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Edizione del 27/05/2022
Estratto da pag. 1
Contenere i cinghiali deve essere priorità nazionale
Non solo continui danni agricoli o incidenti stradali, ma è sempre più evidente il pericolo ambientale e di salute pubblica derivante dalla presenza urbana dei cinghiali e del diffondersi della peste suina africana
Serve un piano nazionale di abbattimento di fronte alla proliferazione dei cinghiali che riguarda ormai tutta la Penisola dove sono saliti a ben 2,3 milioni gli esemplari che rappresentano un pericolo per la sicurezza dei cittadini, per le attività agricole e rischiano di diffondere la peste suina ben oltre le aree infette.

“Bisogna far presto sull’emergenza cinghiali. Serve un intervento normativo urgente, in quanto sono sempre più evidenti i rischi, sia di salute pubblica che per le attività delle imprese, nel procrastinare i provvedimenti di gestione della fauna selvatica anche in relazione al diffondersi della peste suina sul territorio nazionale”, dichiara l’Assessore della Regione Veneto, Federico Caner, Coordinatore della Commissione Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni.“Abbiamo già chiesto il sostegno del Ministro Patuanelli alle norme predisposte dal Ministero della Transizione Ecologica, per contribuire in maniera efficace al controllo dei cinghiali e di altre specie di ungulati.Il provvedimento inoltre è stato già condiviso con il Ministero della Transizione ecologica attraverso un proficuo lavoro di interlocuzione con la Sottosegretaria Vannia Gava in commissione agricoltura della Conferenza delle Regioni e poi approvato dai Presidenti.Quindi siamo di fronte a quella sempre auspicata e fattiva collaborazione istituzionale, che dimostra anche quanto sia sentita l’urgenza della risoluzione del problema dai territori e la necessità di un provvedimento che permetta di controllare l’espansione dei cinghiali e di altre specie di ungulati.Ormai non si tratta solo dei continui danni agricoli o degli incidenti stradali provocati, ma è sempre più evidente il pericolo ambientale e di salute pubblica derivante dalla presenza urbana dei cinghiali e del diffondersi della peste suina africana.Gli interventi potrebbero invece migliorare le attività di controllo della fauna selvatica da parte delle Regioni. Su questo abbiamo riscontrato inoltre una piena sintonia anche con il Sottosegretario alla Salute, Andrea Costa nella riunione convocata ieri alla sua presenza e del Commissario straordinario, Angelo Ferrari, sulla peste suina anche in relazione a quanto prevede ISPRA nelle linee guida per i Piani Regionali per l’eradicazione della PSA in cui indica nel consistente aumento del prelievo dei cinghiali uno degli obiettivi del piano stesso”.

“Serve responsabilità delle Istituzioni per un intervento immediato e capillare di contenimento della popolazione dei cinghiali lungo tutto il territorio nazionale” chiede il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “la necessità della loro riduzione numerica attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 con l’articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Siamo infatti costretti ad affrontare una grave emergenza sanitaria perché – precisa Prandini – è mancata l’azione di prevenzione come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali. A preoccupare è – continua Prandini – l’immobilismo delle Istituzioni dopo i casi di peste suina individuati in Piemonte, in Liguria e nel Lazio, dove solo a Roma e provincia dove si stima la presenza di 20mila cinghiali, con il rischio concreto che l’emergenza si allarghi ad altre regioni limitrofe dove si concentra la norcineria nazionale che è un settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi. Non c’è’ consapevolezza – denuncia Prandini – del momento drammatico che stanno vivendo gli allevatori con compensi riconosciuti che sono inferiori ai costi sostenuti per gli aumenti energetiche, dell’alimentazione degli animali e delle speculazioni contro le quali chiediamo l’intervento delle autorità competenti per contrastare le pratiche sleali. La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali,
ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani e nessun problema riguarda la carne. Ad oggi i casi individuati di positività riguardano solo cinghiali e nessun maiale – continua la Coldiretti – è stato contagiato in Italia dalla Peste Suina Africana.

Confagricoltura accoglie con favore l'intenzione del ministero della Transizione Ecologica di presentare, in sede di Conferenza Stato-Regioni, una proposta per affrontare la questione della peste suina africana e della presenza diffusa del cinghiale. Un’iniziativa doverosa, quella assunta dal MITE, che finalmente affronta un tema annoso - se ne dibatte da oltre venti anni - che è quello rappresentato dalla eccessiva presenza di cinghiali sul territorio italiano. Gli interventi di contenimento devono avere come obiettivo il ripristino di un rapporto equilibrato ed ambientalmente compatibile di questo selvatico con l’ambiente e con le attività produttive, a tutela delle altre specie, delle produzioni agricole e della incolumità delle persone. Il mondo scientifico, da tempo, segnala che le popolazioni di cinghiali sono fuori controllo e che una carenza di interventi non è più giustificabile. Il ritrovamento di cinghiali affetti da peste suina africana in Piemonte, Liguria e Lazio è un ulteriore elemento di preoccupazione e si aggiunge ai numerosi episodi che rendono necessari interventi decisivi e non palliativi. Le previsioni normative in discussione vanno in quel senso e Confagricoltura auspica un largo consenso ed una conseguente ed efficace attuazione, in controtendenza rispetto al passato. La gravità della situazione è tale che ulteriori ritardi nella messa in atto delle azioni necessarie non sarebbero accettabili.

Bene le misure più restrittive nella zona rossa, finalizzate alla cattura e all’abbattimento dei cinghiali, come già chiesto a gran voce dal neopresidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. Restano, tuttavia, decisive la chiarezza nei provvedimenti e la rapidità nei criteri da scegliere per evitare la rapida diffusione della Peste suina africana (PSA), che potrebbe dilagare dal Lazio e invadere la Maremma e il Centro Italia, contagiando la popolazione suina nazionale. Non si possono replicare le modalità attuate in Piemonte dove, a 3 mesi dall’ordinanza ministeriale, sono stati abbattuti solo 500 dei 50mila cinghiali stimati nell’area rossa. Resta, inoltre, fondamentale il reperimento di nuove risorse per indennizzare al 100% allevatori e agricoltori romani che si trovano nella zona sottoposta a restrizioni. Nell’areale si stimano 10mln di danni per circa 200 aziende agricole: dai costi della macellazione d’emergenza dei suini al divieto di movimentazione e commercializzazione delle carni e dei foraggi. Gli allevatori avranno bisogno di risorse anche per far fronte agli interventi strutturali per la costruzione delle onerose recinzioni in materia di biosicurezza. Cristiano Fini non ritiene sufficienti i 50 milioni stanziati dal Decreto governativo, risorse, peraltro, ancora non liquidate alle aziende coinvolte dalla pandemia in Piemonte e Liguria. Fini chiede, inoltre, un diretto coinvolgimento degli agricoltori nelle decisioni che dovranno essere prese nell’immediato. Dalla gestione del selvatico alla protezione degli allevamenti, dalle programmazioni delle macellazioni dei suini -capi da abbattere anche se perfettamente sani- agli aiuti economici da destinare agli operatori, per evitare le criticità e difficoltà già vissute in questi 3 mesi nel Nord Ovest e rendere più efficace l’operatività delle nuove misure. Secondo Fini, in Piemonte mancano ancora gli strumenti attuativi dell’ordinanza del 15 marzo, frenata di fatto dall’intervento di molte amministrazioni provinciali ed enti locali, che hanno bloccato strumentalmente gli interventi disposti. Cristiano Fini precisa che il problema della fauna selvatica non si possa risolvere solo con il miglioramento della gestione delle inefficienze nello smaltimento dei rifiuti nella capitale. Siamo ora di fronte a un’emergenza che richiede risposte straordinarie come un de-popolamento se
lettivo dei cinghiali dell’area delimitata, senza il quale è a rischio tutta la filiera delle carni suine (1,6mld il valore dell’export) e il prestigio del marchio Made in Italy nel mondo. La presenza del virus in focolai distanti centinaia di chilometri dimostra come questo patogeno riesca, ormai, a spostarsi con facilità estrema su tutto il territorio. Già ora, senza un unico suino infetto e con la malattia circoscritta agli ungulati, Cina e Giappone hanno chiuso le frontiere ai prodotti della filiera suina italiana e molti altri Paesi potrebbero bloccare le transazioni commerciali finché la situazione epidemiologica non sia chiarita e le misure di contrasto alla diffusione del virus non siano attuate con efficacia.