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Edizione del 04/04/2022
Estratto da pag. 1
Schito: “Dpc al posto della DD? Non risolve, una farmacia ‘terzista’ non può reggere”
Roma, 4 aprile – Il segretario generale di Assofarm, Francesco Schito (nella foto), torna sul dibattito distribuzione diretta e per conto versus distribuzione convenzionata. tornato ad accendersi all’inizio dell’anno con l’inizio dell’indagine conoscitive sull’argomento promossa dalla commissione Affari sociali della Camera dei Deputati. Schito, in particolare, si sofferma sulla contraddizione emersa tra le dichiarazioni rilasciate nel corso della sua audizione davanti alla 12ma Commissione dalla rappresentante delle Regioni, la vicepresidente e assessore al Welfare della Lombardia Letizia Moratti, e i contenuti espressi concordemente dalle Regioni nel documento che avrebbe dovuto essere presentato nel corso  dell’incontro  con i parlamentari,

Il documento ufficiale delle Regioni  diffuso il 16 marzo, prima dunque dell’audizione di Moratti, definisce la distribuzione diretta come un sistema del tutto integrabile con l’attuale processo di riforma della sanità nazionale, anche tramite l’erogazione di farmaci a domicilio del paziente o direttamente presso le Case di comunità o Ospedali di comunità. Di segno ben diverso, invece, le dichiarazioni dell’assessore Moratti, volte a evidenziare le criticità della distribuzione diretta, fino a chiedersi se “sia ancora vero il messaggio per cui la distribuzione diretta è vitale per il sistema” e ad affermare che  “non è vero che non crea disagi, perché spesso il cittadino non abita vicino alla struttura, gli orari di distribuzione sono ridotti e contingentati”.

Una discordanza di valutazioni che, ovviamente, non poteva sfuggire e che, se da una parte si è guadagnata molti apprezzamenti sulla sponda dei titolari di farmacia, ha sollevato invece molte perplessità nel campo dei farmacisti ospedalieri, tanto da indurre la Sifo a chiedere formalmente a Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, un chiarimento definitivo sulla propria posizione ufficiale.

Al di là delle differenze di posizione emerse (che comunque andranno doverosamente chiarite), è emerso con forza il dato che la soluzione del busillis passa anche – necessariamente – attraverso una nuova remunerazione delle farmacie territoriali, elemento decisivo per definire il ruolo di questi presidi nella nuova sanità territoriale, ruolo che (a parole) tutti dicono di voler implementare.

Ed è partendo da qui che Schito ribadisce la posizione di Assofarm, tutt’altro che convinta che la Dpc – come qualcuno ritiene –  debba sostituire in toto la diretta, e che la stessa distribuzione per conto sia la soluzione migliore per la farmacia del futuro. “Noi crediamo che la distribuzione diretta debba essere mantenuta per il primo ciclo terapeutico successivo alla dimissione ospedaliera del paziente, ciò al fine di valorizzare la contiguità tra consegna di farmaci e controlli specialistici” scrive Schito nell’editoriale che apre l’ultimo numero del bollettino associativo. “La distribuzione diretta deve continuare anche per quei farmaci (gli oncologici, anticorpi monoclonali, farmaci per malattie autoimmuni, per l’Hiv, per il trattamento di malattie rare e sclerosi multipla) la cui complessità di somministrazione è incompatibile con le farmacie territoriali”.

Dubbi, invece, come già anticipato, sull’ipotesi  di un puro ampliamento della Dpc, nella convinzione che una simile soluzione “esporrebbe la farmacia al rischio di un ruolo di puro terzista: il farmacista ordina il farmaco presente nella prescrizione e lo dispensa senza conoscerne il profilo sanitario, benefici e rischi. Una situazione che nel medio periodo ridurrebbe, invece che aumentare, le prospettive di sostenibilità economica e strategica della farmacia territoriale, perché rischierebbe di metterla in diretta competizione con altri player della logistica” argomenta Schito, in linea con l’analoga posizione espressa sempre in sede di audizione davanti alla Commissione Affari sociali dal presidente della Fondazione ReS Nello Martini (nella foto).

“Ben diversa sarebbe invece la possibilità per le farmaci
e di acquistare direttamente dall’industria i farmaci, a una tariffa unica nazionale e comprendente gli sconti di legge oggi applicati alle Asl” afferma il segretario di Assofarm. “Questa soluzione valorizzerebbe l’unicum distributivo della farmaca e stimolerebbe lo sviluppo delle competenze scientifiche del farmacista. La strada appena descritta per sommi capi apre, a nostro parere, lo scenario meno divisivo a oggi immaginabile”.

“Il mantenimento della diretta su fronti terapeutici critici focalizzerebbe il ruolo della farmacia ospedaliera negli ambiti assistenziali in cui è davvero insostituibile” spiega al riguardo Schito. “Il meccanismo degli acquisti diretti a una tariffa unica nazionale, svolta che gode già del favore dei produttori, stimolerebbe una maggiore professionalizzazione del farmacista territoriale, risolverebbe le inaccettabili differenze regionali in tema di accesso ai farmaci e al contempo libererebbe le Regioni dagli impegni burocratici degli acquisti. Infine, il cittadino potrebbe godere di una sanità centralizzata quando i suoi problemi di salute lo richiedono” conclude il segretario Assofarm “ma avrebbe al contempo una sanità massimamente territoriale non appena è nelle condizioni per poter usufruire dei suoi vantaggi logistici”.

 

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