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Edizione del 03/07/2022
Estratto da pag. 1
Salvini in missione a Milano per fermare la corsa di FdI al Nord - La Provincia Pavese
Il leader del Carroccio serra le fila, in Regione per incontrare gli assessori leghisti e poi in via Bellerio con i big del partito
Dare una sistemata al partito. È questo l’obiettivo della giornata milanese di oggi di Matteo Salvini. Due gli appuntamenti: in Regione per incontrare consiglieri e assessori del Carroccio, poi in via Bellerio con lo stato maggiore della Lega. Dare una sistemata al partito vuol dire, oltre che frenare i mugugni interni, anche tentare di arginare il dilagare di Fratelli d’Italia al Nord.Giorgia Meloni ha da tempo l’obiettivo di conquistare territori storicamente complicati per la destra, specie per il suo partito percepito come romano centrico, perché è impossibile essere egemoni senza contare nel settentrione. L’operazione è a buon punto ed è portata avanti a spese, soprattutto, della Lega. La prova sta nei centri medio-grandi di Lombardia, Veneto e Piemonte dove FdI ha superato praticamente ovunque il Carroccio. Il sorpasso d’altronde è stato sfiorato già alle comunali di Milano quando la lista di FdI è rimasta dietro a quella della Lega solo per 4 mila voti. E non è un caso che per la conferenza programmatica del partito sia stata organizzata a City life e che a Matteo Salvini fu di fatto impedito di passare per un saluto.Meloni insiste con gli alleati: «Dobbiamo vederci per fissare le regole della coalizione». Forza Italia nicchia, mentre Salvini insiste nel dire «anche domani». Lo stato dei rapporti è pessimo: «Se Giorgia dice di essere la leader del centrodestra, perché non convoca lei questo benedetto vertice?», si chiede un dirigente molto vicino al segretario. Tutti sono convinti che prima o poi ci si metterà insieme, almeno se la legge elettorale resterà questa. Ma gli strascichi di queste incomprensioni possono lasciare il segno.Così, per difendere il «fortino del Nord» e per arrivare il più possibile compatti all’imminente confronto con gli alleati, Salvini oggi starà a Milano tutto il giorno. Durante la riunione del mattino, la prima con tutti gli eletti e gli amministratori «lumbard» dopo che Fontana ha dato la sua disponibilità a correre per un bis nel 2023, si parlerà di «taglio delle liste d’attesa dopo il Covid, Olimpiadi, infrastrutture e lavoro». Temi centrali in Lombardia, certo, ma forse meno spinosi dell’altra questione sul tavolo: la necessità di fare quadrato attorno a Fontana, alla luce della recente disponibilità a candidarsi della vicepresidente Letizia Moratti e dal fatto che la partita lombarda è legata alle scelte che il centrodestra farà in Sicilia (dove si vota in autunno) e nel Lazio. Ma il vertice più atteso èquello del pomeriggio. Intanto perché non si tratta di un consiglio federale classico, ma del primo tentativo di una «segreteria allargata». Un cambio di passo che interessa i big (che vogliono dire la loro dopo che alcune uscite «in solitaria» del segretario li hanno lasciati perplessi), ma che preme anche a Salvini, stanco di essere il solo a metterci la faccia. Convocati i capigruppo di Roma e Bruxelles, i ministri, i vicesegretari e una rappresentanza dei governatori. Attilio Fontana e Luca Zaia ci saranno, mentre Massimiliano Fedriga è assente giustificato perché impegnato all’estero. In base all’odg si discuterà di «lavoro, inflazione, caro energie e carburanti». Ma è sotto la voce varie ed eventuali che si annidano i possibili argomenti di frizione. Se da una parte sembra lontana l’ipotesi di un’uscita dal governo Draghi, dall’altra resta attualissima quella del come rimanerci. Un esempio? La liberalizzazione del commercio ambulante inserita nel Ddl Concorrenza. Dentro il partito c’è chi vorrebbe rimetterla in discussione, come accaduto pochi giorni fa con il voto di un emendamento di FdI in difesa dei balneari. Peccato che questa volta a gestire il faldone sia il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Qualcuno oserà sfidarlo? E poi ci sarebbero anche altre questioni: i malumori della base, i congressi, il nome del segretario nel simbolo del partito, la richiesta dei veneti di un chiarimento con Salvini. Tutte cose difficili da affrontare in tempi di pace. Figuriamoci quando il «fortino del Nord» è sotto attacco.

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