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Edizione del 19/05/2022
Estratto da pag. 1
Il gelo nel centrodestra dopo il vertice di Arcore
I nodi restano sul tavolo e, a meno di sorprese dei prossimi giorni, non è previsto un nuovo incontro tra i leader prima delle amministrative
I nodi restano sul tavolo e, a meno di sorprese dei prossimi giorni, non è previsto un nuovo incontro tra i leader prima delle amministrative

© Agf -



Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini 

AGI - È gelo nel centrodestra dopo il vertice di martedì ad Arcore. "Lascio agli altri le agitazioni", taglia corto Salvini facendo notare che nella partita sulla presidenza della commissione Esteri al Senato la coalizione è rimasta unita. Ma i nodi restano sul tavolo e, a meno di sorprese dei prossimi giorni, non è previsto un nuovo incontro tra i leader prima delle amministrative.

E per il dopo Comunali il rischio è che la tensione possa aumentare, perché FdI non molla la presa sulla riconferma di Musumeci e sul patto anti-inciuci prima delle Politiche. "Fratelli d'Italia vuole un centrodestra unito, forte, credibile, vincente, soprattutto in grado di mantenere gli impegni con gli italiani e per farlo bisogna essere alternativi al Partito democratico e al Movimento 5 Stelle", dice il capogruppo FdI alla Camera, Lollobrigida. "Se dobbiamo rompere, meglio rompere adesso. Ce lo dicano, ci prepariamo", il pensiero di La Russa.

Al momento Lega e Forza Italia non hanno intenzione di aprire al proporzionale ma in Fdi c'è chi teme comunque degli sgambetti. E non si esclude la strada solitaria qualora gli altri alleati non dovessero virare - questa la tesi - sull'unità della coalizione. "Non abbiamo paura di niente - spiega un 'big' del partito - Noi cresciamo, sono gli altri partiti a calare".

Si capirà più avanti se il centrodestra riuscirà a presentarsi compatti con Toti che già parla di "occasione persa". Ora il tema sul tappeto è l'invio delle armi e l'atteggiamento del governo sulla guerra in Ucraina. Berlusconi ha corretto il tiro ieri mattina, spiegando di essere atlantista e di considerare la fedeltà alla Nato una stella polare.

Ma il ministro per gli Affari regionali Gelmini è tornato a invocare un chiarimento perché "ogni ambiguità di filoputinismo reca danno all'Italia e incrina la necessaria unità del Paese". E ancora: "Non riconosco lo stile e il metodo del presidente Berlusconi".

Affermazioni che non sono state gradite dal Cavaliere che ha deciso comunque di non replicare. Chi ha parlato con il presidente 'azzurro' lo ha trovato amareggiato. Perché - il refrain - l'immagine che viene fornita riguardo l'ex premier rischia di danneggiarlo di fronte alle cancellerie europee. Insomma, un conto è scontrarsi sulla 'governance' di FI, un altro è mettere nel mirino l'ex presidente del Consiglio.

"Così rischia anche di non essere ricandidata", dice un 'big' azzurro. Mentre altri evocano scissioni o un distinguo politico in prospettiva, rilanciando la tesi di una spaccatura con i 'governisti'. Ma in realtà in FI le parole della Gelmini sono state colte con sorprese perché il convincimento è che non portino a un tentativo di posizionarsi fuori dal partito. A Napoli i 'big' si ritroveranno con l'ex premier che ribadirà la sua linea sulla guerra in Ucraina. Confronto aperto anche nella Lega. "Berlusconi su stop armi? Bene, mi sentivo solo", ha tagliato corto Salvini. "Conto che non ci sia bisogno di un voto" sull'Ucraina "perché conto che non ci sia un nuovo invio di armi", ha detto il leader del partito di via Bellerio.

Ma c'è chi tra i 'lumbard' ritiene che il ragionamento dell'ex ministro dell'Interno possa ledere all'operato del governo e dell'unità dell'alleanza atlantico. Intanto il Pd punta il dito proprio contro il segretario leghista: "Sulle armi il governo ha avuto un mandato chiaro, le sue parole sorprendono". 

Salvini e Berlusconi avrebbero chiesto di rimandare il nodo Musumeci a dopo le Amministrative, ma Fratelli d'Italia avrebbe insistito per avere subito l'ufficialità sulla ricandidatura del governatore 

Sotto il tetto trasparente della 'Lanterna di Fuksas, nel cuore di Roma, il segretario leghista ri
badisce la sua scelta di stare nell'esecutivo: "Se avessi fatto interessi di partito avrei scelto un'altra strada, con la pandemia, è stato mio dovere mettere davanti l'interesse dell'Italia e gli italiani ce lo riconosceranno"

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