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Dir. Resp.
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Edizione del 24/07/2022
Estratto da pag. 1
Infermiere di Triage condannato, SIMEU: "Solita ondata di commenti a discredito della professionalità degli infermieri"
[AddText_01-18-01]Continua a far discutere la notizia della condanna a otto mesi di reclusione diEmanuele, infermiere di triage dell’ospedale San Luigi di Orbassano (Torino)che nel marzo del 2019 classificò per tre volte come codice verde un 63enne,poi morto per la rottura di un aneurisma addominale.Operare in sicurezzaDopo Nursind Piemonte, che ha parlato di un “sistema che non garantisce, datempo, condizioni accettabili in grado di poter operare in sicurezza”, è statala volta del presidente nazionale SIMEU (Società Italiana della Medicina diEmergenza-Urgenza) Fabio De Iaco.In un articolato comunicato stampa che riportiamo qui integralmente, ilpresidente ha cercato di fare chiarezza sul funzionamento del sistemaurgenza-emergenza italiano, sulle sue carenze e sulle diverse responsabilità.Un colpo allo stomaco“Il titolo di giornale è un colpo allo stomaco: ‘Morto dopo sette ore al ProntoSoccorso, condannato l’infermiere che lo classificò codice verde’. La condanna:otto mesi per omicidio colposo.Chi conosce il Pronto Soccorso non può non percepire una profonda dissonanza tra l’evento drammatico e l’esito giudiziario: può l’agire personale di unsingolo professionista essere l’unica causa punibile del fallimento (vero opresunto, qui poco importa) di un intero sistema?”Un sistema complesso“La Medicina d’Emergenza Urgenza (in questo caso il Pronto Soccorso) non puòessere banalmente ridotta a un semplice atto medico o infermieristico: èorganizzazione, è stratificazione del rischio, è valutazione probabilistica, ècontinua collaborazione interprofessionale.È un sistema complesso di ingranaggi che consente di gestire decine di milionidi accessi, richieste, visite, ogni anno. In un rapporto numerico traprofessionisti e pazienti che, senza l’organizzazione, decreterebbe ilfallimento immediato della disciplina.”Il triage e l’infermiere“Il triage è l’elemento cruciale del sistema: senza una valutazioneprofessionale della priorità della visita ogni Pronto Soccorso crollerebbe inun’ora. E per questa valutazione occorre una competenza specifica, con buonapace di coloro che disquisiscono di codici e colori senza neppure conoscere ladifferenza tra i concetti di priorità e gravità.La competenza sul triage è dell’infermiere, che per legge si forma conspecifici corsi e applica protocolli complessi, mettendosi sulle spalle laresponsabilità dei flussi di Pronto Soccorso.E gli innumerevoli esiti positivi del Pronto Soccorso, quelli che, giustamente,non fanno scalpore e non finiscono sui giornali, sono dovuti anche allacontinua e professionale opera degli infermieri di triage.”Soliti commenti a discredito degli infermieri“Sono affermazioni banali per gli addetti ai lavori ma diventano necessariequando, come in questo caso, al clamore mediatico di una sentenza corrispondela solita ondata di commenti a discredito della professionalità degliinfermieri, pronti a coprire di fango un professionista la cui responsabilitàsarà comunque ancora oggetto di ulteriori gradi di giudizio”.Alcune considerazioni“Il triage è competenza di un unico professionista, l’infermiere. Stabilitoquesto, alcune considerazioni generali sono dovute, pur non volendo né potendoentrare nello specifico di una sentenza di cui attendiamo le motivazioni.Primo: per definire la responsabilità del professionista è necessariorispondere a due domande: c’è stato errore (inteso come deviazione rispetto aprotocolli e buone pratiche)?; c’è un nesso di causalità tra l’eventuale erroree l’esito infausto?Domande cruciali che generano altri interrogativi, tra i quali: c’è stataqualche decisione non conforme al protocollo aziendale?; le informazioni emersedurante il dibattimento erano tutte disponibili al professionista?; qualicondizioni sono state certificate dalla visita medica (parametri, esami, ecc.);qual era la situazione di affollamento e quale traffico è stato registrato inquelle ore? Leggeremo le motivazioni della sentenza”.Consulenze tecniche“Ma è un fatto che per rispondere a questi interrogativi è necessaria unaprofonda e certificabile conoscenza del mondo del Pronto Soccorso. Ma
qui, peresperienza comune pluriennale, è lecito immaginare che le consulenze tecnichedi cui ci si è avvalsi non siano giunte da professionisti di Medicinad’Emergenza Urgenza. Pongo una semplice domanda: nel corso del processo è stato interpellato uninfermiere esperto di triage? O un direttore di Pronto Soccorso? Sarebbe logicogiudicare un evento accaduto in UTIC senza una consulenza di cardiologia? O indialisi senza un nefrologo? Tuttavia quando l’imputato è il Pronto Soccorsoogni altro specialista è autorizzato a fornire pareri tecnici.”Tempi di attesa“Secondo è probabile che il giudizio dipenda da un’interpretazione rigida deitempi d’attesa correlati al codice di triage. Ma i tempi previsti neiprotocolli di triage sono indicativi: obiettivi ai quali mirare compatibilmentecon la situazione di impegno dell’intera struttura.La stessa attesa di oltre sei ore per un codice verde (com’è accaduto nel casoin questione) è certamente il risultato di una situazione di affollamento, dicarico di lavoro del Pronto Soccorso superiore alle risorse disponibili.Così come non è stata rispettata la tempistica d’attesa per il codice verde,perché si dovrebbe pensare che sarebbe stato possibile per un codice giallo?”L’insufficienza del sistema“Il triage ha subito un’evoluzione migliorativa. Non è un caso se questaSocietà Scientifica ha licenziato, da anni, nuove linee guida, di concerto conla Conferenza delle Regioni, che ancora attendono di essere applicatediffusamente sul territorio nazionale.Non è azzardato pensare che con il triage a cinque livelli la priorità delpaziente sarebbe stata differenziata rispetto alla moltitudine indistinta dicodici verdi generata dal triage a quattro codici. E l’insufficienza delsistema non può essere imputata al professionista che applica l’unicoprotocollo disponibile e validato.”Vari livelli di lettura“In questa storia ci sono vari livelli di lettura: per prima c’è la dimensioneumana, dei singoli sfortunati protagonisti. A partire dalla persona purtroppodeceduta, dai suoi familiari, dalle persone a lui vicine: la vicinanza e lasolidarietà sono, ovviamente, fuori discussione. Pur conoscendola bene, allamorte improvvisa in Pronto Soccorso non ci abitueremo mai, e continueremo aconsiderarla una sconfitta.E poi c’è l’infermiere condannato: non c’è alcuna volontà di sottrarci allavalutazione della responsabilità del singolo professionista (non lo facciamomai, ogni volta che mettiamo una firma o eseguiamo una procedura).”Un peso tremendo“Ma una condanna per omicidio colposo è un peso tremendo al quale ci sentiamotutti esposti quotidianamente, e del quale non vogliamo immaginare leconseguenze personali e famigliari.Ma c’è un altro livello di lettura, non meno importante: è pensabile continuarea ignorare l’assoluta peculiarità della Medicina d’Emergenza Urgenza? Si puòproseguire a trattare l’attività di Pronto Soccorso come quella di qualunquealtro reparto dell’ospedale?Possiamo ignorare ancora le enormi difficoltà attraverso le quali i nostriprofessionisti continuano a fornire un servizio vitale? Si può mettere ognigiorno in gioco la responsabilità dei singoli di fronte alle enormi carenze delsistema?”Una sentenza importante“Sono domande che attendono risposte adeguate, dalle quali dipende non solo lasopravvivenza della disciplina, ma soprattutto la disponibilità futura di unservizio insostituibile per la salute dei cittadini. L’importanza di questasentenza è enorme: in futuro potrà fare giurisprudenza, condizionare icomportamenti, determinare la disponibilità stessa degli infermieri aproseguire in un’attività gravosa, di grande responsabilità, usurante e nonvalorizzata.Per tutti questi motivi, ma anche per la vicinanza dovuta a un collega indifficoltà, restiamo accanto al nostro infermiere e gli offriamo totalesostegno”. Arezzo, infermiere a processo per atti sessuali