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Edizione del 13/06/2022
Estratto da pag. 1
Carenza di medici specialisti, Brunetto: “Creare un ‘turismo sanitario’ verso la Liguria e assunzioni di ruolo al quarto anno di specializzazione”
Carenza che minaccia concretamente di compromettere il normale funzionamento del sistema sanitario: ecco le possibili soluzioni
Liguria. Anticipare l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro consentendo agli specializzandi del quarto anno di diventare “medici di ruolo” e, inoltre, attivare convenzioni con le regioni confinanti per creare flussi di medici specialisti “pendolari della sanità” nei periodi di maggiore affluenza turistica.

Sono queste le due soluzioni proposte da Brunello Brunetto, presidente della commissione sanità in Regione, per far fronte alla carenza di medici specialisti che minaccia sempre più concretamente di compromettere il normale funzionamento del sistema sanitario italiano e ligure.

Ad oggi, sono due le figure rispetto alle quali si registrano le maggiori criticità: gli specialisti di medicina d’urgenza e gli specialisti di anestesia-rianimazione. Ma ci sono carenze anche in altri settori, come la pediatria o l’ostetricia-ginecologia. Qualche dato lo fornisce lo stesso Brunetto, già direttore della Struttura complessa di anestesia e rianimazione degli ospedali di Savona e Cairo Montenotte: “Secondo i dati raccolti dall’ Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani-Emergenza Area Critica, in Italia oggi mancano 4mila medici anestesisti-rianimatori. In Liguria, in particolare, ne mancano 70 circa, dei quali 20 in Asl2”.“Di fronte ad una situazione del genere, in molti hanno lanciato idee e proposte considerate risolutive. Ma in alcuni casi, non è detto che siano davvero risolutive o che siano percorribili in tempi brevi. Ad esempio, abbiamo assistito alla proposta di ‘liberalizzazione’ dell’accesso alle facoltà di medicina con l’eliminazione del numero chiuso e dell’esame di ingresso. Ammesso che ne porti, questa misura porterà vantaggi solo tra una decina d’anni, visto che gli studenti che ora sono entrati a medicina non ne usciranno prima di 11 anni, dei quali 6 di corso e 5 di specializzazione. Questa non è una strada percorribile, ma in generale occorre valutare altre soluzioni. Ad esempio, forme di incentivazione per specialità che, ad oggi, hanno una scarsa attrattività o poche o nulle possibilità di libera professione, come la medicina d’urgenza”.

Secondo Brunetto “per non assistere impotenti a questa situazione, che diventerà drammatica e avrà pesanti ricadute sulle possibilità di fornire assistenza ai cittadini, le possibilità sono due”. La prima può dare “risultati certi” e consiste nell’intervenire a livello della Conferenza Stato-Regioni per fare in modo che gli ospedali possano assumere gli studenti specializzandi e inserirli in organico come dirigenti medici di ruolo a tutti gli effetti. E’ una possibilità che in passato tutte le strutture sanitarie avevano: “Un aneddoto: nel 1986 il sottoscritto ed il dottor Marco Bertolotto eravamo entrambi specializzandi di anestesia al secondo anno; entrambi abbiamo vinto il concorso ed entrambi siamo diventati di ruolo al Santa Corona. Vista la carriera di entrambi, appare evidente che la scelta di puntare su due ‘giovani studenti’ non ha causato danni e, anzi, ha portato qualcosa di buono. Allora assumere gli specializzandi era possibile, dobbiamo fare in modo che torni possibile anche oggi, magar istituendo meccanismi di tutoraggio da parte dei direttori delle strutture”.

La seconda possibilità è tutta “local” ed è praticabile per regioni che, come la Liguria, registrano importanti presenze turistiche in ben precisi periodi dell’anno: “E’ necessario stabilire convenzioni con le Regioni vicine (Piemonte e Lombardia) in base alle quali i flussi di turistici da questi territori verso la Liguria siano accompagnati da analoghi flussi di medici specialisti, pronti a prestare la loro opera nelle strutture nelle quali c’è maggiore carenza. Bisogna infatti considerare che le criticità che registra il sistema sanitario ligure non possono spingere le istituzioni a rendere gli organici ipertrofici e sproporzionati rispetto alle vere necessità della popolazione. Con questa sorta di ‘pendolarismo della sanità’ o ‘turismo sanitario specialistico’ potremmo ovviare al problema e rimpinguare gli organici quando ce n’è più biso
gno”.La carenza di medici specialisti è, come detto, un problema di portata nazionale. Che ha la sua origine fin dall’università: “Molte borse di studio messe a disposizione di studenti di anestesia-rianimazione e medicina d’urgenza stanno andando deserte – nota ancora Brunetto – C’è una vera e propria ‘fuga’ da determinate specialità, che al momento non risultano essere appetibili per rischi di vario tipo: medico-legale, biologico, di contenziosi da parte dell’utenza; il tutto a fronte di scarsa soddisfazione e scarsa remunerazione economica a favore di altre specialità che, con minor numero di rischi, permettono di avere più soddisfazioni”.

Proprio per questo, secondo Brunetto, occorre “facilitare l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro, anticipando l’assunzione come medici di ruolo. Questa è ovviamente una soluzione che può risolvere la carenza di organico per un arco di tempo di un paio d’anni. Nel giro di due anni, infatti, gli attuali specializzandi entreranno comunque nel mondo del lavoro. Ma intanto è una soluzione ‘tampone’ da non scartare”.Anche perché la specialità di anestesia-rianimazione non ha equipollente, cioè nessun altro medico specialista può svolgere il ruolo e le funzioni di un anestesista-rianimatore: “Ma nei pronto soccorso possono lavorare anche altri specialisti. Quindi per incentivare il servizio nei PS potrebbe essere utile assegnare un punteggio aggiuntivo da monetizzare o sfruttare per l’accesso a rami quali chirurgia generale o altri. In altre parole: trascorrere un periodo di lavoro al pronto soccorso (quantificabile, ad esempio, in un paio d’anni) consentirebbe di ottenere un punteggio che, sommato all’esperienza maturata, potrebbe costituire un elemento di merito ‘incentivante’ nell’ambito del concorso per l’accesso ad altre branche. Il servizio nei pronto soccorso, quindi, potrebbe essere una ‘porta di ingresso’ nel mondo del lavoro, in grado di fare punteggio e garantire una utile esperienza di casi in urgenza, un percorso certamente molto formativo per qualsiasi neo specialista. E potremmo anche immaginare di prevedere un ‘incentivo’ per i medici che già prestano servizio in pronto soccorso e che, proprio per questo, non posso dedicarsi all’attività libero-professionale”.