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Edizione del 26/04/2022
Estratto da pag. 1
Covid, la riabilitazione serve a un ricoverato su tre. Attenzione anche alla mente
Il Covid, nonostante la ricerca abbia fatto passi da gigante, riserva ancora molti misteri. Tuttavia, come precisa European Respiratory Society (Ers), la riabilitazione resta fondamentale, purché sia precoce, personalizzata e con il coinvolgimento di esperti di diverse aree. Circa un paziente su tre ricoverato per Covid, infatti, necessita di cure riabilitative dopo le dimissioni dall'ospedale, siano queste di tipo respiratorio, neurologico o psicologico per affrontare anche ansia e depressione. A ottenerla però sono molte meno persone di quelle che ne avrebbero bisogno.

"In due anni di pandemia - ha spiegato Mario Melazzini (nella foto), amministratore delegato di Istituti Clinico Scientifici Maugeri durante lo speciale ANSA Incontra - abbiamo accolto circa 8.000 pazienti in tutta Italia e abbiamo visto che circa il 30% di coloro che erano stati ricoverati continuavano a presentare problemi di salute dopo le dimissioni".  Il long Covid “è, sunque, un problema di salute pubblica globale sostanziale, con gravi conseguenze per le persone colpite” e bisogna “agire per prepararci a un grande aumento dei bisogni di riabilitazione in questi pazienti”, spiega Antonio Spanevello, direttore dell'Irccs Maugeri di Tradate (Va), ordinario di Malattie respiratorie all'Università Insubria di Varese. “La disabilità che permane in molti persone dopo la fase acuta del Covid-19 non riguarda solo i polmoni, ma anche il cuore, il sistema neuromuscolare. Molto spesso include anche depressione e stati di ansia, la cui frequenza vediamo essere altissima in questi pazienti, ben oltre il 10%”, aggiunge Antonio Spanevello,. Lo statement, che mira identificare le linee guida per il trattamento del Long Covid, ha risposto a 8 domande cliniche: da quali sono le caratteristiche predisponenti a qual’è l’approccio per gestire le disabilità.

“Età avanzata, la presenza di più comorbidità e gravità con cui si presenta l’infezione da Sars-Cov-2 sono fattori predittivi del Long Covid. Ma difficoltà respiratorie, debolezza e abbassamento di qualità di vita possono riguardare anche pazienti che hanno avuto un’infezione non severa”. La letteratura scientifica è in divenire, e molte restano le incognite. Ma quello che l’Ers ha sottolineato è “l’importanza di una riabilitazione che coinvolga pneumologo, radiologo, infettivologo, neurologo, fisioterapista e anche lo psicologo”, precisa Spanevello. Inoltre, attraverso un’analisi comparata di 29 studi “ha evidenziato come la telemedicina possa migliorare l’accesso alla riabilitazione e aiutare a superare le difficoltà di spostamento per i follow-up”.

Questo, però, è lungi dall'essere garantito. "La mancanza di attenzione nei confronti della riabilitazione è un problema storico. Anche per il Long Covid, le persone che fanno un percorso riabilitativo sono una frazione irrisoria rispetto a chi ne ha bisogno", spiega Walter Ricciardi, direttore scientifico degli Ics Maugeri e consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza. Per superare la disomogeneità che esiste tra pazienti di diverse regioni, conclude Melazzini, "servono documenti ratificati a livello di Conferenza Stato-Regioni. Solo così potremo far fronte alla sfida che il Long Covid rappresenterà per i prossimi mesi e anni".