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Edizione del 26/05/2022
Estratto da pag. 1
I Fratelli ipotecano il Piemonte, una sorella per il dopo Cirio
Forti del sorpasso sull''alleato, gli eredi di AN guardano a Torino per rompere l''egemonia leghista. La probabile ricandidatura di Fontana in Lombardia indebolisce le ambizioni del Carroccio in Piemonte. Chiorino pronta nel caso Cirio nel 2024 ri
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I Fratelli ipotecano il Piemonte, una sorella per il dopo Cirio



Stefano Rizzi 07:00 Giovedì 26 Maggio 2022

Forti del sorpasso sull'alleato, gli eredi di An guardano a Torino per rompere l'egemonia leghista al Nord. La probabile ricandidatura di Fontana in Lombardia indebolisce le ambizioni del Carroccio. Meloni pronta a puntare sull'attuale assessore al Lavoro Chiorino

C’è una regione del Nord di cui assumere la guida nei piani di Fratelli d’Italia. E molto lascia supporre che potrebbe essere proprio il Piemonte. Sono conti che si fanno, certamente, senza l’oste che in questo caso si chiama Alberto Cirio e che nel caso decidesse di ricandidarsi difficilmente potrebbe trovarsi la strada sbarrata. 

Ma le variabili sono una componente fondamentale della politica e se quella che potrebbe portare il governatore a tornare ad occupare un seggio all’Europarlamento, eventualità nient’affatto a lui sgradita, dovesse concretizzarsi con tutte le garanzie del caso, un arrembaggio delle truppe meloniane a piazza Castello risulterebbe decisamente più probabile, rasentando la certezza.

Il proscioglimento dalle accuse ipotizzate nell’inchiesta sui camici per l’emergenza Covid del presidente della Lombardia Attilio Fontana e la sua quasi certa intenzione di ricandidarsi non solo fanno sfumare speranze e propositi sulla sua attuale vice Letizia Moratti, ma ridisegnano una geografia del Nord nella visione delle varie anime del centrodestra. Uscito dall’inchiesta “nonostante i gufi anche interni”, come ha detto riferendosi non certo ad avversari politici ma ai vertici del suo partito, lo stesso Fontana, il governatore lombardo pare destinato, se gli elettori chiamati al voto l’anno venturo lo decideranno, a doppiare il suo mandato. E l’anno prossimo si tornerà alle urne anche in Friuli Venezia Giulia dove è scontata la ricandidatura di un altro leghista, Massimiliano Fedriga. In Liguria Giovanni Toti, da tempo ex forzista e quindi al di fuori del Cencelli all’interno della coalizione, è stato appena rieletto meno di due anni fa. In Veneto Luca Zaia è al suo terzo mandato ottenuto con un successo personale che ha superato di molto quello del suo partito, con malcelati mal di pancia dalle parti di via Bellerio. 

In questo quadro nordista a forte prevalenza leghista ci può stare una cheta acquiescenza del partito che, sul fianco destro, ha ormai decisamente sorpassato quello di Matteo Salvini? La sua alleata-rivale Giorgia Meloni può digerire il fatto di non governare alcuna regione nel Nord, dovendosi fermare all’Abruzzo di Marco Marisilio, alle Marche guidate da Francesco Acquaroli e con un Nello Musumeci in Sicilia su cui si sta ingaggiando un braccio di ferro proprio con Salvini che cerca di rallentarne (impedirne) la ricandidatura? Le stesse tensioni emerse ieri su un episodio sostanzialmente minore come il supposto misunderstandig tra Fratelli d’Italia e Lega sul convegno in materia di sanità a Novara, vanno lette come segnali sempre più frequenti (tra i quali annoverare anche la vicenda del ricorso non ritirato dal capogruppo in consiglio regionale di FdI sul voto a distanza, con tutto quel che ne sta conseguendo) di quel che sta accadendo e, più ancora, di quel che si può prospettare. 

L’attenzione della Ducetta sul Piemonte e le direttive su più di una mossa impartite dall’alto non fanno che suffragare l’ipotesi di uno sguardo attento e interessato sulla Regione, inteso come ente di governo su cui puntare per colmare un’assenza al Nord di una forza politica che ha superato quella che proprio del Nord ha fatto dalla nascita e per decenni un elemento fondativo e costitutivo. 

Circola addirittura già un nome per una possibile candidatura alla presidenza. È quello dell’attuale assessora al Lavoro e all’Istruzione, Elena Chio
rino, assai vicina al parlamentare Andrea Del Mastro, a sua volta vicinissimo alla Meloni. Un altro parlamentare di FdI, Gaetano Nastri, è il regista dell’operazione che ha mandato in fibrillazione la Lega novarese, a partire dal sindaco Alessandro Canelli, erede naturale di Cirio nel caso di una sua mancata ricandidatura. In questo caso, per Canelli, l’oste con cui tocca fare i conti è proprio il partito della Meloni, tutt’altro che incline a non considerare la sua crescita di consensi (anche alle scorse comunali di Novara) e consentire a Salvini di piazzare un suo uomo alla testa del Piemonte.

In questa geografia politica in continua mutazione c’è da registrare anche il lavoro dell’attuale governatore per costruire un asse solido tra (quel che resta di) Forza Italia e Lega, attuando l’inattuata pur se annunciata federazione tra i due partiti, con un listone unico con cui ripresentarsi nel 2024. Scenario che sarebbe a lui utile sia in caso di corsa in Regione sia per un ritorno a Bruxelles.

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