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Edizione del 01/02/2022
Estratto da pag. 1
Perché si torna a parlare di legge elettorale
La rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica non solo ha messo in risalto le divisioni all’interno dei partiti e delle alleanze, ma ha riportato anche d’attualità uno dei dibattiti più divisivi nella politica italiana: quello sulla legge elettorale. Questo testo stabilisce come il numero di voti presi dai singoli partiti alle elezioni si traduce poi in numero di seggi in Parlamento, che dalla prossima legislatura, in programma per il 2023, passeranno da 945 a 600.

Per questo motivo, regole diverse possono portare a scenari diversi, a parità di voti presi. In generale, il dibattito si concentra perlopiù sulla necessità di avere un sistema maggioritario, che assegna i seggi in base a chi ottiene la maggioranza dei voti, o un sistema proporzionale, che tipicamente assegna i seggi in modo da assicurare alle diverse liste un numero di posti proporzionale, appunto, ai voti ricevuti.

Le travagliate elezioni del Quirinale hanno evidenziato nuovi rapporti di forza all’interno dei partiti e delle coalizioni, che nelle prossime settimane potranno portare a un tentativo di riforma dell’attuale legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, che è un misto tra un sistema proporzionale e maggioritario.

Al momento le posizioni restano ancora piuttosto ambigue e sostanzialmente divise in due fazioni.

Per il centrodestra la riforma non è una «priorità», per ora

Partiamo dal centrodestra, dove il leader della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sembrano essere d’accordo almeno su un punto, nonostante gli scontri degli ultimi giorni.

Il 29 gennaio Salvini ha dichiarato che secondo lui la riforma della legge elettorale non è «sicuramente una priorità», e in passato il leader della Lega ha più volte chiesto una legge elettorale di tipo maggioritario. Il 30 gennaio, in un’intervista con il Corriere della Sera, Meloni ha messo in guardia da eventuali tentativi di modificare l’attuale legge elettorale, schierandosi contro il proporzionale. «Con il proporzionale – ha dichiarato Meloni – si riproduce la palude degli ultimi governi».

Anche il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, ospite il 30 gennaio a Mezz’ora in più su Rai 3, ha dichiarato che secondo il suo partito la legge elettorale non è una «priorità» per i cittadini e che Fi è per il maggioritario, non chiudendo però alla possibile riforma in senso proporzionale.

Vedremo nelle prossime settimane se e come cambieranno questi primi posizionamenti. Semplificando un po’, il maggioritario tende a favorire la formazione di coalizioni prima del voto, mentre il proporzionale dopo. Se la coalizione di centrodestra dovesse perdere di sostanza, come hanno mostrato le trattative per il Quirinale, non è detto che alcuni suoi esponenti – soprattutto tra Forza Italia – non possano propendere per un ritorno più deciso al proporzionale.

La posizione del Pd e del Movimento 5 stelle

Proprio la strada per una legge proporzionale era già stata tracciata a inizio 2020, subito prima dello scoppio della pandemia, dalla maggioranza a supporto del secondo governo Conte, composta dal Partito democratico, Movimento 5 stelle, Italia viva e Liberi e uguali. Nel loro programma di governo, firmato a settembre 2019, questa coalizione aveva promesso che avrebbe avviato «un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso in sede parlamentare, del sistema elettorale».

A gennaio 2020 il deputato del M5s Giuseppe Brescia ha presentato una proposta di legge (ribattezzata dalla stampa Brescellum) per introdurre una legge elettorale di tipo proporzionale, che tra le altre cose esclude dal Parlamento i partiti che prendono meno del 5 per cento dei voti. Il testo ha iniziato il suo esame nelle commissioni, fermatosi di fatto a settembre 2020.

Negli ultimi giorni, il segretario del Partito democratico Enrico Letta si è limitato a chiedere di eliminare l’attuale legge elettorale, definita la «peggiore» di sempre, mentre il leader del M5s Giu
seppe Conte non ha fatto specifiche dichiarazioni in merito, preso dai dissidi interni al partito con l’ex capo politico Luigi Di Maio. Lo scorso autunno lo stesso Conte ha comunque difeso una riforma in senso proporzionale, riproponendo il testo avanzato da Brescia.

Anche in questo caso, vale il discorso fatto prima: i tentativi di mantenere in piedi l’alleanza tra queste forze politiche quasi certamente condizionerà il destino di un’eventuale nuova legge elettorale.

Le manovre al centro

Infine, in mezzo ai due schieramenti di centrosinistra e centrodestra si sta muovendo quello che alcuni commentatori hanno già ribattezzato «il Grande Centro», facendo riferimento a partiti come Italia viva di Matteo Renzi e Coraggio Italia del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.

Renzi in passato ha più volte detto che preferirebbe il maggioritario, non opponendosi però al proporzionale. Il 31 gennaio, in un’intervista al Corriere della Sera, il leader di Italia viva ha dichiarato che su una riforma della legge elettorale «nei prossimi mesi inciderà la volontà dei gruppi maggiori come 5 stelle e Lega, che a oggi sono dilaniati».

Più diretto è stato Toti, che sempre il 31 gennaio, in un’intervista a La Repubblica, ha dichiarato che serve «una legge più equilibrata in senso proporzionale, magari con uno sbarramento abbastanza alto».