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Edizione del 21/06/2022
Estratto da pag. 1
l’editoriale
Mezzogiorno, 21 giugno 2022 - 09:01
Un argine alla crisi dei partiti
Civismo e polemiche
di Francesco Strippoli
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Tutti pazzi per il civismo. Non c’è solo Michele Emiliano a cantare le lodi delle liste civiche, capaci a suo dire di rivitalizzare un mondo politico asfittico. Il governatore è stato il primo ma di recente sono seguite autorevoli dichiarazioni da parte dei vertici nazionali del Pd. Vi aveva accennato lo stesso Enrico Letta in autunno. Dopo il voto del 12 giugno, è stato ancora più esplicito il vice segretario Giuseppe Provenzano. Il quale, intervistato, così rispondeva una settimana fa: «Occorre intercettare quel grande bacino rappresentato dalle forze civiche che hanno dato un contributo determinante nelle realtà locali a costruire un progetto comune a tutte le forze politiche alternative alle destre».
C’è poi una notevole fetta del centrodestra pugliese che in maniera esplicita si è assegnato il compito di emulare Emiliano. Partiamo da qui. Lasciamo da parte il centrodestra che farebbe bene – prima di ogni altra cosa – ad allevare una propria credibile classe dirigente prima di pensare di assomigliare ad altri. Conviene concentrarsi sul Pd, dove il tema provoca sempre discussioni laceranti, nel presupposto che le civiche sottraggano voti e consenso al Pd. La domanda è ovvia: se i vertici del partito hanno sdoganato le civiche, significa che Emiliano ha avuto ragione? In parte sì. Con onestà intellettuale, l’ex capogruppo in Regione Paolo Campo l’ha riconosciuto nell’intervista di qualche giorno fa al nostro giornale («Michele ci ha visto prima, come per il M5S»). Tuttavia non è tutto così semplice.
Quando Letta, Provenzano e Boccia parlano delle civiche, essi alludono a un serbatoio di militanza cui attingere per irrorare la pianta del Pd, un fusto alto per i valori italiani ma fermo attorno al 20%, insufficiente per governare da solo. Chi sono i civici? Nel migliore dei casi: gruppi e singoli desiderosi di impegnarsi ma indisponibili a farsi rinchiudere nelle forme organizzate del partito politico (che evidentemente respingono, soprattutto perché fuori moda). Nel peggiore dei casi: figure che sanno di non aver alcuna possibilità di successo in un contenitore organizzato dove è alta la concorrenza interna. I vertici dem guardano alle civiche come a soggetti cui succhiare energia per corroborare la performance del partito: soprattutto nelle competizioni elettorali di tipo maggioritario, dove occorre fare massa critica per ottenere risultati visibili. Per Emiliano la questione è diversa. Egli si proclama un aderente al Pd (non iscritto solo perché magistrato) ma marca una profonda distanza dal sistema dei partiti, tutti i partiti, anche il “suo”. È illuminante la frase pronunciata qualche settimana fa: «Il punto è che, grazie a Dio, anche senza partiti o comunque con una partecipazione dei partiti non determinante, la Puglia ha messo a punto un metodo».
Nella sua visione i partiti sono superati, sclerotizzati, cascami di una organizzazione novecentesca della politica. Per altri versi, il corteo di civiche che lo sostiene è quel «coacervo indistinto» che gli è stato rimproverato dal Pd nazionale: buono, si intuisce, solo per sostenere le ragioni del leader. Sicché mentre il Pd pensa alle civiche per irrorare il partito, Emiliano pensa a loro come strumento per conservare il consenso: il proprio ma pure quello del Pd, come è stato osservato da chi in Regione dice che «senza Emiliano e le civiche non saremmo qui». Conclusione: il civismo potrebbe rappresentare un argine alla crisi della militanza, il come farlo è da vedersi. C’è una sede in cui si può discutere: è il congresso pugliese del Pd. Così quelle assise potrebbero servire a qualcosa di più che eleggere un segretario.
21 giugno 2022 | 09:01
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