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Edizione del 30/06/2022
Estratto da pag. 1
Le conseguenze della siccità che sta interessando soprattutto le regioni del Nord Italia non sono significative soltanto per le centrali idroelettriche: negli ultimi giorni diverse aziende energetiche sono state costrette a ridurre la capacità o addirittura fermare la produzione di alcune centrali termoelettriche, principalmente alimentate a gas. Sono state fermate grandi centrali a Moncalieri, in provincia di Torino, a Sermide e a Ostiglia, in provincia di Mantova. A La Casella (Piacenza), Chivasso (Torino), Turbigo (Milano), e Tavazzano (Lodi) la potenza è stata limitata complessivamente di circa 4.800 megawatt.
Tutte queste centrali si trovano a poca distanza dai fiumi, che normalmente forniscono agli impianti una grande quantità di acqua indispensabile per il ciclo produttivo: viene infatti utilizzata per raffreddare e far condensare il vapore che esce dalle turbine. Ma negli ultimi mesi, a causa delle scarse precipitazioni e delle alte temperature, i fiumi sono perlopiù in secca.
Al di là di qualche leggera pioggia arrivata nel Nord Ovest, dall’inizio dell’anno la situazione è rimasta per lo più la stessa: i flussi atlantici che solitamente portano perturbazioni verso il mar Mediterraneo sono stati bloccati da insistenti e anomali anticicloni, aree di alta pressione, generalmente associata al bel tempo. L’anomalia aveva aggravato una situazione già piuttosto critica a causa dei mesi di ottobre e novembre, molto secchi rispetto al solito, con scarse precipitazioni nevose che avrebbero garantito una riserva di acqua per la primavera. Gli esperti speravano nelle possibili piogge primaverili, che ci sono state ma non in misura tale da compensare gli effetti di mesi di scarse precipitazioni. Con il significativo aumento delle temperature segnalato a maggio, è stato chiaro che i mesi estivi sarebbero stati difficili per l’agricoltura e anche per le aziende che producono energia.
Sono abbastanza intuibili i problemi che la siccità causa alle centrali idroelettriche, che sfruttano l’energia cinetica di grandi masse d’acqua in movimento per la produzione di energia elettrica. Il principio di produzione dell’energia idroelettrica è stato sempre lo stesso dalla fine dell’Ottocento, quando furono costruiti i primi impianti in Lombardia: le Alpi e in parte gli Appennini garantiscono le pendenze necessarie per far funzionare gli impianti ad alta produttività che per questo si trovano prevalentemente nelle regioni del Nord. Già dalla metà di marzo, quando la siccità iniziò a creare problemi in diverse regioni italiane, molte centrali idroelettriche furono costrette a limitare la produzione.
Negli ultimi giorni sono state spente molte altre centrali. Tra le più importanti c’è quella di Isola Serafini, in provincia di Piacenza, gestita da Enel. La centrale produce energia grazie all’acqua del fiume Po, che viene deviata dal suo corso e fatta confluire nelle turbine idrauliche. Quando il livello del fiume è troppo basso, le autorità che gestiscono l’acqua sono costrette a dare la priorità all’irrigazione dei campi limitando la produzione di energia elettrica. Molte altre centrali idroelettriche nelle regioni del Nord Italia sono nella stessa situazione.
– Leggi anche: Il Po a secco
Ma l’acqua non è importante soltanto per l’idroelettrico: anche le centrali a gas dipendono dai fiumi. Semplificando molto, nelle centrali termoelettriche la combustione del gas naturale viene utilizzata per riscaldare l’acqua all’interno di una caldaia per generare vapore. Il vapore ad alta pressione e temperatura alimenta il moto di una turbina collegata a un alternatore che genera energia elettrica. Il vapore viene quindi scaricato dalla turbina e raccolto dentro un condensatore, all’interno del quale, per mezzo di acqua di raffreddamento proveniente dall’esterno, viene condensato e riportato nella caldaia per iniziare un nuovo ciclo di produzione. Questa tipologia di centrale, molto diffusa in Italia, richiede una grande quantità di acqua che viene utilizzata soprattutto per il raffreddament
o del vapore.
A2A, una delle più grandi società energetiche del Nord Italia, ha confermato di aver spento alcuni impianti di produzione di energia sul fiume Po a causa della carenza d’acqua. In una nota, la società ha spiegato che il suo ruolo è di garantire la produzione di energia, ma anche assecondare le esigenze del territorio.
Nonostante le limitazioni decise dalle centrali, il livello dei fiumi è comunque molto basso. L’ultimo report dell’ANBI, l’associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, parla di una «magra epocale» del fiume Po: nel punto di rilevamento di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, la portata si è dimezzata in 2 settimane, scendendo a poco più di 170 metri cubi al secondo. In Piemonte, ad eccezione della Stura di Lanzo, tutti fiumi hanno diminuito la loro portata e il Tanaro è al 30% della portata di un anno fa. «Abbiamo due settimane di tempo, non oltre, in cui cercare di governare la risorsa acqua per quella poca che è rimasta», ha detto Vittorio Viora, presidente di Anbi Piemonte.
In Valle d’Aosta, la Dora Baltea ha raggiunto i valori minimi negli ultimi anni. In Lombardia, le portate del fiume Adda, nel cui bacino idrografico le precipitazioni sono state finora di 270 millimetri contro una media di 460, sono inferiori del 67% rispetto alla normalità. Anche le portate di Brembo (-54%), Serio (-63%) e Oglio (-64%) sono molto basse. La situazione non è migliore nel Nord-Est: in Veneto, il fiume Adige ha un’altezza idrometrica inferiore di 2 metri e mezzo rispetto a un anno fa. In Friuli, i serbatoi nei bacini della Livenza e del Tagliamento mantengono valori inferiori ai minimi storici del periodo. Negli ultimi giorni i segnali della siccità sono arrivati anche in molte regioni del Centro e del Sud.
Mercoledì i presidenti delle Regioni, che hanno già iniziato ad approvare restrizioni all’uso dell’acqua, hanno incontrato il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio per individuare i criteri che porteranno alla dichiarazione dello stato di emergenza a causa della siccità. Non è ancora chiaro cosa comporterà la dichiarazione dello stato di emergenza. Il presidente della conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, ha detto che sarà importante soprattutto confrontarsi per studiare interventi in vista dei prossimi anni. «C’è l’esigenza di interventi strutturali perché da qui ai prossimi anni ci aspettiamo di trovarci spesso purtroppo in situazioni come quella attuale», ha detto. «Occorre fare sistema e creare le infrastrutture necessarie alla gestione coordinata e continuativa per affrontare in modo efficace ogni possibile carenza d’acqua. Dobbiamo pensare ad una infrastrutturazione con bacini e ad una forte semplificazione normativa anche sotto il profilo ambientale».
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