici in piazza con le bollette. Denunciano costi energetici triplicati per le proprie attività e chiedono misure immediate al Governo. La loro condizione di difficoltà è gravata dalla pandemia e le restrizioni che hanno messo a rischio l’esistenza di negozi e piccole attività commerciali. Il caro energia, per loro, è davvero il segnale di un baratro. Sono diverse le aziende umbre stanno pensando di ritardare la produzione, oltre a quelle che già hanno annunciato la resa. Le città umbre della protesta sono Le città sedi delle manifestazioni sono: Perugia, in Piazza Italia, Terni, di fronte alla Prefettura, Viale della Stazione, ad Assisi, in Piazza del Comune, a Bastia Umbra, in Piazza Mazzini, a Castiglione del Lago, Via Gramsci, a Città di Castello, in Piazza Matteotti, a Foligno, in Piazza della Repubblica, a Gualdo Tadino, in Piazza Martiri della Libertà, a Gubbio, in Piazza 40 Martiri, a Marsciano, in Piazza Largo Garibaldi, a Spoleto, in Piazza del Municipio, a Umbertide, in Piazza Matteotti.Anche le realtà culturali, come cinema e teatri registrano costi energetici raddoppiati e puntano a contingentare l’energia negli uffici amministrativi, guardando anche all’ipotesi di abbassare il limite nelle sale, pur di non incidere in maniera rischiosa sui biglietti.L’extra costo energia è anche, se non soprattutto, nella sanità. In Umbria si teme un aumento del 12, 13% dei costi nel bilancio energetico di quest’anno. Le Regioni sono in allerta e hanno fatto pervenire ai Governo una richiesta di aiuti economici atteso che negli ospedali è complicato puntare alla riduzione del consumo: non è cosa semplice ridurre il riscaldamento o il raffreddamento nei reparti o pensare di utilizzare di meno le apparecchiature. E’ in programma una Commissione Salute, in seno alla Conferenza Stato Regioni, con tutti gli assessori regionali, il 16 settembre, per fare il punto sull’aumento dei costi e le conseguenti richieste
di aiuto.Se nei giorni scorsi settori energivori come le cartiere o le acciaierie hanno fatto sentire la propria voce, denunciando il rischio dello stop alla produzione, la cassaintegrazione per i dipendenti e persino i cassonetti della differenziata pieni per strada, nel caso della carta, oggi si fa sentire il mondo della ceramica che in Umbria, oltre che una tradizione garantisce livelli considerevoli di produzione e occupazione. Il termine utilizzato è «salasso che le aziende umbre non riescono a sopportare: serve, fin da subito, un tetto al prezzo del gas per salvare il settore della ceramica artistica tradizionale»: è quanto afferma il sindaco di Deruta, nonché presidente della Strada della ceramica dell’Umbria, per il quale «i costi energetici stanno erodendo i guadagni e mandano fuori mercato le aziende locali. Le bollette del gas sono più che raddoppiate, con l’incidenza media del costo del gas su un pezzo che è 10 volte superiore, rispetto al passato; e, in alcuni casi, i fornitori di gas chiedono addirittura un cospicuo anticipo. Non solo. Gli aumenti riguardano anche le materie prime che, spesso, sono persino difficili da reperire e in tempi utili. Il rischio è che anche questo settore, che abbiamo faticato a far riprendere, possa fermarsi. Non possiamo permetterlo. Un settore che non può scomparire, ma non può neppure continuare a sopportare costi di produzione così elevati».