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Edizione del 19/02/2022
Estratto da pag. 1
Il Vallo di Diano contro il Piano energetico: «No alle trivelle petrolifere»
Dal Consiglio regionale stop al Governo. I sindaci: «Lotteremo»
nel salernitano

Mezzogiorno, 19 febbraio 2022 - 08:33

Il Vallo di Diano contro il Piano energetico: «No alle trivelle petrolifere»

Dal Consiglio regionale stop al Governo. I sindaci: «Lotteremo»

di Gimmo Cuomo

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Il Vallo di Diano, nel Sud della Campania, al confine con la Basilicata, parte integrante del Parco nazionale istituito nel 1991, che comprende anche il Cilento e l’area degli Alburni, è pronto a “incendiarsi”, per l’ennesima volta di fronte alla prospettiva di diventare, con la benedizione del Governo, terra di conquista delle compagnie petrolifere interessate alle risorse energetiche del sottosuolo. A preoccupare non poco le comunità locali è l’inserimento di parte del territorio, che apparteneva alla Lucania, nel Piano di Transizione energetica sostenibile delle aree idonee (indicato con l’acronimo Ptesai) alle trivellazioni per l’estrazione di petrolio. Contro la decisione, che contrasta con l’identità rurale e lo straordinario patrimonio naturalistico dell’area, appena mercoledì scorso il Consiglio regionale della Campania ha approvato all’unanimità una mozione presentata dal capogruppo di Italia Viva, già sindaco di Sassano e deputato, Tommaso Pellegrino, che dal 2016 è anche presidente dell’ente parco.

Il documentoNel documento si chiede al Governo e alla Conferenza Stato-Regioni di stralciare il territorio del Vallo dal suddetto Pitesai. «Il Vallo di Diano — ha spiegato il proponente — è un territorio a vocazione naturalistica, ambientalista e paesaggistica di grande pregio, nel cuore del Parco nazionale più grande d’Italia. La transizione energetica che dobbiamo mettere in campo deve andare verso il superamento delle energie ancorate ai combustibili fossili che rappresentano il passato e che vengono condannate all’unanimità dall’intera comunità internazionale, indicando come strada maestra quelle delle energie rinnovabili». Il documento ha indubbiamente un grande valore politico. Ma non basta ad allontanare per sempre il fantasma delle trivelle che si è materializzato, oltre il confine lucano, nella Val d’Agri, diventata in pochi anni il Texas italiano. «Il fatto è — spiega Ivan Bruno, presidente del comitato No Petrolio — che, dopo l’approvazione da parte del Governo nello scorso dicembre, l’11 febbraio il Pitesai è diventato legge. Peraltro il passaggio fondamentale avvenuto in sede di conferenza Stato-Regioni ha visto protagonista il solo governatore pugliese Michele Emiliano al quale tutti gli altri colleghi avevano incautamente delegato il compito di rappresentarli. La Campania avrebbe dovuto essere presente a quel tavolo per opporsi all’approvazione del piano». Non intendono stare con le mani in mano. «Con l’assistenza dei legali del Coordinamento nazionale No Triv — anticipa Bruno — stiamo predisponendo un’azione legale contro il Pitesai che avrebbe dovuto essere valutato anche dai Comuni tramite l’Anci».

Il ricorsoMa se anche il ricorso alla giustizia non dovesse sortire l’effetto sperato, cittadini e istituzioni del Vallo di Diano non hanno alcuna intenzione di arrendersi. Ma di alzare la voce, e se sarà il caso, di scendere in piazza ed erigere barricate contro le mire delle compagnie petrolifere, così come già avvenuto nel 1997, quando fu la Texaco a condurre i primi saggi, o nel 2007 e 2012, quando fu la Shell a provare a mettere le mani sul tesoro del sottosuolo. «Anche perché — ammonisce il presidente di No Petrolio — proprio non ci va giù l’opportunismo del Governo che ha approvato il piano nel momento nel quale l’opinione pubblica è particolarmente sensibile, in conseguenza dei rincari, al tema delle risorse energetiche. Ma chiariamo subito: se anche, a costo di uno scempio ambientale insostenibile, venisse estratto qui da noi il petrolio, la benzina alla pompa non costerebbe meno. Andate a chiedere in Basilicata dove il carburante ha i prezzi tra i più alti d’Italia».

I sindaciIl fronte istituzionale. Il sindaco di Buonabitacolo, Giancarlo G
uercio definisce l’eventualità dell’avvio delle trivellazioni «Un sopruso per le risorse ambientali al quale ci opporremo senza mezzi termini. È inconcepibile che si pensi ancora di risolvere il problema del’energia con il carbone fossile e il petrolio». Rincara la dose Giuseppe Rinaldi, primo cittadino di Montesano sulla Marcellana. «L’attività di ricerca e di coltivazione (per uno beffardo scherzo linguistico, si chiama proprio così, ndr ) del petrolio stravolgerebbe completamente la pianificazione portata avanti da tutte le amministrazioni in maniera corale. Per il nostro territorio ricco di laghi e sorgenti (a Montesano sgorga anche l’acqua Santo Stefano, ndr) si tratterebbe di un disastro senza precedenti. Non vogliamo fare la fine di Viggiano, oltre il confine, che ospita il Centro Oli dell’Eni. Si sono arricchiti con le royalty ma a quale prezzo?». Cerca di buttare acqua sul fuoco latente della protesta il vicesindaco di Atena Lucana, Francesco Manzolillo. «Non è detta l’ultima parola. Impiegherò il fine settimana a leggere con attenzione le mappe del Pitesai».

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19 febbraio 2022 | 08:33

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