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Edizione del 08/03/2020
Estratto da pag. 1
Ambasciata cinese-Regione Veneto, caso chiuso dopo la lettera di scuse
In foto Li Junhua, ambasciatore della Cina in Italia

In una lettera il presidente della Regione Veneto Luca Zaia spiega all’ambasciatore cinese Lì Junhua, il senso delle parole pronunciate durante un’intervista ad Antenna3, parole che hanno sollevato un mare di polemiche:  “Abbiamo visto tutti i cinesi mangiare topi vivi” . Un luogo comune perché le prime reazioni al coronavirus sono state queste, fagocitate dal fatto che gli stessi media cinesi annunciavano il virus come conseguenze dell’infezione su pipistrelli e serpenti. Successivamente la missiva al diplomatico cinese voleva precisare che l’intenzione non era quella di esprimere un anelito di razzismo e disprezzo nei confronti di un popolo: “Per me la questione con l’ambasciata cinese è assolutamente chiusa. Non è il mio stile e il ragionamento era tutt’altro. Ho chiesto scusa. Quando ci si esprime male lo si deve sempre fare”. Lo afferma il governatore del Veneto Luca Zaia rispondendo in diretta a La7.  “La partita è chiusa – ha detto poi ai cronisti il governatore – Ieri ho scritto all’ambasciatore, il quale non mi ha ancora risposto”. Il contenuto è noto: “ Sono davvero dispiaciuto per quanto accaduto, Le scrivo non per accampare scuse: quando si sbaglia, si sbaglia, e a nulla valgono giustificazioni basate sulla stanchezza accumulata  in questi giorni di grande tensione o sulla frettolosità di esposizione di concetti e di ragionamenti assai più articolati svolti nei giorni precedenti – senza peraltro suscitare polemiche – in molte sedi pubbliche e a molti organi di stampa, osservazioni che erano e sono relative alla diversità di contesti nei quali il virus si trova ad agire, facilitato in particolare dalle differenti norme igieniche e dai protocolli alimentari identificabili in Cina e in Italia. Ho più semplicemente  sottolineato la differenza di usi e costumi, così come avrei potuto sottolineare le differenze tra noi e alcuni paesi europei, fra cui la stessa Europa e gli Stati Uniti, fra Ue e il Giappone…Insomma, Signor Ambasciatore: non è mio stile e mio costume, mia abitudine e modalità espositiva, aggredire e sottolineare diversità di pelle, di religione di genere, di scelte sentimentali. Chi mi conosce lo sa…”.