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Edizione del 23/08/2022
Estratto da pag. 1
L’incontro del Meeting intitolato “L’abisso fra l’essere soli e avere unalleato. La Passione per la cura” prende spunto da una frase di Chesterton, checontinua così: “Si può concedere ai matematici che 4 è due volte due, ma 2 nonè due volte uno, è 2000 volte uno”.L’uomo ha certamente la facoltà ultima di decidere “come” stare di fronte a ciòin cui la realtà lo inserisce, che sguardo acquisire, che cammino sviluppare. Enessuno si può sostituire alla persona né nella sofferenza che si trova avivere, né nel percorso di docilità che, se vuole, può fare.Morti Covid, Burioni e Bassetti: "Basta antibiotici"/ "Serve commissioned'inchiesta"Ma la natura dell’uomo è relazionale, e l’itinerario personale di confronto conla realtà è sviluppato, nella vita “normale”, e ancor più quando “alle corde”nelle condizioni di malattia o di disabilità, dentro il rapporto tra coscienzapersonale e relazioni umane nelle quali ci si trova a vivere. Tali legamicostituiscono quella trama di sostegno presente nell’esistenza, con unainterconnessione stretta tra l’una (l’autonomia individuale) e le altre (leconnessioni), tanto da identificare una cosiddetta “autonomia relazionale”.Covid, come cambiano i tempi di incubazione/ Con Omicron durata più cortaChi “si prende cura”, quindi (familiari, amici, professionisti), non puòsostituirsi alla persona sofferente, ma ha la possibilità, e forse il compito,di “essere alleato”, ovvero di non lasciare solo chi sta vivendo la condizionedi prova.La alleanza di cura professionale può esprimersi a tre livelli: quellopersonale, quello di una società civile che si organizza, e quelloistituzionale: nell’incontro in oggetto ne verranno presentate treesemplificazioni. Obiettivo comune ai tre livelli è che le persone sofferenti ele loro famiglie possano incontrare quella “tribù allargata” dove la persona insituazione di fragilità sia riconosciuta e sostenuta.Bizzarri: "Varianti sono conseguenza dei vaccini a mRna"/ "Quarta dose? Non hasenso"Lorenzo Berra, anestesista e intensivista dello staff del Centro di Anestesiadel Massachusetts General Hospital di Boston per la ricerca sulla cura critica,racconterà al Meeting di Rimini la propria esperienza nella cura eassistenza dei pazienti e delle loro famiglie in fasi critiche e acute dimalattia, anche rispetto alla epidemia Covid recentemente occorsa.Maurizio Marzegalli, medico cardiologo, è stato co-fondatore a Milano, 30 annifa, della Fondazione Maddalena Grassi per le cure domiciliari di malati gravi.Attualmente fa parte del consiglio di amministrazione, con delega alla terapiadomiciliare dei minori gravi con severe disabilità. Riporterà l’esperienza suapersonale e quella della Fondazione nell’affronto del dolore “più innocente”,quello dei bimbi con patologie croniche inguaribili e spesso evolutive.Raffaele Donini, di professione giornalista, è assessore alla Politiche per laSalute della Regione Emilia-Romagna e coordinatore della Commissione Salutedella Conferenza delle Regioni. Gli abbiamo chiesto di portare esemplificazionidi come le istituzioni possano favorire le reti di protezione e salvaguardiadei propri cittadini nelle condizioni di maggiore fragilità.Tre notazioni conclusive.La prima. Il fatto di sottolineare ciò che in fondo l’esperienza quotidianadice, cioè che una persona non sola, benvoluta e accudita può vivere meglio ledifficoltà rispetto a una persona sola e abbandonata, non equivale a giudicaresituazioni o famiglie disperate. La coscienza dei curanti e l’organizzazioneche ne consegue devono offrire un’opzione di cura e di condivisione dellaricerca del senso della vita, che siano affascinanti, belle e corrispondenti albisogno di significato e di compagnia, sia di chi viene curato, ma anche di chisi prende cura. È necessario che questa possibilità sia incontrabile da tutti.La seconda. Certamente nessuna organizzazione sarà talmente perfetta da potersostituire l’intrapresa personale (“la carità”), ma tale intrapresa personalesi concretizza per alcuni nel rapporto personale di cura, e per altri nelmigliorare le condizioni organizzative; cosicché i due as
petti non sianoalternativi (clinici da una parte, e organizzatori sanitari dall’altra, spessoin polemica gli uni con gli altri), ma vi sia piuttosto una alleanza virtuosatra i due.Infine, quanto esemplificato vale per tutti gli ambiti di cura. Nelle curepalliative trova, forse, il paradigma di ripresa dell’assistenza “originale”,come punto vivo che può “ricontaminare” tutta la medicina. La fondatrice delmovimento hospice, Cicely Saunders, scrisse (Vegliate con me, Nursing Times1965): “…dobbiamo imparare che cos’è questo dolore. Ancora di più, dobbiamoimparare che cosa significa sentirsi così malati… Dobbiamo imparare cosasignifica sentirsi vicino ai pazienti senza sentirci come i pazienti, sevogliamo dar loro il genere di ascolto e di sostegno stabile di cui hannobisogno per trovare la propria strada”.— — — —Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazionedi qualità e indipendente.SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI© RIPRODUZIONE RISERVATA