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Edizione del 01/08/2022
Estratto da pag. 1
di Umberto Baldo
Per tradizione la principale Associazione degli industriali non si è mai sostanzialmente distaccata dalla regola aurea dettata a suo tempo da Gianni Agnelli, secondo cui “Confindustria è filogovernativa per definizione”.
Un po’ come l’ABI, l’Associazione dei banchieri, anche Confindustria è da sempre restia a criticare, a mettersi di traverso rispetto al Governo in carica, qualunque esso sia.
C’è da capirli, gli interessi in ballo sono tantissimi, e avere buoni rapporti con palazzo Chigi ed i Ministeri è sempre conveniente.
Ma in questi giorni, nel nostro Veneto sembra che le acque in Confindustria siano piuttosto agitate.
Il casus belli è stata la caduta del Governo Draghi, che il mondo imprenditoriale del Nord Est sembra non aver gradito, tanto che Enrico Carraro, Presidente di Confindustria Veneto, ad un certo punto ha sbottato, dichiarando, fra l’altro, in una intervista: “Si sciacquano la bocca parlando delle imprese e poi si disinteressano a quello che diciamo. Non esiste il partito delle imprese, ma soprattutto qui in Veneto c’era una parte vicina al centrodestra ed alla Lega. Siamo sentiti traditi, i conti si faranno alle urne”.
Credo che queste parole di Carraro siano sufficienti per far capire lo stato di rabbia e frustrazione degli imprenditori veneti, spiazzati da una crisi di governo inspiegabile e per certi versi al buio, in un momento drammatico per l’economia, ma mettono a nudo anche qualche incrinatura nella fiducia nelle forze politiche venete, così espressa dal Presidente: “Mi sarei aspettato che non solo la Lega veneta, ma l’insieme della politica del Veneto facesse pressione ai propri colleghi romani per andare avanti. Di sicuro mi pare evidente che non riusciamo a esprimere la nostra pressione come territorio”.
Enrico Carraro non è stato il solo leader di Confindustria ad esprimere l’irritazione del mondo produttivo nei confronti di una classe politica giudicata priva di senso di responsabilità. Ad esempio anche la presidentessa di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia ha fatto un’uscita durissima nell’immediatezza del voto al Senato, interpretata come un attacco diretto anche alla Lega, quella che governa a Roma.
Ma c’è un passaggio della dichiarazione di Carraro che ho sopra riportato su cui vale la pena di soffermarsi, perché a mio avviso apre scenari interessanti.
In quelle parole “Mi pare evidente che non riusciamo a esprimere la nostra pressione come territorio” c’è la presa di coscienza della distanza che esiste fra Roma ed il Veneto, un distacco che a mio avviso è speculare a quello della componente veneta della Lega rispetto alla Lega di Salvini.
Detta in altre parole, come l’imprenditoria nordestina, forte del suo primato nelle esportazioni, non riesce a fare sentire le proprie ragioni nella foresta pietrificata della Confindustria romana, così la Liga Veneta, forse la più forte e radicata nel territorio, è da sempre succube della componente lombarda (ora romana).
Io credo che i maggiorenti della Lega nostrana, Luca Zaia in testa, dovrebbero fare una seria riflessione su questo smarrimento degli imprenditori veneti, che rischia di incrinare il consolidato rapporto del Partito con una parte del proprio elettorato di riferimento, la piccola e media industria veneta.
Il problema a mio avviso è comune a tutti i settori politico-economici, ed è quello che le leadership venete sono da sempre restie e candidarsi a ruoli nazionali, ma se si vuole contare, e fare valere le ragioni del territorio, questo passaggio è ormai ineludibile e non più rimandabile.
E così come la Liga Veneta non ha mai avuto la Segreteria del Partito, così Confindustria non ha mai avuto un esponente veneto al vertice dell’Associazione.
Enrico Carraro, sicuramente interpretando il pensiero di molti suoi associati, il problema adesso sembra averlo posto, e di conseguenza è molto probabile che da qui in avanti il mondo industriale del Nord est lavori nella prospettiva d
i occupare con un proprio esponente la presidenza adesso espressa da Carlo Bonomi.
Io credo inoltre che il mondo produttivo del Nord Est nutra anche qualche diffidenza sui programmi economici dell’eventuale Governo di centro destra. Il sistema produttivo veneto è basato sulle esportazioni, e per funzionare necessita di un elevato grado di interconnessione fra l’economia italiana e le economie di altri Paesi europei (si pensi alle cosiddette catene globali del valore che legano appunto le nostre imprese a quelle del centro Europa). Chissà se questa fondamentale esigenza degli industriali veneti potrebbe confliggere con la vulgata sovranista del duo Meloni-Salvini?
A fronte delle proteste di Confindustria Veneto, cosa farà la Liga veneta?
Farà finta di niente, di non capire? Punterà anch’essa i piedi, o preferirà rimanere in un’aurea subalternità rispetto ai lombardi?
Attenzione però; se agli iscritti e ai sostenitori sorge il dubbio che il proprio Partito non sia più in grado di garantire i loro interessi, prima o poi possono essere tentati di cambiare cavallo!
Umberto Baldo