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Edizione del 25/07/2022
Estratto da pag. 1
Calenda: “Il centro sono io” - politica
Il leader di Azione presenta il «patto repubblicano» con Bonino e dialoga con il Pd per arginare la destra. Le sue condizioni: Draghi premier e porta sbarrata a chi non ha votato la fiducia (M5S, Verdi e Sinistra Italiana)
ROMA. La discussione col Pd è aperta, adesso è iniziato davvero quel dialogo che ieri Carlo Calenda aveva definito «possibile» nell’intervista alla Stampa. Un confronto non facile, che subito rischia di attorcigliarsi sulla questione del candidato premier, che per Calenda non può che essere Mario Draghi e non Enrico Letta, come invece vorrebbe lo statuto Pd. Senza contare i veti - ricambiati - del leader di Azione a «chi non ha votato la fiducia a Draghi», categoria nella quale rientra anche Nicola Fratoianni, oltre che M5S. Ma il dato è che nonostante le schermaglie e le asprezze i due si sono parlati ieri, un colloquio che in teoria sarebbe per ora dovuto restare riservato. L’obiettivo, ovviamente, è di trovare un assetto in grado di sbarrare la strada alla destra alle elezioni di fine settembre, evitare di regalare a Salvini e Meloni la quasi totalità dei collegi uninominali, quelli dove vince solo chi arriva primo con un voto in più. Su questo lavora molto anche Emma Bonino, che da mesi ha stretto un accordo con Calenda e che in queste ore ha parlato a sua volta al telefono con Dario Franceschini. E che, soprattutto, detiene il simbolo che permetterebbe di evitare una raccolta di firme in corsa per poter presentare le liste. Insieme, Bonino e Calenda (cioè Azione e Più Europa) presentano alla stampa i punti del «patto repubblicano» che offrono «a tutti i cittadini e alle forze politiche che hanno votato la fiducia a Draghi». Appello che trova orecchie attente soprattutto in quei mondi delusi dalla svolta a destra di Forza Italia. Aderisce subito Mariastella Gelmini, si guarda con attenzione a Mara Carfagna, che dopo la dura nota della scorsa settimana sta valutando cosa fare ma che molti danno ormai decisa a lasciare a sua volta Fi. Più complicato il dialogo con Giovanni Toti, mentre sembra proprio non decollare il rapporto con Matteo Renzi.L’obiettivo principale di Calenda sembra l’elettorato moderato di centrodestra: «Forza Italia è entrata a pieno titolo nell'area populista, sovranista, anti-europea e anti atlantica». Per intercettare quel voto forse una corsa solitaria sarebbe più efficace. Ma la legge elettorale ha le sue regole e con quella attuale è molto complicato andare per conto proprio.Ieri, oltre a Letta, il leader di Azione ha visto anche il leader Iv, ma senza che ci siano stati passi avanti. Tanto che Renzi, secondo quanto racconta chi ci ha parlato, è sempre più determinato a preparare le liste, per essere comunque pronto a correre anche da solo se da Azione non arrivassero aperture e se nemmeno il Pd offrisse una forma di alleanza: ma, è il ragionamento di Renzi, poi spiegheranno loro questa scelta in caso di sconfitta. In Tv Renzi si limita a dire: «Quello che farà Calenda lo dirà lui. Gli ho detto, se c'è un progetto serio per il Paese sono disponibilissimo a dare una mano». Quando gli si fa notare la freddezza di Calenda, Ettore Rosato, presidente di Iv, commenta così: «Per noi quello che conta sono i contenuti, quelli che ha espresso la linea-Draghi. Se ci si ritrova sui contenuti, in politica molto è già fatto. Poi, se servirà noi siamo pronti a correre da soli o disponibili».Al Tg1 Calenda assicura di non porre «veti, tranne per M5S con cui non mi sono mai alleato, e i sovranisti che hanno fatto cadere Draghi insieme a M5S». Ma il rapporto è complicato anche con molti altri satelliti della galassia centrista. E poi, appunto, c’è la bordata a Fratoianni e Bonelli: «Non so se Bonelli e Fratoianni nel frattempo vogliano i termovalorizzatori, ma so che sono quelli che stanno dicendo che l'agenda Conte era meglio dell'agenda Draghi. Ma questi sono fatti che riguardano il Pd non noi». Perché proprio i termovalorizzatori sono tra i punti fondamentali del «patto repubblicano» proposto da Calenda e Bonino. Così come la chiarezza su europeismo e atlantismo e il sostegno all’Ucraina «anche con l’invio di materiale bellico». Calenda e Bonino aprono poi al salario minimo «nel solco della direttiva europea», come appunto aveva detto anche Draghi, ma il reddito di cittadinanza è da riformare e l’inte
rvento diretto dello Stato nella gestione delle aziende deve essere limitato al minimo, «con gestione privatistica e per il minor tempo possibile», cioè il contrario di quanto teorizza per esempio Andrea Orlando. Senza contare che quando un cronista cita il nome di Luigi Di Maio, come possibile interlocutore, Calenda risponde così: «Non so di chi si stia parlando, non so di chi si parla, non mi risulta».Ma, appunto, lo snodo di tutto è il confronto con il Pd. Dice la Bonino: «Da 24 ore è finalmente iniziata un'interlocuzione col Pd, che in questi anni ha sempre preferito altri interlocutori». E Calenda su questo tende la mano: «Letta è una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare». Certo, insiste, per palazzo Chigi lui vede solo il nome di Draghi, ma di questo - dice il Pd - si potrà discutere dopo.

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