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Edizione del 02/02/2022
Estratto da pag. 1
Silvia Scelsi (presidente IRC): integrare il sistema salute in ogni componente
L''intervista di Nurse24.it a Silvia Scelsi, presidente IRC e presidente ANIARTI, fa il punto sugli obiettivi ambiziosi che, insieme al nuovo consiglio direttivo, si è posta per il biennio 2021/2023.
Silvia Scelsi – prima infermiera presidente dell’Italian Resuscitation Council – fa il punto sugli obiettivi ambiziosi che, insieme al nuovo consiglio direttivo, si è posta per il biennio 2021/2023. Tra questi, produrre nuovi progetti formativi che replichino alle necessità della rete professionale e laica, implementare l’attività scientifica e la produzione di linee guida e best practice anche nell’ambito nazionale, consolidare l’attività di collaborazione con le istituzioni e l’università. Senza tralasciare, in qualità di presidente Aniarti, di esprimersi sul ruolo dell’infermiere di area critica: È sempre lo stesso, certo dispiace ci sia stato bisogno della pandemia per comprendere la necessità di investire sulle professionalità e di incentivarne la presenza nel nostro sistema.

Un’infermiera alla guida dell’IRC

Silvia Scelsi, presidente IRC

Un’infermiera alla guida dell’Italian Resuscitation Council: a fine 2021, Silvia Scelsi è stata nominata presidente di IRC, Gruppo italiano per la rianimazione cardiopolmonare nato nel 1994 con l’obiettivo di divulgare la cultura e l’organizzazione della rianimazione cardiopolmonare nel nostro paese. Dirigente del Dipartimento delle professioni sanitarie presso l’Istituto pediatrico Giannina Gaslini di Genova e docente in infermieristica clinica e infermieristica in area critica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Sapienza e l’Università degli Studi di Genova – nonché presidente sia di Asiquas (Associazione italiana per la qualità della assistenza sanitaria e sociale) sia di Aniarti (Associazione nazionale infermieri di area critica) è la prima professionista sanitaria a capo dell’IRC (che collabora in modo attivo con European Resuscitation Council in Europa e con IRC Comunità, rivolgendosi al mondo non sanitario, sul territorio nazionale).

Numerosi gli attestati di stima ricevuti per il nuovo incarico (oltre alla presidente e al past president Giuseppe Ristagno, sono stati eletti il vicepresidente Andrea Scapigliati, i consiglieri Gabriella Arlotta, Davide Silvagni, Cristina Sorlini, il segretario Alberto Spella e i consiglieri Alberto Cucino, coordinatore del comitato scientifico e Samantha Di Marco, coordinatore del comitato formazione): dalle congratulazioni espresse dalla Fnopi e dalla comunità infermieristica a quelle formulate dal presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti (Siamo orgogliosi di lei e di tutti i professionisti del nostro ospedale pediatrico, che portano alto il nome di Genova e della Liguria in Italia e nel mondo).

L’intervista

Intervistata da Nurse24.it, Scelsi inizia proprio dai riconoscimenti. Chiaramente quello del lavoro svolto fino ad oggi mi ha reso orgogliosa, ma nello stesso tempo ho avuto la sensazione della responsabilità che la mia azione nell’ambito delle società scientifiche ha assunto. Non solo personale, ma come azione di una diversa collocazione della professione cui appartengo. Questo passaggio, che ritengo di rilevanza culturale, è il segno dell’evoluzione nel nostro paese dell’area delle professioni, spiega.

In particolare, quanto può essere utile, per l’incarico di presidente IRC, l’esperienza maturata come dirigente del Dipartimento delle professioni sanitarie presso il “Gaslini”?

Mi aiuterà di certo nella gestione delle complessità che compongono le azioni delle società scientifiche – è la pronta risposta – nella necessità di mediazione e di visione integrata del sistema salute, che non sempre è facile comprendere a pieno e che l’esperienza gestionale che ho maturato in questi anni mi aiuta a decifrare e, al contempo, gestire con più consapevolezza.

Gli obiettivi dell’IRC

L’obiettivo primario dell’IRC è quello di salvaguardare la vita umana mediante la diffusione della rianimazione cardiopolmonare e cerebrale in Italia. A che punto siamo (anche in relazione alle recenti indicazioni dell’European Resuscitation Council)? Replica Scelsi: Il nostro paese è sicuramente all’avanguardia, sia rispetto alla formazione e alla diffus
ione delle indicazioni di gestione delle persone colpite da arresto cardiaco, sia soprattutto sugli aspetti legislativi e della scuola. Sono stati due temi fortemente perseguiti da IRC negli ultimi anni, ad esempio, attraverso campagne di sensibilizzazione nazionale come “Viva!” e altre iniziative importanti come la recente approvazione della Legge n. 116 del 4 agosto 2021 (“Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici”). Quest’ultima introduce aspetti importanti come l’introduzione di un programma pluriennale per la diffusione dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni nei luoghi pubblici, la salvaguardia legale per chi interviene a soccorrere una persona con un sospetto arresto cardiaco; la presenza dei Dae (Defibrillatore semiautomatico esterno) negli impianti sportivi e durante attività sportiva, l’introduzione dell’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare e cerebrale di base e dell’uso del Dae a scuola, la registrazione dei Dae presso le Centrali di emergenza sanitaria, la stretta collaborazione tra il cittadino e la centrale di emergenza attraverso l’utilizzo delle istruzioni pre-arrivo nonché l’istituzione di una giornata di sensibilizzazione dedicata alla manovre di rianimazione.

Quali sono, nello specifico, gli obiettivi che intende perseguire nel ricoprire il suo incarico?

A grandi linee – spiega Scelsi – si tratta di innovare i percorsi di formazione adeguandoli alle tecnologie che sempre più hanno preso spazio nella formazione. E ancora, di produrre nuovi progetti formativi che rispondano ai bisogni della rete professionale e laica, di implementare l’attività scientifica e la produzione di linee guida e buone pratiche anche nell’ambito italiano, di consolidare l’attività di collaborazione con le istituzioni e l’università nonché quella della rete dei laici.

Un impegno non da poco, e in quale modo verrà conciliato con gli altri due incarichi di presidenza presso Aniarti e Asiquas?

Dal punto di vista della gestione, le attività sono le stesse e sono assolutamente compatibili, dal punto di vista delle specificità che ognuna delle società esprime – replica Scelsi – credo dunque che questi aspetti siano fortemente complementari a testimonianza che il sistema salute deve essere integrato in tutte le sue componenti. Ognuna arricchisce un aspetto specifico e mi consente di migliorare anche la visione delle altre.

L’infermiere di area critica

E proprio in qualità di presidente dell’Associazione nazionale infermieri di area critica, come vede oggi – anche alla luce della pandemia – il ruolo di questo infermiere?

Oggi l’infermiere di area critica è lo stesso di sempre, la pandemia ha solo fornito visibilità a questo professionista, spiace profondamente pensare che uno Stato che tutela la salute dei suoi cittadini come un diritto, abbia bisogna di un evento così tragico per rendersi conto della necessità di investire sulle professionalità e di incentivare la loro presenza nel sistema, illustra Scelsi. Per poi entrare nello specifico: Il ruolo dell’infermiere è sempre stato quello di garante dell’assistenza alla persona, della risposta, sia tecnologica che umana, ai suoi bisogni di salute ricomprendendo in questo anche la famiglia. Oggi nei documenti programmatori come il Piano nazionale di ripresa e resilienza o nelle bozze di riforma (“Dm 71 Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza nel territorio”) si parla di aumentare i livelli assistenziali in diversi ambiti, sia territoriali sia di area intensiva: queste necessità generano un fabbisogno di infermieri di circa 90.000 persone di cui una quota dovrebbe consentire una “flessibilità” nella gestione di posti letto elevabili a standard di terapia intensiva che dovrebbero essere resi disponibili in casi di necessità, ma che di solito sono silenti.

Quindi Scelsi si interroga ad alta voce: Dove saranno questi colleghi competenti? Cosa faranno in attesa dell’evento che richiede di aumentare i livelli di assistenza? Soprattutto, come sarà p
ossibile in soli sei anni trovare tutte queste risorse umane, che, per avere la corretta competenza ed offrire le giuste cure, hanno bisogno di formarsi, e di acquisire attraverso dei percorsi non banali le loro capacità? Oggi il nostro ruolo è quello di contribuire con il lavoro delle società scientifiche nella costruzione di un percorso che renda attuabili le risposte sanitarie necessarie ai cittadini, ma abbiamo di certo bisogno di un dialogo più aperto e maggiore ascolto con le istituzioni che programmano nell’ambito del nostro sistema salute.

Allo stesso tempo, però, come presidente Aniarti – dunque, osservando da un punto di vista privilegiato – riscontra punti di contatto tra l’infermiere di famiglia/comunità e l’infermiere di area critica? E quali sono le problematiche più impellenti da risolvere per supportare tali professionisti?

In merito alla prima domanda, preciso che nel 2010, durante il congresso nazionale Aniarti “Dall’assistenza in area critica all’assistenza primaria”, si è affrontato il tema. I punti di contatto sono rappresentati dalla disciplina e della persona assistita; la tecnologia sempre più sviluppata e le competenze in tema di trattamento degli eventi gravi, fanno in modo che la persona possa ricostituire in un ambiente come la casa una intensività di trattamento importante. Bisogna sempre di più pensare all’assistenza non solo come luogo fisico ma come processi da gestire.

Per quanto riguarda la seconda domanda, il problema enorme sotto gli occhi di tutti è definito dalle competenze e dallo standard che si deve garantire per la sicurezza del paziente da un lato, e dall’altro da come si può pensare organizzativamente di avere una fisarmonica che si chiude e si apre in termini di disponibilità di struttura (posti letto), senza pensare a come gestire i livelli di competenza dei professionisti, e non si tratta solo degli infermieri che devono gestire ed erogare il servizio, ribatte Scelsi. Chiosando su un ulteriore, grande ostacolo che gli infermieri specializzati si trovano a dover affrontare: vedersi riconosciuto il giusto valore contrattuale. Duole constatare che anche nella nuova bozza di contratto questa attenzione non è coerente alle dichiarazioni di stima dell’operato dei professionisti. Ma bisogna altresì dire che ci sono troppe differenze anche nelle definizioni e nei percorsi che ogni organizzazione “può” e non “deve” attivare per questi riconoscimenti.

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