corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Dir. Resp.
Tiratura: n.d. - Diffusione: n.d. - Lettori: 21873
Edizione del 10/04/2022
Estratto da pag. 1
«Brindisi e Taranto in lista» per un rigassificatore su nave e salvare l’Italia dal crac - CorrieredelMezzogiorno.it
shadow
Stampa
Email
Una nave rigassificatore (del costo di 300-400 milioni) da ormeggiare in prossimità dei porti dove c’è un “allacciamento” alla rete Snam. Un’opzione, da 5 miliardi di metri cubi annuali di gas naturale liquido, che vede gli scali pugliesi candidati all’investimento temporaneo: Brindisi e Taranto. Con quest’ultima location in pole per la profondità dei fondali e la presenza della connessione. L’indicazione arriva direttamente dal ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in occasione del “Live In” di SkyTg24 tenutosi a Bari. «Stiamo chiudendo l’operazione - ha spiegato Cingolani - attraverso Snam: il primo semestre del 2023 sarà operativa la prima nave. A differenza dei rigassificatori fissi, la nave la ormeggi dove c’è un tubo del gas e ce ne sono diversi in Italia, ci sono diversi punti di innesco: puoi farla a Brindisi, Taranto o a Piombino». Ma al Corriere spiega: «I rigassificatori off-shore vanno preferibilmente dislocati oltre il collo di bottiglia di Sulmona, quindi in zone nord dell’Adriatico o del Tirreno. Ma potrebbero essere collocati a Taranto dove c’è pescaggio e allaccio diretto alla rete».
Il No ai rigassificatori nel passatoAl di là della location l’idea di partecipare alla grande rete di approvvigionamento energetico dell’Italia è per la Puglia un motivo anche di riscatto dopo il “no” alla costruzione dei rigassificatori di Brindisi (Lng) e di Taranto (Gas Natural). Infatti, il rigassificatore mobile off-shore è una delle soluzioni immediate che l’Italia può utilizzare per sostituire le forniture di gas della Russia (sono quasi 30 miliardi di metri cubi all’anno). L’ozpione è stata affrontata anche in un’intervista a Domenico Laforgia (ex rettore dell’Università del Salento, ex capo del dipartimento dello Sviluppo Economico della Regione e docente di sistemi per l’energia e l’ambiente): «Ci vuole un mix energetico, i rigassificatori avrebbero svolto un ruolo essenziale. Ma nel breve periodo si possono utilizzare quelli off-shore o con il rifornimento di gas direttamente dalle navi (ma quest’ultima è una soluzione costosa perché occorrono 15 mila euro al giorno per lo stazionamento in porto)».
Il caso TapTra i relatori dell’incontro oltre a Cingolani c’erano, ironia della sorte, Luca Schieppati, managing director del gasdotto Tap, e il governatore Michele Emiliano. Solo qualche anno fa il presidente della Regione si batteva per bloccare i lavori e trasferire l’approdo da Melendugno a Brindisi (a dicembre 2017 affermò, chiedendo poi scusa, «il cantiere Tap identico ad Auschwitz» e a gennaio del 2020 annunciò la richiesta a Tap di un «risarcimento miliardario per danno d’immagine»). «Dal gasdotto Tap in 15 mesi abbiamo trasportato 11 miliardi di metri cubi di gas - ha sostenuto Schieppati - di cui 9 sono entrati in Italia. Lavorando con il supporto del governo italiano e con quello dell’Azerbaijan, siamo riusciti da alcuni giorni a trasportare all’ingresso (al confine greco-turco) 33 milioni di metri cubi al giorno di gas che, se proiettati su base annua, corrispondono a 12 miliardi di metri cubi trasportati di cui 10,5 miliardi per l’Italia. Ora non servono nuove condutture, ma l’aumento della pressione».
Le autorità portualiSe la Puglia non avesse realizzato tale infrastruttura - per rincorrere la contesa politica - la crisi energetica del Paese sarebbe stata ancora più dura. Ma Brindisi e Taranto possono ospitare rigassificatori off-shore mobili su nave? «È una scelta di politica energetica - spiega Ugo Patroni Griffi, presidente dell’autorità portuale dell’Adriatico Meridionale - che va presa nelle sedi competenti. Sui rigassificatori on-shore, come affermato in un’audizione in Regione, non esistono le condizioni. Mancano gli spazi. Ciò che si può realizzare è un impianto off-shore e certamente quello mobile su nave. Ciò alimenterebbe anche un indotto economico per la manutenzione e i traffici». «A Taranto - aggiunge Sergio Prete, presidente dell’autorità di sistema portuale del Mar Ioni
o - mancano spazi idonei per ospitare impianti su terra ferma. C’è anche una questione di sicurezza e di giuste distanze da i siti produttivi. Per le altre opzioni non tocca a noi decidere. Tecnicamente si può».
10 aprile 2022 | 09:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA