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Edizione del 05/08/2022
Estratto da pag. 1
Meloni, sfida sui migranti: “Per fermare le partenze servirà il blocco navale” - La Provincia Pavese
La leader di FdI: «Una missione Ue per trattare con la Libia». E pensa a un sistema per valutare il diritto all’asilo in Africa
ROMA. Se Giorgia Meloni vincerà le elezioni e arriverà davvero a palazzo Chigi, potrà finalmente mostrare a tutti come intende realizzare concretamente il blocco navale anti-sbarchi di migranti di cui parla da anni. Un’idea rilanciata anche ieri, ai microfoni di Studio Aperto, spiegando che «altro non è che una missione europea per trattare insieme alla Libia la possibilità che si fermino i barconi in partenza». Sul come fermarli, abbiamo già avuto prova dei metodi sbrigativi della guardia costiera di Tripoli. Ma per «blocco navale» la leader di Fratelli d’Italia intende anche «l’apertura in Africa degli hotspot, la valutazione in Africa di chi ha diritto a essere rifugiato – ha spiegato – la distribuzione dei veri profughi e rispedire indietro gli altri». Almeno su questo tema, con Salvini non avranno bisogno di discutere. Chissà se il leader della Lega, dal mare di Lampedusa, avrà avuto modo di guardare l’altra intervista rilasciata dall’alleata a Fox news, canale di informazione da sempre vicino al partito repubblicano e a Donald Trump. Quasi 10 minuti nella rubrica economica della nota anchor woman Maria Bartiromo, che l’ha presentata come un’«amica degli Stati Uniti», ricordando la sua partecipazione al Cpac, il raduno dei conservatori, che si è tenuto in Florida a febbraio.Durante il colloquio, Meloni ha sfoggiato un inglese piuttosto fluente, migliorato anche in virtù del ruolo di leader dei conservatori europei. Ha affrontato tutti i temi della campagna elettorale, dalle alleanze internazionali all’economia, dalle questioni energetiche al nodo della premiership: «In base alle regole che ci siamo dati, il primo partito della coalizione può esprimere il premier – ha spiegato al pubblico americano – potrei essere la prima donna a guidare il governo nella storia d’Italia. Sarebbe per me un grande onore». Subito dopo, però, ha precisato: «Le elezioni non sono un concorso di bellezza, stiamo dicendo agli italiani la verità su quello che possiamo fare – ha assicurato –. Non promettiamo nulla che non possiamo mantenere». Il colloquio in inglese è filato quasi tutto liscio, tranne in due passaggi, in cui le sono serviti i suggerimenti di un consigliere fuori campo. Quando ha criticato l’eccessiva presenza dello Stato negli affari degli italiani, ha detto «too present», ma ha subito ricevuto un cenno e si è corretta in corsa ridendo: «No, present non si dice...Too heavy». In un altro momento dell’intervista, si è lasciata sfuggire un classico «come si dice?», a proposito del rischio di un «downsize» (parola che poi ha recuperato), cioè ridimensionamento dell’Occidente e dell’Europa, rispetto alla Russia di Putin e alla Cina di Xi.Giorgia Meloni alla Fox Tv: "Potrei essere io la prima donna premier d'Italia e sarebbe un onore"Mentre la leader di Fratelli d’Italia si lancia in analisi geopolitiche sugli schermi americani, all’interno della sua coalizione restano questioni molto più piccole e terribilmente concrete da risolvere, come la spartizione dei collegi uninominali. I piccoli partiti di centro smontano l’accordo definito dai leader la scorsa settimana, ritenuto penalizzante, e rimescolano le carte. Noi con l’Italia di Maurizio Lupi e Italia al centro di Giovanni Toti daranno vita a una lista comune con relativo contrassegno elettorale, che correrà in coalizione con il centrodestra e «punta a superare il 3%». Stessa mossa autonomista da parte dell’Udc di Lorenzo Cesa e di Coraggio Italia di Luigi Brugnaro. Chi aveva pensato che, con il ritorno del figliol prodigo Toti, bastasse aumentare da 11 a 13 i collegi garantiti ai centristi ha fatto male i conti. Ne vogliono di più. Anche se Cesa assicura di puntare «a una percentuale significativa e a eleggere i nostri parlamentari già nel proporzionale». Ma Brugnaro è più diretto e, forse, sincero: «Sui collegi punteremo i piedi, perché adesso basta, non si può sempre farsi trattare a pesci in faccia». Per i telespettatori americani, eventualmente interessati, potremmo tradurre «slapped with a fish into the face».

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