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Edizione del 22/04/2022
Estratto da pag. 1
Speciale Questione Medica. Anelli: medici stanchi, a rischio il rapporto con i pazienti
Il dato è senza dubbio preoccupante: un terzo dei medici italiani, potendo, andrebbe subito in pensione. A sognare di poter lasciare il lavoro sono i più giovani: il 25% dei medici tra i 25 e 34 anni e il 31% di quelli tra i 35 e i 44 anni. A conferma di quanto si siano deteriorate le condizioni di lavoro dei medici italiani negli ultimi anni, al punto che molti di loro abbandonerebbero la professione. La Conferenza sulla Questione Medica organizzata dalla Fnomceo e che ha visto la partecipazione di associazioni di categoria, sindacati, medici, oggi occupa tutto il nostro giornale con in primo piano i sondaggi che hanno appunto coinvolto la categoria e che lasciano trapelare numeri sicuramente inquietanti.  Il ministro Speranza ha in parte rassenerato gli animi con le sue dichiarazioni: “Abbiamo assistito ad una retorica degli eroi sul personale sanitario nella prima fase della pandemia, ma c'era una normativa che da 15 anni metteva la camicia di forza al personale per la presenza di un tetto di spesa proprio per il personale. Questo modello per silos e tetti ci ha impoverito, è sbagliato e non funziona. Questo è un disastro cui porre rimedio al più presto e questo tetto lo stiamo un po' alla volta rompendo. Farò una battaglia politica perché si superi questa logica dei tetti”, assicura il Ministro della Salute. Che però aggiunge: “Per il personale medico avremo difficoltà per i prossimi 2-3 anni ma poi, grazie agli investimenti messi in campo e alle borse di specializzazione medica finanziate arrivate a oltre 17mila, la situazione cambierà. Il problema è come gestire i prossimi 2-3 anni e ci stiamo lavorando, per trovare soluzioni immediate: su questo, penso anche ad un utilizzo straordinario degli specializzandi, che abbiamo iniziato a fare ma che va rafforzato”. Ovvero ancora qualche anno di passione prima di poter vedere la luce. Intanto emergono cifre in negativo:dalla ricerca, condotta attraverso la la somministrazione di 500 interviste tra il 21 e il 28 marzo scorso su un campione rappresentativo di medici uomini e donne, è scaturito in modo rilevante l’aumento in pandemia dei carichi di lavoro per il 70% dei medici ospedalieri, per il 75% dei medici del territorio, per il 36% degli specialisti ambulatoriali e per il 23% degli odontoiatri, con quasi 1 medico ospedaliero su 5 costretto a cambiare reparto (un cambiamento difficile, nel 75% dei casi). Un impegno gravoso che ha avuto ripercussioni – lo pensano il 40% sia dei medici sul territorio sia degli ospedalieri - anche sul rapporto di fiducia con i cittadini e che ha provocato, insieme alle difficoltà organizzative, stress e preoccupazione nella stragrande maggioranza dei professionisti, il 71%. Si dichiara “stressato” il 90% dei medici del territorio, il 72% dei medici ospedalieri, l’80% degli specialisti ambulatoriali, il 62% degli odontoiatri. Un medico del territorio su 10 ha riscontrato problemi di salute che prima non aveva. D’altro canto, il 53% dei medici dichiara che molti cittadini hanno rinunciato a cure importanti, spesso interrompendole dopo averle iniziate, per colpa della pandemia. Anche l'indagine Anaao mette in luce le criticità di una professione che per anni si è vista sottrarre risorse con migliaia di medici che hanno lasciato l'Ssn.

Le spiegazioni sono arrivate dai sindacati di settore (Anaao, Smi, Fimmg e Cimo con una lunga relazione) e infine la soluzione condensata in un manifesto che in venti punti detta i passaggi per una soluzione e gestione delle criticità.

Per Filippo Anelli “oggi serve da parte dello Stato e delle Regioni un intervento straordinario che colmi le carenze e restituisca alla Professione medica quel ruolo che merita”. (clicca qui per la video intervista) Servono "risorse e riforme per ridare dignità ai medici e ai professionisti garantendo loro autonomia e diritti”. Servono "norme specifiche da parte del Parlamento per garantire quel ruolo sociale che la Costituzione affida alla Professione medica quale garante dei diritti come quello alla vita, alla salute, all’uguaglianza, alla autonoma dete
rminazione sulle scelte relative alla propria salute, alla libera ricerca e alla libera scienza”. Il 38% delle donne medico (clicca qui per la video intervista) comprese tra 25 e 34 anni si sentono infatti discriminate, in quanto donne, sul lavoro. La metà dei medici donne più giovani ritiene di non essere tutelata sul lavoro nello stato di maternità.  “Appare, a questo punto, opportuno istituire un Osservatorio nazionale sulla tutela dei diritti e delle condizioni lavorative dei medici, a valenza consultiva, presso il Ministero della Salute, al fine di monitorare proprio il rispetto dei diritti dei lavoratori – ha aggiuntoo Anelli -. Serve uno sforzo comune per recuperare quella reciproca fiducia che nel Servizio Sanitario Nazionale costituisce il presupposto per assicurare la migliore assistenza ai cittadini. Fiducia che si fonda sul diritto del cittadino alla libera scelta che dovrebbe essere garantito in tutti gli ambiti del sistema salute”.

“La grande sfida a cui siamo chiamati - accanto agli impegni del PNRR per ospedali e case di comunità – è fare in modo di disporre del personale sanitario per garantire davvero il diritto alla salute ai nostri cittadini. Per questo è diventato inaccettabile che ad ogni cambio di Governo si cambino le macrostrategie. In sanità c’è bisogno di una prospettiva almeno decennale. E su un percorso di medio-lungo periodo la Conferenza delle Regioni è disposta ad impegnarsi fino in fondo anche perché in questo momento soltanto con l’unità tra istituzioni e tra professionisti è possibile guardare al futuro con una prospettiva che non sia di un giorno solo”. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, nomn ha dubbi.  “Durante la pandemia – ha ricordato Fedriga - le Regioni hanno trovato nei medici un alleato prezioso e sin dalle fasi iniziali dell’emergenza la prima cosa che hanno fatto è stato ascoltare i loro medici per compiere le scelte più opportune. E i medici – ha ricordato il Presidente della Conferenza delle Regioni - vanno ringraziati per l’apporto dato all’imponente campagna vaccinale grazie alla quale oggi è possibile affrontare la pandemia con maggiore serenità, e grazie alla quale si sono potute riaprire tutte le attività economiche”. “Oggi però siamo chiamati ad una grande alleanza con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, rispetto alla quale occorre una generale assunzione di responsabilità, perché bisogna fare in modo che la medicina territoriale dia risposte concrete ad una popolazione che invecchia sempre più e che registra un numero crescente di cronicità. E rispetto a scelte basate sull’appropriatezza occorre considerare che, quando mancano i livelli strutturali intermedi, si è costretti a far ricorso agli ospedali non tanto per necessità ma per mancanza di reali alternative. Per questo – ha sottolineato Fedriga - è importante la missione del Pnrr con gli ospedali di comunità e le case di comunità: ci sono le risorse importanti per creare infrastrutture, dobbiamo però avere anche fondi dedicati per riempire quelle strutture e per far funzionare la riforma della medicina territoriale”, ha concluso Fedriga.

Il discorso completo del presidente Fnomceo Fnomceo Anelli

Sig. Ministro, Sig. Presidente della Conferenza delle Regioni, Autorità, Presidenti/Segretari delle OOSS, gentili Ospiti, cari Colleghe e Colleghi

Ringrazio tutti Voi per la presenza in questo teatro Argentina per noi luogo particolarmente simbolico sia per l’incontro odierno e sia perché in questa stessa sede, il 23 febbraio del 2019, si è svolta la prima Assemblea nazionale di tutte le Professioni sanitarie. Un momento importante per le 31 Professioni socio-sanitarie che ha permesso di avviare un nuovo rapporto tra le diverse Federazioni che, pur tra tante difficoltà, ha poi consentito al Ministro Speranza, e per questo Lo ringrazio, di istituire la Consulta Nazionale delle Professioni sanitarie presso il Ministero della Salute.

Oggi siamo qui convenuti per un confronto su un tema di cruciale importanza per la nostra
società e per la nostra democrazia: il ruolo strategico della Professione medica, durante e dopo lo stato di emergenza pandemica, nel garantire i diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.

L’abbiamo chiamata “Questione Medica” perchè alla luce dei programmi, delle linee d’azione poste in campo dal PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - e più concretamente delle risorse disponibili per le strutture e le infrastrutture, siamo a chiedere una analoga attenzione nei confronti dei professionisti sanitari. I medici e gli odontoiatri, veri attori del Sistema Salute, sono i protagonisti del futuro del nostro SSN e per questo pongono oggi “rivendicazioni in termini di ruolo, di identità, di ridefinizione del perimetro delle competenze professionali, di efficacia di rapporti con le proprie comunità sociali”.  Osannati in questi due anni e considerati i moderni eroi della nostra società, in realtà, i medici e gli odontoiatri vivono con grande difficoltà la loro condizione professionale e la pandemia ha slatentizzato carenze e reso evidenti gli errori del passato.

Signor Ministro Lei più volte ha ripetuto che la stagione dei tagli in sanità è terminata e che ogni risorsa utilizzata nel sistema sanitario deve essere considerata un investimento e non più un costo. Come cittadini e poi anche come professionisti apprezziamo questa scelta politica che da tempo auspicavamo. Così come apprezziamo l’inversione di tendenza nel finanziamento del Fondo sanitario nazionale finalmente e stabilmente cresciuto.

Ciononostante, le difficoltà in cui versa la Professione medica e odontoiatrica sono tante ed i medici e gli odontoiatri necessitano di risposte rapide ed efficaci. All’aumento del Fondo sanitario nazionale non è poi corrisposto un analogo impegno teso a rimuovere le conseguenze sulla professione medica di quella stagione dei tagli in sanità che oggi tutti insieme condanniamo. Per questo abbiamo convocato questa Conferenza e per questo crediamo che ognuno di noi debba assumere l’impegno per migliorare il sistema.

Gli Stati Generali che avevamo indetto nel 2018 hanno messo in evidenza la crisi della Professione medica e la necessità di una modifica del Codice di Deontologia Medica per meglio rispondere alle esigenze di una società in profonda evoluzione al fine di offrire quelle risposte utili a superare la crisi. Processo che abbiamo avviato e che si concluderà entro il 2024.

Le numerose indagini demoscopiche effettuate anche a cura delle tante OOSS hanno evidenziato le aree di criticità e di malessere della Professione, al punto che sono tanti i sanitari che all’entusiasmo iniziale per una professione definita “la più bella del mondo” oppongono la rassegnazione o addirittura l’abbandono di questa professione oramai soffocata da compiti impropri, carichi di lavoro insostenibili anche per la grave carenza di personale e da direttive spesso non calate nella realtà del sistema. Noi amiamo questa professione, chiediamo solo di poterla esercitare con l’entusiasmo di chi inizia!

Anche quella che oggi è stata presentata dall’Istituto Piepoli ha evidenziato come il mancato investimento sulla medicina territoriale e le gravi carenze di personale, infrastrutturale del versante ospedaliero insieme ad una eccessiva burocratizzazione dell’atto medico siano oggi i fattori all’origine della crisi professionale.

Tra i tanti dati oggi presentanti quello che maggiormente ci preoccupa è la propensione alla pensione anticipata espressa dal 30% degli intervistati.

Ma ancor più dal fatto che coloro che vorrebbero lasciare la Professione per la pensione sono il 25% dei giovani medici con età compresa tra i 25 e 34 anni e il 31% sono di quelli tra i 35 e i 44 anni. Un dato scioccante che fa riflettere e mostra quanto profonda sia la crisi legata alla perdita di fiducia nel futuro ossia alla mancanza di speranza di un domani migliore per la nostra professione.

Non v’è dubbio che durante la pandemia l’aumento dei carichi di lavoro è stato rilevante: oltre il 37% sul te
rritorio, più 28% in ospedale ed ha riguardato la stragrande maggioranza dei medici e odontoiatri. Lo dichiarano mediamente il 75% dei medici del territorio, il 64% dei medici ospedalieri, il 24% degli specialisti ambulatoriali e il 12% negli odontoiatri. Un impegno gravoso che ha avuto ripercussioni anche sul rapporto di fiducia con i cittadini provocando stress e preoccupazione nella stragrande maggioranza dei professionisti, dal 90% dei medici del territorio al 72% dei medici ospedalieri, dallo 80% degli specialisti ambulatoriali al 62% degli odontoiatri.

Sono numerose le segnalazioni in letteratura circa il burnout dei medici. “Medici e tirocinanti si stanno esaurendo a ritmi allarmanti”, si legge in uno dei tanti lavori pubblicati. Infatti, “storicamente, la medicina è stata caratterizzata da condizioni di lavoro difficili oltre a disattenzione al benessere e alla cura di sé da parte del medico”.  Secondo l’indagine dell’Istituto Piepoli il 24% dei medici di continuità assistenziale ha presentato problemi di salute, come disturbi del sonno, stress ansia e paura, analogamente al 10% dei mmg, al 4% dei medici ospedalieri e il 3% degli odontoiatri. Oltre 15.000 medici o odontoiatri quindi denunciano problemi di salute. Un dato sicuramente sottostimato.

Infatti, secondo una metanalisi condotta su 55 studi pubblicati sui disturbi a carico dei medici dopo il primo anno di pandemia, una percentuale significativa di medici sta sperimentando alti livelli di sintomi di depressione e ansia. La prevalenza di depressione e ansia nei sanitari rilevata è rispettivamente del 20,5% e del 25,8%.

Sorge spontanea a questo punto la domanda: chi cura i curanti?

La perdurante mentalità aziendalista che pervade il nostro SSN, tutta concentrata solo sui risultati economici frutto di una mentalità liberista, non ha permesso di mettere in atto iniziative tese a rilevare questo drammatico fenomeno, né tantomeno a porsi la domanda su come affrontarlo.

Chi cura i curanti?

Eppure, i medici che non hanno questi sintomi trattano con maggior efficacia e successo i loro pazienti rispetto a coloro che soffrono di burnout. Serve un provvedimento che riconosca il burnout come malattia professionale. Medici che, come abbiamo visto, si sono sentiti lasciati soli dalle Istituzioni hanno giudicato i provvedimenti adottati non adeguati ad agevolare l’attività professionale quotidiana. Un giudizio unanime espresso dal 73% dei medici intervistati. Analogo giudizio è stato espresso dal 53% dei medici e odontoiatri sui percorsi di sicurezza messi in atto negli ultimi due anni.

Processi che hanno creato uno iatus tra i professionisti e le istituzioni, in particolare le Regioni. Buona parte del mondo medico e odontoiatra non si è sentito tutelato dalle Istituzioni. Lo dichiarano il 76% dei medici del territorio, ma anche il 62% dei medici ospedalieri, il 70% dei medici pensionati ed il 51% degli odontoiatri.

Sono tanti i colleghi che non si riconoscono più in una Professione mortificata da carichi di lavoro abnormi, ad esempio nei pronto soccorso e nel 118, e da un’invadenza burocratica che soffoca l’autonomia professionale. La prescrizione farmaceutica e le prestazioni diagnostiche sono oramai appesantite da orpelli, modelli, piani terapeutici e quant’altro, utili solo a sottrarre al medico quel tempo che invece avrebbe dovuto garantire al cittadino perché, come richiama la legge 219 del 2017, “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”.

Sono tante le ore in più svolte, spesso in violazione delle norme, senza essere totalmente o parzialmente retribuite. Il 64% dei medici ospedalieri e il 73% dei medici del territorio non ha neanche potuto usufruire in maniera totale o parziale delle ferie. Conciliare la gestione familiare con quella lavorativa è diventata un’impresa per i medici del SSN. Il 74% dei medici del territorio e il 66% dei medici ospedalieri non ha a disposizione un adeguato tempo libero per vivere la sua vita privata e familiare. Il tema
del rispetto dei diritti dei lavoratori diventa così cruciale per garantire serenità ed efficienza lavorativa. Diritti non ancora completamente esigibili da parte delle donne!

Il 38% delle donne medico comprese tra 25 e 34 anni si sente discriminata in quanto donna sul lavoro ed il 50% delle colleghe più giovani ritiene di non essere tutelata sul lavoro nello stato di maternità. Appare, a questo punto, opportuno istituire un Osservatorio nazionale sulla tutela dei diritti e delle condizioni lavorative dei medici, a valenza consultiva, presso il Ministero della Salute al fine di monitorare proprio il rispetto dei diritti dei lavoratori.

Serve uno sforzo comune per recuperare quella reciproca fiducia che nel Servizio Sanitario Nazionale costituisce il presupposto per assicurare la migliore assistenza ai cittadini. Fiducia che si fonda sul diritto del cittadino alla libera scelta che dovrebbe essere garantito in tutti gli ambiti del sistema salute.

In questi due anni lo sforzo che la Professione medica ha svolto è stato straordinario, assicurando a tutti cura e assistenza nonostante le carenze derivanti dalla politica dei tagli e delle riduzioni del personale, pagando anche un prezzo altissimo anche in vite umane: 374 sono i medici e odontoiatri deceduti per il covid.

Oggi serve da parte dello Stato e delle Regioni un intervento straordinario che colmi le carenze e restituisca alla Professione medica quel ruolo che merita: risorse speciali per i contratti di lavoro e abolizione di ogni limite per l’assunzione dei medici sia in ospedale che sul territorio nel rispetto di una corretta programmazione. Risorse per consentire a tutta la professione, dipendenti, convenzionati e specialisti accreditati di poter contribuire ad assicurare tutte quelle prestazioni che oggi in parte il cittadino cerca fuori dal SSN. Servono risorse e riforme per ridare dignità ai medici e ai professionisti garantendo loro autonomia e diritti.

Servono norme specifiche da parte del Parlamento per garantire quel ruolo sociale che la Costituzione affida alla Professione medica quale garante dei diritti come quello alla vita, alla salute, all’uguaglianza, alla autonoma determinazione sulle scelte relative alla propria salute, alla libera ricerca e alla libera scienza. Diritti che possono essere garantiti ai cittadini grazie alle competenze dei medici e degli odontoiatri che giurano di metterle a disposizione della società e di ogni persona. È la nostra idea di Democrazia del Bene e la nostra idea di Pace. I medici sono “costruttori di pace”, custodi della vita e della salute dei cittadini. Sono una parte strategica di questo Paese anche sotto il profilo culturale per la peculiare capacità di interpretare la Professione non solo per le competenze tecniche ma soprattutto per l’etica e la deontologia che la ispira. La guerra in Ucraina ha lacerato le nostre coscienze, ha fatto emergere il male come entità assoluta che si appalesa nelle stragi, nelle torture gratuite, nella violazione degli innocenti! Noi medici “costruttori di pace” siamo impegnati ogni giorno con atti concreti a favore della vita e della comunità nella costruzione di un mondo ove la cultura della pace prevalga su quella del male.

Termino questo mio intervento ringraziando il Presidente Fedriga per il difficile compito che ha svolto durante la pandemia nel coordinare le Regioni e rendere omogenei gli interventi di tutela della salute. Sono tante le aspettative che i medici si attendono proprio dalle Regioni, tra queste sicuramente l’impegno a superare le disuguaglianze tra regioni in tema di salute che in questi venti anni di “sanità delle regioni” non si è riusciti a colmare.

Auspichiamo anche una revisione di tutti quei processi in atto in molte regioni che, in nome del risparmio, portano ad una svalutazione delle competenze dei medici. I medici non sono sostituibili! Le loro competenze e abilità, frutto di lunghissimi anni di studio e formazione, devono essere valorizzate e non banalizzate! La qualità del nostro SSN si basa p
roprio sul rispetto delle peculiari competenze di ogni singola professione sanitaria, partendo proprio da quella medica. Una sanità di qualità fondata sulla scienza e sull’appropriatezza contro ogni deriva consumistica e commerciale della salute.

Un grazie, infine, al Ministro Speranza per il lavoro svolto in questi due anni difficili. Un impegno straordinario, anche di ascolto e di grande disponibilità nei confronti della nostra Professione, espresso soprattutto nei momenti più difficili. Vogliamo incoraggiarlo sulla strada della rivalutazione del nostro servizio sanitario nazionale: sì, Ministro, è la pietra più preziosa che ci è stata affidata.

Infine, Vi invito a fare un grande applauso per ricordare due grandi amici che sono recentemente scomparsi: Giuseppe Chessa – Presidente dell’Ordine di Cagliari ed Enrico De Pascale - Direttore della FNOMCeO che ha diretto con grandissima professionalità. Abbiamo avuto il privilegio di lavorare insieme a loro in questi anni; ci hanno arricchito con la loro grande competenza e umanità.

Filippo Anelli