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Edizione del 05/03/2022
Estratto da pag. 1
La nuova sanità di base: stop alla caccia al medico - La Provincia Pavese
In arrivo il decreto: i medici di famiglia lavoreranno 38 ore alla settimana. Assistenza non solo in studio, nascono le Case della comunità per esami e accertamenti
ROMA. Basta caccia al medico di famiglia, oggi in media presente in studio per 14 ore alla settimana. Con un decreto ministeriale già in rampa di lancio e un decreto legge in fase di limatura, il ministro della Salute, Roberto Speranza, si appresta a rivoluzionare la grande assente della pandemia, l’assistenza territoriale. E la prima mossa è quella di mettere al chiodo i nostri dottori di fiducia, che con il nuovo contratto dovranno lavorarne 38, di ore ogni settimana, 20 delle quali passate a ricevere gli assistiti in studio. Che però resteranno aperti per molto più tempo: dal lunedì al sabato per dodici ore al giorno, durante le quali il medico di nostra scelta si alternerà con i colleghi del distretto sanitario. Le altre 18 ore le passerà invece nelle neo nate Case della comunità.Una ogni 50 mila abitantiIl decreto ministeriale già concordato con le Regioni, di Case della comunità cosiddette hub, ossia le principali, ne prevede una ogni 40-50 mila abitanti. In tutto si tratta di 2.564 strutture nuove di zecca, da iniziare a tirare su già prima dell’estate. Saranno aperte h24 sette giorni su sette e all’interno dei loro locali presteranno assistenza non solo i medici di famiglia, ma anche dai 7 agli 11 infermieri, pediatri, specialisti ambulatoriali e altre figure sociosanitarie. Senza più essere costretti a lunghe liste di attese, la Casa della comunità sarà il luogo dove si potranno fare le analisi del sangue oppure accertamenti diagnostici basilari, come l’ecografia, l’elettrocardiogramma, la spirometria ai polmoni, la retinografia all’occhio oppure gli screening, specifica il decreto. Agli stessi hub ci si potrà rivolgere anche per prenotare tramite Cup esami più complessi o attivare l’assistenza domiciliare, che dall’attuale 6% passerà a coprire il 10% della popolazione over 65, grazie anche agli infermieri di famiglia, previsti dallo stesso decreto. Gli stessi lavoreranno anche nelle case di comunità «spoke», quelle di secondo livello, aperte per sei giorni alla settimana nelle ore diurne, dove oltre al medico di famiglia si alterneranno alcuni specialisti, come cardiologi, pneumologi e diabetologi.Finanziamenti da sfruttareMa sul territorio sorgeranno anche 381 ospedali di comunità, dotati di 20 posti letto dove lavoreranno 9 infermieri, 6 operatori socio-sanitari e un medico per almeno 4-5 ore al giorno. Strutture adibite al ricovero breve di chi non ha più bisogno dell’ospedale vero e proprio, ma di assistenza soprattutto infermieristica, che per ragioni varie non può essere garantita a casa. Una soluzione al problema dei malati cronici in là con gli anni, che con le dimissioni finiscono direttamente a casa senza adeguata assistenza, oppure restano troppo a lungo in ospedale. Tanto le case che gli ospedali di comunità potranno poi avvalersi della telemedicina, per fornire prestazioni sanitarie e diagnosi anche a distanza. E per quando si ha un problema di salute che non richiede l’ambulanza, ma magari un semplice consulto con il medico o l’infermiere, ecco arrivare il numero per «le cure mediche non urgenti», 11.61.17, attivo h24, 7 giorni su 7.La domanda che sorge legittima è quando verrà realizzato tutto questo. Necessariamente presto, perché entro fine giugno dovranno essere presentati i contratti con i piani esecutivi se non si vorrà dire addio ai 7 miliardi del Pnrr per l’assistenza domiciliare. A breve il decreto ministeriale farà un passaggio formale in Conferenza delle Regioni. Mentre nel decreto legge che definisce i nuovi orari dei medici di famiglia le regioni vorrebbero inserire il loro passaggio alla dipendenza. Soluzione che non piace però a Speranza. Dettagli destinati ad essere definiti comunque a stretto giro. 

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