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Edizione del 13/02/2022
Estratto da pag. 1
«Giudici in politica? Con la riforma stop a un sistema ipocrita. Io sempre imparziale»
Il presidente della Regione, magistrato in aspettativa, analizza il piano Cartabia. «Sostengo le nuove norme»
l’intervista

Mezzogiorno, 13 febbraio 2022 - 08:45

«Giudici in politica? Con la riforma stop a un sistema ipocritaIo sempre imparziale»

Il presidente della Regione, magistrato in aspettativa, analizza il piano Cartabia.«Sostengo le nuove norme»

di Michele Cozzi

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Presidente Michele Emiliano, l’aspetto forte della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, di più facile impatto sull’opinione pubblica riguarda lo stop alle cosiddette porte girevoli tra giustizia e politica. Lei ha giudicato questa novità necessaria un passo in avanti poiché mette termine ad una realtà di falsa ipocrisia. Quale sarebbe tale ipocrisia?«L’attuale sistema chiede al magistrato che viene eletto in politica solo di non fare la tessera del partito nelle cui liste viene eletto e, secondo la giurisprudenza del Csm, questo basterebbe a salvaguardare il prestigio della magistratura, incredibile a dirsi, nel caso in cui il magistrato rientri in servizio. Nel mio caso sono da quasi vent’anni prima sindaco e poi presidente della Regione e membro del gruppo consiliare Pd e anche vicepresidente della conferenza della Regioni su mandato del Pd. E poiché non ho più la tessera del Pd questo basterebbe a tutelare la mia imparzialità per il caso in cui rientrassi in servizio. La riforma taglia la testa al toro e dice che se sei diventato un politico e quindi uomo di parte, non puoi più fare il magistrato. La riforma dice che la politica inquina l’imparzialità se non nella sostanza, almeno nell’immagine esterna del magistrato e gli impedisce di proseguire. Per fortuna la riforma non licenzia il magistrato di rientro dal mandato elettorale, ma lo inserisce in ruolo equivalente nella organizzazione dello Stato. Si può non essere d’accordo, ma l’ipocrisia del sistema attuale finalmente sparisce». L’ex ministro Bonafede, in una intervista, ha sostenuto che il magistrato che va in politica perde l’immagine di terzietà, soprattutto quando assume un ruolo apicale nel territorio in cui ha operato come magistrato. Un elemento di chiarezza rispetto alla separazione dei poteri, oppure una lesione dei diritti costituzionali del magistrato-cittadino?«Oggi la politica e i partiti sono ridotti male e percepiti peggio. E dopo gli scandali che hanno coinvolto alcuni consiglieri del Csm perché assoggettati a deputati delle forze di governo, anche la magistratura ha subito dei duri colpi al suo prestigio. Nell’Italia della Assemblea Costituente politici e magistrati avevano, invece, la stessa considerazione e venivano considerati entrambi capaci di essere imparziali. Essere di parte, politica, non implicava il venir meno della imparzialità. Adesso si dubita della imparzialità dei magistrati, si dà per scontato che i politici si occupino solo dei fatti di loro interessi, e per salvare il prestigio della magistratura si impedisce ai magistrati eletti di rientrare in servizio. Cesare Terranova, barbaramente ucciso dalla mafia, era appena rientrato in magistratura dopo aver fatto il deputato e a quel tempo nessuno si sarebbe sognato di considerarlo un giudice non imparziale».Lei ha parlato di un “tentativo di scoraggiare l’impegno in politica dei magistrati, impedendogli di fare una normale carriera nei partiti al pari di altri cittadini”. Usando una similitudine, un arbitro di calcio può chiedere di potere giocare con la Juve o con l’Inter?«Nella crisi di immagine di partiti e magistratura si ritiene, con la riforma, di scoraggiare l’impegno dei magistrati in politica dicendogli che non potranno più rimettere la toga. E attualmente la strategia di scoraggiamento è fondata sul pregiudicare la carriera politica dei magistrati eletti vietandogli di partecipare alla vita dei partiti. Si ritiene che l’aspettativa obbligatoria per mandato elettorale non sia sufficiente a tutelare l’imparzialità dei magistrati una volta rientrati in servizio. Ma la stessa cosa dovrebbe poi riguardare anche militari, membri delle forze dell’ordine, prefetti e questori, eccetera, che og
gi ritornano a fare i carabinieri, i finanzieri, i poliziotti una volta esaurito il mandato. Insomma la riforma, come ho detto, è opinabile, ma ha il pregio di prendere una posizione chiara. Ed è per questo che io la sostengo».Pensa un giorno di dovere decidere se continuare a fare politica o di tornare in magistratura?«Ho giurato sulla Costituzione da magistrato, due volte da sindaco e due volte da presidente della Regione. E sinceramente l’ho fatto con il medesimo spirito di servizio e fedeltà alla Repubblica, che per me si fonda sul principio di imparzialità. E quindi sono pronto a servire il mio Paese nella maniera in cui mi verrà chiesto. In America, per fare un esempio, questa impostazione non esiste, perché addirittura i giudici e i pubblici ministeri sono eletti in liste che fanno riferimento ai partiti politici. E questo proprio perché si presuppone che l’imparzialità non abbia nulla a che vedere con l’appartenenza politica». I magistrati eletti in politica, anche ministri, sottosegretari e assessori, a termine del mandato non potranno più tornare a svolgere una attività giurisdizionale, ma saranno collocati nel ruolo dell’amministrazione. Cos’è, un limbo, una sorta di purgatorio?«Almeno non li buttano per strada, accontentiamoci. E lasciano la possibilità di tornare a lavorare dopo il mandato elettorale, che mi sembra il minimo. Voglio ricordare che proprio quel lavoro, ottenuto attraverso un concorso pubblico, dà al magistrato in politica la libertà più grande e cioè quella di poter lasciare la politica senza trasformarla in un mestiere».Con la riforma si riuscirà a fermare il fenomeno delle correnti? «Assolutamente no. Il Csm sarà eletto con candidati in liste. E dietro ogni lista c’è comunque una corrente».



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13 febbraio 2022 | 08:45

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