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Edizione del 06/03/2022
Estratto da pag. 1
Guerra in Ucraina, contro la crisi umanitaria si mobilitano cittadini e politica
Da giorni migliaia di cittadini ucraini attraversano il confine con le valigie tra le mani. Rimangono in attesa per ore in fila lungo le ... Scopri di più!
 

Da giorni migliaia di cittadini ucraini attraversano il confine con le valigie tra le mani. Rimangono in attesa per ore in fila lungo le frontiere in attesa di passare. La crisi umanitaria causata dalla guerra è solo all’inizio.

Secondo gli ultimi dati delle Nazioni unite sono più di 1,3 milioni gli ucraini che hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi. Soltanto in Polonia sono arrivate almeno 787mila persone dal 24 febbraio sorso. Solo nella giornata di venerdì sono arrivate più di 106mila persone, mai così tante dall’inizio della guerra. Per questo nella giornata di ieri il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è andato nella cittadina polacca di Rzeszow a circa 80 chilometri dal confine ucraino.

Blinken ha incontrato il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, e il ministro degli Esteri, Zbigniew Rau, per ribadire anche il sostegno della Nato, dopo il vertice che si è tenuto venerdì a Bruxelles. Sul territorio sono attese altre truppe statunitensi che si aggiungono alle attuali 10mila unità già stanziate.

Nella conferenza stampa alla fine dell’incontro, Blinken ha detto che gli Stati Uniti stanzieranno altri 550 milioni di dollari oltre ai 2,7 miliardi già approvati nei giorni scorsi. Soldi spesi per l’accoglienza degli ucraini e che non andranno esclusivamente alla Polonia, ma verranno divisi tra i diversi paesi che ospitano i rifugiati. Infatti, circa 200mila ucraini hanno raggiunto la Romania, dove il governo sta approvando un piano emergenziale di accoglienza in grado di ospitare 70mila persone al giorno per il prossimo mese. Ma i soldi necessari non sono pochi e per questo da Bucarest hanno chiesto aiuto all’Unione europea.

Anche l’Ungheria di Viktor Orbán ha accolto un alto numero di rifugiati ucraini nonostante da anni porti avanti politiche discriminatorie contro i migranti provenienti dal mondo arabo o dall’Afghanistan. Sarebbero circa 140mila gli ucraini che hanno varcato i confini ungheresi secondo il ministro degli Esteri Péter Szijjártó. Altri 20mila si sono invece rifugiati in Bulgaria stando ai dati della polizia di frontiera.

Dal 24 febbraio scorso, giorno in cui è iniziata l’invasione russa in Ucraina, sono arrivati in Italia 11.323 rifugiati. Arrivano circa 2mila persone in più ogni giorno. La metà sono donne, gran parte delle quali accompagnate da bambini e anziani. Molti sono arrivati grazie a una vasta rete di solidarietà: amici, parenti e conoscenti hanno accolto nelle loro case o come possono chi è riuscito a fuggire dai bombardamenti.

Nella giornata di ieri 14 bambini malati oncologici ucraini sono arrivati a Torino con un aereo partito dalla città di Bacau, in Romania. Erano arrivati nei giorni scorsi dopo essere scappati da una piccola cittadina che dista 50 chilometri da Odessa. Dormiranno e saranno assistiti nell’ospedale Regina Margherita di Torino, grazie all’accoglienza messa in piedi dalla regione Piemonte.

Il capo della protezione Civile, Fabrizio Curcio, ha detto che l’Italia è preparata a gestire il flusso migratorio. Lo scorso 28 febbraio è stato approvato un apposito decreto legge per far fronte alla situazione. Il Viminale ha disposto l’aumento nei Cas (Centri accoglienza straordinaria) di 5mila posti e anche un incremento di 3mila nei Sai (Sistema accoglienza e integrazione). In totale sono stati stanziati 91,4 milioni di euro per il 2022 e 44,9 milioni l’anno per il 2023 e per il 2024.

Stando a quanto affermato dal capo della protezione civile la macchina dell’accoglienza si sta muovendo su due fronti. Il primo è quello internazionale e si occupa di inviare aiuti e mezzi nei paesi bisognosi di supporto. Il primo carico di viveri è arrivato lo scorso 3 marzo in Polonia. Il secondo fronte è quello della creazione di posti letto in Italia. Visto l’andamento decrescente della pandemia si sta pensando di utilizzare le strutture già autorizzate per l’emergenza Covid-19 e riadattarle per l’accoglienza dei rifugiati. In totale si parla già di mille posti letto messi a disposizione.
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Anche le singole regioni si sono riunite per discutere come muoversi, dopo che i governatori sono diventati i nuovi commissari delegati e dovranno coordinare i rispettivi sistemi territoriali della protezione civile. Il presidente della Conferenza delle regioni, Massimiliano Fedriga, ha chiesto aiuto al ministero della Difesa per mettere in campo i militari lungo il confine per eseguire i tamponi Covid-19. I governatori regionali sono disposti a fare la loro parte. E c’è chi pensa che sarebbe stato bello vedere un’unità politica di questo tipo anche in altri contesti storici e crisi umanitarie che hanno attraversato l’Europa negli anni.

Mentre si aspetta che l’Unione europea collaudi il sistema dell’accoglienza, dall’Italia, così come da altri paesi europei, continuano a partire cittadini e volontari con auto e mezzi propri carichi di aiuti da consegnare lungo il confine.

Gesti spontanei, frutto di un’auto-organizzazione solidale che parte da tutto il territorio. Si moltiplicano le storie di uomini e donne che guidano per decine di ore (anche fino a 25) per raggiungere i paesi in cui arrivano i rifugiati. Portano viveri, coperte, indumenti e medicine al confine e tornano in Italia con i veicoli pieni di persone in cerca, oramai, di una nuova vita lontano dalle bombe.

 

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Giornalista di Domani. È laureato in International Studies all’Università di Roma Tre e ha frequentato la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Fa parte del Centro di giornalismo permanente e si occupa di Medio Oriente e questioni sociali.

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