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Edizione del 27/01/2022
Estratto da pag. 1
il video del seminario sulla pagina FB del Coordinamento nazionale Salute Mentale
per il coordinamento SM: Stefano Cecconi, Fabrizio Starace, Pietro Pellegrini, Nerina Dirindin.
Francesco Enrichens (esperto Agenas), Tommaso Maniscalco (Coordinatore Gruppo interregionale salute mentale Conferenza delle Regioni e PA), Paolo Onelli (Ministero LPS – direttore generale per la Lotta alla povertà e la programmazione sociale)
Ha coordinato i lavori Maria Grazia Giannichedda
Le diapo di Stefano Cecconi
Le diapo di Francesco Enrichens
Il Report
Oltre 400 persone, direttamente o indirettamente coinvolte nella salute mentale, hanno seguito mercoledì 26 gennaio il seminario di approfondimento su “La salute mentale, il PNRR e la riforma dell’assistenza sociosanitaria territoriale”. L’evento era organizzato dal Coordinamento Nazionale per la Salute Mentale, un cartello di oltre 140 associazioni, enti e organizzazioni della salute mentale, della società civile e del mondo sindacale che da anni sostiene i diritti delle persone con disturbi mentali e si mobilita per servizi qualificati e accessibili. All’evento hanno partecipato esperti del Ministero della Salute, di Agenas, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e delle Regioni.
Una partecipazione che testimonia come il Coordinamento sia un vero e proprio movimento per la salute mentale attivo in tutte le regioni: raccoglie l’interesse e si avvale della collaborazione di moltissimi cittadini impegnati nella tutela della salute mentale. Persone che non si limitano a denunciare la povertà dei servizi, ma si attivano per diventare cittadini informati, interlocutori competenti, operatori impegnati, capaci di sostenersi a vicenda e di sensibilizzare i decisori.
Dall’incontro sono emersi sei punti fondamentali.
Primo. C‘è un grande lavoro culturale da fare, non solo per condividere informazioni, esperienze, buone pratiche ma anche per superare i pregiudizi e i luoghi comuni che proprio nella salute mentale continuano a imperversare.
Secondo. Dobbiamo imparare a riconoscere alla salute mentale il diritto a non essere discriminata, ovvero a poter contare sulla stessa attenzione riservata alla salute fisica e a non essere relegata al fondo dell’agenda delle priorità dei governi, ma soprattutto ad essere considerata una disabilità protetta – come tutte le altre – dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Deve essere chiaro che quando si parla, ad esempio, di non autosufficienza, di deistituzionalizzazione, di accesso al lavoro, di abitare supportato, si parla anche di persone con disturbi mentali.
Terzo. Deve succedere qualcosa, anche per la salute mentale! Non possiamo immaginare che, dopo lo schiaffo ricevuto dalla pandemia e l’imponente quantità di risorse messe a disposizione, la condizione delle persone più vulnerabili non registri un sostanziale cambiamento nei prossimi anni. Non possiamo più permetterci enunciazioni di principio che non si traducano in concreti miglioramenti della vita delle persone, non possiamo più accontentarci di esperienze pilota rivolte a una nicchia di soggetti, non possiamo più limitarci a studiare il disagio e le diseguaglianze (e magari a produrre belle pubblicazioni scientifiche): occorre agire nel concreto, promuovendo un cambiamento graduale ma costante, in grado di sopravvivere al 2026, quando i fondi del PNRR saranno finiti.
Quarto. La strada maestra è l’integrazione: in primo luogo fra i diversi professionisti della sanità (perché la vera innovazione sta nel lavoro in equipe), fra sociale e sanitario (perché ognuno dei due settori ha bisogno dell’altro, nell’interesse delle persone in difficoltà e degli operatori stessi), ma anche con altri ambiti (il mondo della scuola, del lavoro, dello sport, ecc.). Questa potrebbe essere, per lo meno per questo primo scorcio di secolo, l’ultima opportunità che abbiamo per imparare a lavorare davvero insieme, per integrarci. Facciamolo, lasciando da parte false id
entità professionali e gelosie personali. Per moltiplicare gli effetti positivi a vantaggio di tutti.
Quinto. La partecipazione. Un grande rinnovamento non può essere calato dall’alto, non può essere imposto ai potenziali beneficiari, ma deve essere realizzato ascoltando le persone che vivono quotidianamente i problemi, coinvolgendole nel processo di cambiamento affinché svolgano un ruolo di sorveglianza e di pungoli delle azioni da realizzare. A tutti i livelli: nazionali, regionali, comunali, delle aziende sanitarie, degli ambiti territoriali sociali, dei quartieri, delle comunità. Il confronto con la popolazione è necessario anche quando i tempi sono stretti, anzi proprio in questi casi è importante che i decisori si avvalgano di altri punti di vista, evitando accuratamente pressioni ingiustificate e parziali. La partecipazione responsabile della popolazione può essere un potente antidoto contro l’inerzia dei vertici decisionali che sempre più frequentemente si rinunciano a impegnarsi contando sull’abnegazione degli operatori e sulla pazienza delle persone.
Sesto. Tutte le fasce di età possono essere interessate da disturbi mentali, compresi i giovani e gli adolescenti che sempre più mostrano segni di sofferenza e disagio. Il futuro si costruisce guardando ai giovani, al loro benessere e alla loro educazione. Per questo il disagio dei giovani non deve essere sottovalutato, né lasciato al solo clamore mediatico o a chi lo considera un mercato in grado di offrire sbocchi occupazionali a specifiche professioni.
Alla luce di tali considerazioni, è emersa la necessità di spendere bene (e non solo di spendere) le risorse disponibili; a tal fine è necessario dare stabilità ai finanziamenti ordinari (e non solo agire nello straordinario), rendere possibile il potenziamento del personale, formare nuovi professionisti e aggiornare gli operatori in servizio.
Per tutte queste ragioni il Coordinamento metterà a disposizione documenti, analisi, approfondimenti, organizzerà ulteriori momenti di confronto (anche a livello locale) e produrrà contributi contenenti elementi utili a promuovere e a sostenere una partecipazione attiva, dal basso, delle persone che hanno a cuore la salute mentale dell’individuo e delle comunità.
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